mercoledì 31 marzo 2021

Shifra Horn - GATTI - Fazi Editore

 

Shifra Horn
GATTI – Una storia d'amore
(
Cats, a love story, 1998)
Traduzione di Elisa Carandina
Fazi
Collana Le Meraviglie
pp. 192, ottobre 2019 Euro 10, brossura


Il libro

Un libro unico. Una prova narrativa originale da parte di una grande scrittrice per tutti gli amanti dei gatti e degli animali in genere.
Gatti, gatti e ancora gatti. I piccoli, amatissimi felini sono i veri protagonisti di questo libro che con la loro imprevedibilità ci regalano momenti di puro divertimento e avventura, pur confinata, spesso, all’interno delle sole pareti domestiche.
Zelda, la micia a tre colori, Neko-chan, la gatta giapponese senza coda, Sheeshee, l’himalaiano dagli occhi blu, così come Zizi, nera come il carbone, o Levana, una micia bianca a cui piace guardare i documentari in TV: sono loro i gatti della storia, di tutte le razze e di tutti i paesi, ma soprattutto i gatti di Shifra Horn. Fin dall’infanzia, la scrittrice israeliana ne ha collezionati parecchi portandoseli dietro anche negli spostamenti più difficili di donna impegnata in varie cause, da Tel Aviv al Giappone e poi di nuovo a Gerusalemme.
A metà tra il diario e il racconto, Gatti è la storia di una passione invincibile. I mici, tuttavia, non sono gli unici animali presenti nel libro: pappagalli chiassosi, cani pasticcioni, topi impavidi, formiche intraprendenti fanno da comparse in queste storie spassose che fissano sulla pagina le manie feline rendendo onore alla capacità dei gatti di cogliere stati d’animo e umori dei loro padroni. Il quadro che ne esce ci racconta i tanti aspetti della secolare convivenza uomo-gatto ed è la testimonianza di un amore senza confini, capace di attraversare vicissitudini, trasferimenti, traslochi, e, in questo caso, anche missioni diplomatiche, quasi a dimostrazione del fatto che dietro una grande donna c’è sempre un grande gatto.

«Tutti noi abbiamo bisogno di un amico del cuore. Uno che ci prenda per come siamo, che sia sempre a casa ad aspettarci e ci accolga con gioia, che ci ami di un amore incondizionato, che abbia sempre tempo per noi, che ci capisca senza bisogno di parole, che stia ad ascoltare le nostre pene senza caricarci delle sue, che sappia esprimere con teneri mugolii il piacere per le nostre carezze e dimostrarci riconoscenza ogni qual volta indovini le attenzioni di cui lo colmiamo. Un solo amico è così: il gatto».

L’autore

È nata nel 1951 a Tel Aviv da madre sefardita e padre russo e ha trascorso la sua infanzia a Gerusalemme. Dopo aver concluso la Hebrew University laureandosi in Studi biblici e Archeologia, ha proseguito la formazione approfondendo l’ambito della comunicazione di massa. Negli anni universitari è stata funzionario didattico per l’Unione Mondiale degli Studenti Ebrei. In seguito, ha trascorso cinque anni in Giappone come corrispondente dall’Estremo Oriente per il quotidiano «Maariv». 



Angelo Barraco - CAOS (poesie) - Bertoni Editore

 

Angelo Barraco

CAOS
poesie

Bertoni Editore
Colla
na AURORA a cura di Bruno Mohorovich
pp. 68, marzo 2021, Euro 14, brossura






L’autore

Angelo Barraco è nato nel 1989 a Marsala in provincia di Trapani, città situata sulla punta estrema della Sicilia Occidentale. È un giornalista pubblicista e collabora con diverse testate nazionali, internazionali, cartacee e web. Ha sempre amato la scrittura, sin da bambino e la ritiene un comodo rifugio per proiettare pensieri e descrivere la realtà che si prospetta ogni giorno davanti agli occhi: dal giornalismo alla poesia, dai racconti alla narrativa. Indistintamente. Ha curato la quarta di copertina della seconda ristampa di “Una Promessa per Sempre” di Silvia Maira e Valerio Sericano (Bertoni Editore). Insieme al giornalista Massimo Beccarelli ha curato la quarta di copertina di “Breve dialogo sulla felicità” di Frank Iodice, ispirato alla storia di Josè “Pepe” Mujica, ex Capo di Stato uruguayano e guerrillero rivoluzionario. Il libro è distribuito in tutto il mondo e tradotto in varie lingue.

martedì 30 marzo 2021

Min Tran Huy - LA PRINCIPESSA E IL PESCATORE - 66thand2nd

 

Min Tran Huy
LA PRINCIPESSA E IL PESCATORE



(
La Princesse et le Pecheur , 2007)
Traduzione di Elena Sacchini
66thand2nd
Collana Bazar
pp. 192, febbraio 2010, Euro 15, brossura


Il libro

Un amore perduto è l'emblema della caducità delle cose, della malinconia che avvolge la loro natura temporanea. L'incontro con Nam, giovane in fuga dalla sua terra, spinge la protagonista Lan a confrontarsi con il proprio paese d'origine, quello in cui non è nata - lei, francese benestante - ma dal quale vengono i suoi familiari, esuli della diaspora seguita alla guerra d'Indocina. Le tradizioni apprese dall'amatissima nonna, il rigore e la determinazione dei genitori nell'integrarsi con successo in un paese straniero, la tenacia di Nam nel guadagnarsi la cittadinanza francese, la bellezza e crudeltà del Vietnam, la vergogna di non aver dovuto lottare e avere, ugualmente, tutto: sono i tratti della storia di coloro che oscillano tra mondi diversi, non per scelta ma per fatale accadimento. In un'atmosfera sospesa tra autobiografia e finzione, dove le leggende popolari sono cornice e strumento di interpretazione della vita, Lan diventa il paradigma del disagio della second generation nel rapporto con le origini. Lo stile preciso e garbato della Huy scardina i luoghi comuni sull'identità culturale e sulla riscoperta delle radici. "Il mondo l'avevo conosciuto in francese, leggevo in francese, pensavo in francese. [... ] Si poteva davvero parlare di "radici" quando queste erano state recise il giorno stesso in cui ero venuta al mondo a Clamart?". Sì, perché la forza del passato è una radice feconda che segna il volto per sempre.

L’autore

Minh Tran Huy è nata nel 1979 a Clamart, nei pressi di Parigi, da genitori vietnamiti emigrati in Francia negli anni Sessanta. Fin da piccola ha dovuto fare i conti con la sua duplice identità culturale: se da una parte infatti leggeva e interpretava il mondo che la circondava in francese, dall’altra il lontano e misterioso Vietnam esercitava su di lei una potente attrattiva. Molto apprezzato da critica e pubblico, La principessa e il pescatore è stato selezionato per il Goncourt e nel 2008 ha ricevuto il premio Gironde Nouvelles Écritures. Nello stesso anno è uscito Le lac né en une nuit : Et autres légendes du Viêtnam, una raccolta di racconti e leggende vietnamite, e nel 2009 è stata la volta di La double vie d’Anna Song, uscito in Italia per Neri Pozza. Attualmente Minh Tran Huy vive a Parigi dove lavora come redattore capo aggiunto per il prestigioso «Le Magazine Littéraire» e collabora con diversi programmi culturali televisivi.

L'incipit

Quando ero piccola il mondo era meravigliosamente rassicurante: immaginavo di essere Cenerentola o Pelle d’Asino e davo per scontato che i buoni trionfassero sui cattivi, che le orfanelle diventassero principesse e che i brutti anatroccoli si trasformassero in splendidi cigni. Si poteva patire la povertà o subire le angherie di una matrigna ma un po’ di arguzia, una buona dose di virtù e qualche fata garantivano sempre il lieto fine. Bastava diffidare dei lupi, ringraziare nani e cacciatori, saper riconoscere, dietro sembianze bestiali, un principe vittima di incantesimo, e il gioco era fatto. Tempo dopo, «c’era una volta» e «e vissero felici e contenti» si rivelarono solo formule, pronunciate per mettere, almeno per un istante, il mondo tra parentesi. Non per questo ho smesso di confidare nell’ordine che governa la finzione. In quest’àmbito, anche quando le cose si complicano, è sempre possibile scorgere un intreccio, una parvenza di sistema in grado di dare senso a una serie di parole o di immagini: echi interni e simmetrie, metafore, simboli, corrispondenze… Pensavo che anche la mia vita obbedisse a una logica misteriosa, ancora invisibile, ma che un giorno si sarebbe manifestata. Ed ero convinta che nutrirmi di storie mi mettesse sulla giusta via e affinasse la mia capacità di comprendere il corso delle cose, di coglierne l’armonia nascosta. Nelle storie scorgevo quei fili di Arianna che mi avrebbero aiutata a trovare un varco per uscire, un giorno, dai meandri del reale. E poi sono cresciuta ancora. L’arte ha smesso di essere una chiave che decodifica il significato degli eventi per diventare un ideale a cui tendere, e in quanto tale inaccessibile. Vivere è lanciarsi in un assolo prima di aver imparato a cantare; ritrovarsi, la sera della prima, nei panni del protagonista di una pièce mai provata; scrivere una storia di getto, senza poterla rileggere né modificare. Non c’è un secondo ciak. Procediamo a tentoni, rallentiamo quando dovremmo accelerare, ci inventiamo ostacoli inutili, cambiamo direzione sull’onda di un colpo di testa senza avere idea di quale sia la destinazione. L’esistenza è un racconto che scorre sotto i nostri occhi mentre viene scritto, e nessuno si preoccupa delle ripetizioni, dei buchi e delle incongruenze. È solo nei romanzi che si può correggere, rivedere e riprendere; le vite sono perlopiù sbilenche, governate dal caso, un caso privo di rima.

lunedì 29 marzo 2021

Ali Smith - PRIMAVERA - Sur

 

Ali Smith
PRIMAVERA
(
Spring, 2019)
Traduzione di Federica Aceto
SUR
Collana BigSur #47
pp. 286, maggio 2020, Euro 17,50, brossura


Il libro

Richard è un regista televisivo ormai anziano; la sua migliore amica, la geniale sceneggiatrice con cui ha lavorato ai suoi film più belli, è morta da poco, e lui è stato ingaggiato per l'adattamento dozzinale di un romanzo di successo; solo e sconfortato, è fuggito da Londra ed è in pieno stallo esistenziale. Brittany è una giovane donna che lavora come agente di sicurezza in un centro di detenzione dove vengono stipati gli immigrati senza documenti in (vana) attesa di rimpatrio; il suo impiego la sta disumanizzando sempre di più: il saluto che fa alle siepi dell'ingresso all'inizio e alla fine di ogni turno sembra il suo unico momento di dolcezza e sollievo. Nella vita di entrambi piomba però Florence, una dodicenne dalle origini misteriose e dall'irresistibile carisma, e l'incontro avrà effetti letteralmente miracolosi – o forse solo profondamente umani. Nel terzo volume della sua tetralogia ispirata alle stagioni, Ali Smith ci regala un'altra storia di confronto fra diversità, di accoglienza e di speranza, che è al tempo stesso una fotografia del presente e una parabola universale.

L’autore


Ali Smith (Inverness, 1962) è autrice di cinque raccolte di racconti e nove romanzi, fra cui compaiono nel catalogo SUR AutunnoL’una e l’altraVoci fuori campo e Hotel World (quest’ultimo sotto il marchio Beat). Quattro volte finalista al Booker Prize, è una delle voci più originali e influenti della letteratura britannica contemporanea


L'incipit

Ora, quello che non vogliamo sono i Fatti. Quello che vogliamo è lo sconcerto. Quello che vogliamo è la ripetizione. Quello che vogliamo è la ripetizione. Quello che vogliamo è sentire i potenti dire che la verità non è la verità. Quello che vogliamo sono deputati eletti in parlamento che dicono qualcuno prima o poi le ficcherà un bel coltello caldo in pancia e girerà la lama o cose tipo portati il cappio da casa vogliamo sentire membri della maggioranza nella camera dei comuni che gridano ammazzati a un parlamentare dell’opposizione vogliamo potenti che dicono di voler vedere altri potenti fatti a pezzi e conservati in sacchetti nel freezer di casa vogliamo vedere le donne musulmane ridicolizzate da un articolo di giornale vogliamo sentire le risate vogliamo che l’eco di quelle risate le segua ovunque vadano. Vogliamo che quelli che chiamiamo stranieri si sentano stranieri ci serve che sia chiaro che non avranno diritti finché non lo 12 decidiamo noi. Quello che vogliamo è l’indignazione l’infrazione la distrazione. Quello che ci serve è diffondere l’idea che il pensiero sia una cosa elitaria che la conoscenza sia una cosa elitaria quello che ci serve è che la gente si senta trascurata diseredata quello che ci serve è che la gente si senta. Quello che ci serve è il panico vogliamo il panico a livello subcosciente vogliamo il panico anche a livello cosciente. Ci servono le emozioni vogliamo il moralismo vogliamo la rabbia. Ci serve il patriottismo con tutto il suo ambaradan. Quello che vogliamo è il solito vecchio Scandalo delle madri alcolizzate Il pericolo dell’assunzione quotidiana di aspirina ma con maggiore urgenza Nein Nein Nein ci serve un hashtag #adessobasta vogliamo Dateci quello che vogliamo o ce ne andiamo vogliamo la rabbia vogliamo l’indignazione vogliamo parole emotivamente cariche antisemita va bene nazista va benissimo pedofilo va alla grande straniero maniaco clandestino vogliamo reazioni di pancia vogliamo Verifiche accurate sull’età dei migranti «minori» Il 98% vuole uno stop ai nuovi ingressi di migranti Aerei da guerra per fermare i migranti Quanti altri ancora ne possiamo ospitare Chiudete a chiave le porte di casa e nascondete le vostre mogli vogliamo tolleranza zero. Ci serve che le notizie siano a misura di cellulare. Dobbiamo bypassare i media mainstream. Dobbiamo evitare di guardare l’intervistatore e guardare dritto in camera. Dobbiamo mandare un messaggio chiaro forte inequivocabile. Ci servono notizie shock.

Laszlo Darvasi . LA LEGGENDA DEI GIOCOLIERI DI LACRIME - Il Saggiatore

 



László Darvasi
LA LEGGENDA DEI GIOCOLIERI DI LACRIME



(A könnymutatványosok legendája, 1999)
Traduzione di Dóra Várnai
Il Saggiatore
Collana La Cultura 1339
pp. 656, giugno 2020, Euro 32, rilegato


Il libro

«Viaggiamo nel deserto delle parole e delle frasi. E non sarà la strada, e nemmeno il nostro desiderio, a determinare la fine di questo viaggio. Forse lo farà un semplice nonnulla, una lacrima appena

Cinque anime misteriose percorrono giorno dopo giorno una terra desolata, figlia di una lunga guerra. Hanno lasciato le loro case vuote e in silenzio sono diventati saltimbanchi, giocolieri di lacrime: dai loro occhi sgorgano a comando sangue, miele, ghiaccio, schegge di specchio, miracoli; sul loro carro sgangherato sventola dipinta una grande lacrima del blu più blu che ci sia. Ovunque passino portano in egual misura speranza e disperazione, prodigi e maledizioni, la vita e la morte. Attorno al loro spettacolo, come guidati da un identico incanto, si radunano uomini e donne dalle storie straordinarie, da Irina Schiaccianoci, il cui sesso è in grado di frantumare qualunque oggetto, al nano giramondo Velemir Pep, da Ferenc Pilinger, il cui pene è scomparso dopo aver ucciso un uomo, a Borbála, la strega delle paludi. Il loro tragitto disegna un quadro di malìa attorno alle forche delle esecuzioni pubbliche.

Ambientato in un’Ungheria lacerata in tre parti, durante i centocinquant’anni dell’occupazione ottomana tra il xvi e il xvii secolo, La leggenda dei giocolieri di lacrime è un romanzo visionario che mescola storia e letteratura, oralità e azione. Una favola grottesca in cui la violenza più reale convive con la magia e il soprannaturale, e in cui i cadaveri degli uccisi danzano accanto ai talami dei nuovi amanti.


L’autore


László Darvasi è nato nel 1962 a Törökszentmiklós, ha pubblicato più di venti volumi, molti dei quali tradotti in francese, tedesco, olandese. Dopo essersi laureato in storia e letteratura ungherese, ha lavorato per alcuni anni come insegnante, quindi come collaboratore e redattore culturale del quotidiano Délmagyarország. Ha scritto poesia (la sua prima raccolta viene pubblicata nel 1991), testi drammaturgici, ed è attualmente collaboratore del settimanale culturale Élet és Irodalom (Vita e Letteratura). Premio “József Attila” (tra i più importanti per la letteratura ungherese), dal 2011 è membro dell’Accademia Letteraria Digitale, l’archivio online dei più importanti scrittori moderni e contemporanei ungheresi. 



Milos Crnjanski - DIARIO DI UN REDUCE - Elliot

 

Milos Crnjanski
DIARIO DI UN REDUCE
(
Dnevnik o Čarnojeviću , 1921)

Traduzione e cura di Luca Vaglio
Elliot
Collana Raggi
pp.135, gennaio 2020, Euro 16, brossura


Il libro

Petar Rajic è un giovane soldato serbo dell’esercito austroungarico, colto, sensibile, disincantato, che dopo lo spartiacque della Prima Guerra Mondiale vive lo straniamento di chi è costretto a sentirsi sempre “fuori posto”. Il diario di Rajic è il racconto della sua realtà interiore ed esteriore: di un amore nato sul letto d’ospedale, del legame tra un figlio e una madre, dello stordimento della trincea. Tra i fischi dei proiettili nell’inferno dei campi di battaglia italiani e galiziani, la noia della vita matrimoniale in una città di provincia in Serbia e l’azzurro litorale adriatico, è la storia del tormentato girovagare a cui sono condannati tutti i reduci, nel loro perpetuo e impossibile ritorno verso casa. Diario di un reduce è un romanzo di ironia e lirismo, onirico e simbolico, in cui si riconoscono le tracce di Gustave Flaubert e di Laurence Sterne e annoverato tra i vertici massimi della letteratura serba.

«Non so cosa è bene, e cosa è male, non so nulla di tutto ciò che mi è accaduto. Se farò ritorno, ritornerò nel mio Paese natio, così come mi hanno cacciato, ridicolo, e un po’ più curvo. Noi siamo ritornati, ma noi siamo ombre»

L’autore

Nato a Csongrád (Ungheria) nel 1893, fu un poeta, drammaturgo, saggista e scrittore di viaggio serbo, tra i grandi narratori del Ventesimo secolo. Dopo gli studi a Vienna e Belgrado, combatté per l’esercito austriaco nella Prima Guerra Mondiale. Fu esponente del Modernismo in Serbia, Paese che lasciò da diplomatico nel 1935 e in cui non poté rientrare per trent’anni a causa delle sue idee politiche. Diario di un reduce, il suo romanzo d’esordio, è apparso per la prima volta nel 1921, mentre del 1929 è Migrazioni, il testo più famoso e tradotto. Morì a Belgrado nel 1977. 


 



venerdì 26 marzo 2021

Maurice Blanchot - IL LIBRO A VENIRE - Il Saggiatore

Maurice Blanchot

lL LIBRO A VENIRE

traduzione di Guido Ceronetti e Guido Neri

Il Saggiatore


Collana La Cultura

pp.285, 2019, Euro 27,00, brossura




Proust e Artaud, Musil e Hesse, Joubert e Rousseau: questi alcuni degli autori scandagliati nel "Libro a venire". Qui Maurice Blanchot affronta di petto le questioni primarie della scrittura: l'oscura esigenza di scrivere e la morte a cui è condannato ogni autore - quella cui si consegnò Blanchot stesso -; l'antica necessità di mettere l'infinito in una parola e la lotta contro il demone della vocazione; l'incontro con l'immaginario e lo scontro con le leggi segrete del racconto; la metamorfosi del tempo in spazio narrativo e l'insufficienza del linguaggio; il dolore della lettura e l'incomunicabilità della critica letteraria. Soprattutto affronta la domanda ineludibile: dove va la letteratura? Blanchot prova a immaginare la morte dell'ultimo scrittore, col quale sparirebbe il piccolo mistero della scrittura. Non è improbabile: l'era senza parola è già stata e sarà ancora realtà. Un'epoca in cui non solo non esisteranno nuove opere, ma sarà vieppiù impossibile rifugiarsi nelle antiche, perché i signori di quel tempo decreteranno il rogo della Biblioteca di Alessandria, di tutti i libri e di tutti i saperi. Allora l'arte sarà morta, e sorgerà una nuova dittatura. Oppure verrà il Libro: quello premeditato da Mallarmé nel 1866, che Blanchot descrive come un libro a più facce - una rivolta verso il Nulla, un'altra verso la Bellezza. Un libro senza autore, impersonale. Un libro assente, che poggia sul riconoscimento dell'irrealtà, che non sussiste davvero, non si può tenere in mano: un passato inconsumato e un avvenire impossibile. Un libro senza lettore. Raccolta di brevi saggi pubblicati a partire dal 1953 sulla Nouvelle Revue Franoise sotto il titolo «Recherches» e apparsi in volume nel 1959, "Il libro a venire" è fedele alla propria ispirazione originaria: mantenere aperta la ricerca in quel territorio in cui trovare è mostrare tracce e non inventare prove. Frutto dell'età aurea della letteratura, della critica e della filosofia francesi del Dopoguerra, è un'opera che sa nominare l'innominabile, dotata di una forza che supera passaggi di secolo, mutamenti sociali e tecnologici, declino delle arti. Il capolavoro di uno dei massimi teorici novecenteschi della letteratura, che non cessa di parlarci.