martedì 20 febbraio 2024

Israel Joshua Singer - LA NUOVA RUSSIA - Adelphi

 
Israel Joshua Singer
LA NUOVA RUSSIA
Prima edizione mondiale
(New Russia © 2022 koren publishers jerusalem ltd)
Traduzione di Marina Morpurgo
Con una nota di Francesco M. Cataluccio
A cura di Elisabetta Zevi
ISBN 9788845938542

È l’autunno del 1926 quando Israel Joshua Singer, su invito del direttore del «Forverts» − quotidiano yiddish di New York −, si reca in Unione Sovietica per un reportage che lo impegnerà diversi mesi. «Queste immagini e impressioni sono state scritte di getto, sul momento, come accade nei viaggi» dirà, non senza understatement, a commento del suo lavoro, che invece costituisce una testimonianza eccezionale, per molti versi unica. Perché Singer, che aveva osservato a fondo il paese dei soviet già nel pieno della tempesta rivoluzionaria, non solo ci mostra ora uno scenario drasticamente mutato, ma coglie in nuce, con occhio penetrante, quelli che saranno i tratti peculiari del regime staliniano: la burocrazia imperante, la pervasività dell’apparato poliziesco, gli ideali comunisti sempre più di facciata, i rigurgiti antisemiti. Percorrendo le campagne bielorusse e ucraine punteggiate di fattorie collettive e colonie ebraiche, visitando le principali città del paese – Mosca, «grande, straordinaria e bellissima»; Kiev, che «non riesce ad accettare il nuovo ruolo di città di provincia»; Odessa, «cortigiana esuberante» divenuta «profondamente osservante e devotamente socialista» –, immergendoci in una prodigiosa polifonia di testimonianze, Singer ci restituisce un quadro vivido e composito, pieno di chiaroscuri, della nascente società sovietica. E porta così alla luce le feroci contraddizioni che proliferano sotto lo sguardo vigile e ubiquo delle nuove icone laiche del «santo Vladimir».

L'incipit
ATTRAVERSO LE FRONTIERE 
A bordo del treno che va da Berlino a Mosca passando per Varsavia c’è un gradevole tepore. La carrozza ristorante è affollata. Si sentono parlare diverse lingue: francese, tedesco, inglese, russo, cinese e un po’ di polacco. A un tavolo sono seduti dei tizi biondi grandi e grossi che conversano a voce alta in inglese. Dai loro modi chiassosi e disinvolti – si sono presentati nella carrozza ristorante in maglione, senza giacca, infischiandosene dell’etichetta – si capisce al volo che non possono che essere americani. Sono chiaramente diretti in Russia per affari, alla ricerca di concessioni. A un altro tavolo sono seduti dei francesi: piccoletti, magri, bruni, parlano a voce bassa e sono tutti in abito scuro e camicia bianca. Li sento pronunciare spesso la parola «Mosca ». I tre passeggeri cinesi, due uomini e una donna, portano grandi occhiali di produzione americana e sono vestiti all’ultima moda. La donna è robusta e, come se non bastasse, indossa un maglione rosa che la fa apparire davvero ridicola. Serve entrambi i suoi cavalieri, versando loro la minestra dalla zuppiera, operazione che non le riesce particolarmente facile. Forse le sue mani sono più avvezze all’uso delle bacchette per mangiare il riso. I russi, in maggioranza impiegati presso consolati e ambasciate sovietiche, hanno i modi tipici dei diplomatici: eleganti, calmi, un po’ arroganti, a tratti sarcastici. Le loro figlie sono creature assai delicate, ben vestite e attraenti, fumano sigarette sottili e leggono giornali di grande formato in varie lingue, anche se sembrano un po’ impacciate. Nel mio scompartimento c’è un giovane russo, un ingegnere che i sovietici hanno mandato all’estero perché familiarizzasse con le tecnologie moderne. È un tipo schietto come quasi tutti i russi e via via che ci avviciniamo al suo paese si esprime senza peli sulla lingua e compiacendosene. «È stato ovunque molto interessante,» dice «però non vedo l’ora di tornare a casa. Qui piove ancora, ma da noi a Mosca il suolo è già coperto dalla neve fresca. Oh, tornare a Mosca!» conclude. Accanto a lui siede un diplomatico polacco, diretto a Mosca per trattare un accordo ferroviario. Il solo pensiero che presto avrà la possibilità di mangiare il caviale russo è sufficiente a riempirlo di gioia. «Sono un grande amante del vostro caviale» dice in russo all’ingegnere. «Ho vissuto in Russia per venticinque anni». Di fianco a me c’è una coppia, una donna giovane e simpatica, attrice del teatro russo, che si chiama Zerkalova, con il marito, anche lui un attore, un marcantonio di nome Korenev. Sono di ritorno da un viaggio attraverso l’Europa, desideravano conoscere il teatro estero. L’Europa li ha delusi.   
 

Paolo Piccirillo - L'INVASIONE - Fandango

 
Paolo Piccirillo
L'INVASIONE
Fandango, collana Fandango Libri
pp 176, euro 16
febbraio 2024
ISBN9788860449788

Nicola Fortore, detto Barracuda (perché dicono che abbia i molari così appuntiti da poter spezzare i nervi della carne), è il capo di Ferrazzano, un paese di niente sperso nella campagna casertana, è un capo riconosciuto, anche se non dalla legge.
Oltre il fiume che lambisce il paese, c’è Sant’Elpidio, un centro più ricco, con il suo capo Tiziano Bianco, che è anche il datore di lavoro di Nicola.
Tra i due paesi e i due capi c’è un accordo di non belligeranza molto fragile, che per un nulla rischia di incrinarsi, e il ritrovamento del cadavere di una ragazza violentata sull’argine del fiume sembra a tutti gli effetti l’innesco di una bomba e di una caccia all’uomo.
Mentre i due cercano di venire a capo, ognuno tra le proprie vie, dell’omicidio, un vecchio amico di Barracuda torna a bussare alla sua porta dopo averlo tradito: Ernesto Foglia arriva dal Sudafrica per proporre a Nicola un affare che non potrà rifiutare, che riguarda una nuova specie di api che sta per passare proprio a Ferrazzano.
Con un romanzo che attinge alle radici della sua scrittura, Paolo Piccirillo torna a raccontare il male negli uomini e degli uomini, dipingendo un paesaggio in cui la vita e la sua rovina cedono il passo alla vendetta.

Paolo Piccirillo
è nato a Santa Maria Capua Vetere (CE) il 28/11/1987. Scrittore e sceneggiatore, nel 2010 pubblica il suo primo romanzo, Zoo col semaforo, edito da Nutrimenti (finalista Premio Flaiano e Premio Fante). Nello stesso anno viene inserito tra i migliori scrittori under 40 da Il Sole 24 Ore. Nel 2013 esce il suo secondo romanzo, La terra del sacerdote, edito da Neri Pozza (finalista Premio Zocca 2014 e finalista Premio Strega 2014). Nel 2014 pubblica, a quattro mani con Marco Marsullo, Dio si è fermato a Buenos Aires, edito da Laterza. Come sceneggiatore ha scritto per la Rai le serie tv Mare fuori, Vostro onore, Doc – Nelle tue mani. Per Prime Video No Activity. Per Sky Blocco 181 ed è attualmente in produzione la serie Piedone. Per Netflix La legge di Lidia Poët.

domenica 18 febbraio 2024

Olive Senior - L'ALBERO DEL DOLORE - Lindau

 
Olive Senior
L'ALBERO DEL DOLORE
Traduzione di Francesca Biagi, Roberta Bigolin
Lindau, collana Contemporanea
pp. 264, euro 22
aprile 2022
ISBN 9788833537849

Le dieci storie di questa raccolta si ambientano in luoghi e in tempi diversi – dai Caraibi al Canada, dalla seconda guerra mondiale ai giorni nostri – e mettono in scena persone di ogni età, classe sociale e background culturale. Comune è però il tema della sofferenza, dalla quale i protagonisti cercano di liberarsi ognuno a modo proprio. 
Nel racconto che dà il titolo al libro, Lorraine, tornata in Giamaica dopo anni di lontananza, ricorda Larissa, la domestica che le aveva svelato la magia dell’albero del dolore: piantando chiodi nel suo tronco è possibile trasferirgli le nostre sofferenze. In Chiaro di luna, Silenzio, Lecca-lecca, Un padre così, bambini e ragazzi che subiscono la durezza e l’ipocrisia del mondo degli adulti sono costretti a diventare grandi prima del tempo. Per il mio buon cuore e La cugina di campagna raffigurano, con umorismo e ironia, una società ricca e cinica, preoccupata soltanto di mantenere i privilegi acquisiti. Infine, Il volo descrive, coi toni del realismo magico, la spiritualità della tradizione africana.
Mentre affronta questioni sensibili e scottanti, come la discriminazione etnica o l’oppressione culturale, atroci eredità del colonialismo, Olive Senior scandaglia con grande maestria l’animo umano, mettendo a nudo quel movente che ci accomuna tutti, ossia il desiderio di riscattarci e di trovare noi stessi.

Arrivata al cedro si fermò, e io la guardai starsene per un bel pezzo ferma a capo chino vicino all’albero e muovere le labbra come stesse pregando. Poi con il sasso batté contro il tronco, gettò il sasso a terra, e se ne andò a grandi passi senza voltarsi indietro. Quando andai a esaminare l’albero, vidi che ci aveva piantato un chiodo. Mi sorprese ancora di più vedere che c’erano molti chiodi piantati dritti nel tronco.
 
Olive Senior
 è considerata una voce di spicco nel panorama della letteratura caraibica contemporanea. Nata in Giamaica nel 1941, ha molto viaggiato e attualmente vive a Toronto. Per la sua opera, che oltre ai racconti comprende poesia, saggi sulla cultura caraibica, libri per l’infanzia e un romanzo, ha ricevuto numerosi riconoscimenti. Con L’albero del dolore ha vinto l’OCM Bocas Prize for Caribbean Literature nel 2016.