mercoledì 27 novembre 2024

XI EDIZIONE FESTIVAL PAGINE DI RUSSIA - 'LOST', Letteratura del trauma sovietico - Bari, 26-29 novembre 2024

 

L’XI edizione del Festival letterario ‘Pagine di Russia’, organizzato dalla Casa editrice barese Stilo, in collaborazione con la Cattedra di russo dell’Università degli Studi di Bari, è inserita nella programmazione del Progetto Prin 2022 PNRR (LOST) Literature of Socialist Trauma: Mapping and Researching the Lost Page of European Literature, ed è dedicata al concetto di “trauma” nella cornice della letteratura russa del ‘900 sorta dalle repressioni sovietiche. Quali sono stati i riflessi dei tragici eventi staliniani nella storia e nella letteratura della Russia e degli altri paesi che facevano parte dell’URSS? 

L’inaugurazione ufficiale del festival sarà il 26 novembre 2024 alle ore 20.30, quando verrà proiettato, presso il MultiCinema Galleria di Bari, un film documentario unico nel suo genere, The Dmitriev Affair di Jessica Gorter (in russo con sottotitoli in italiano a cura di Memorial Italia, ingresso libero; prima visione nell’Italia del sud). Nel lungometraggio si racconta l’odissea che sta vivendo lo storico di Memorial, Jurij Dmitriev. Sottoposto a tre processi farsa, tutti segnati da violazioni gravi del diritto di difesa, è stato condannato a 15 anni di colonia penale, nonostante tutte le perizie indipendenti abbiano smentito le tesi, risibili e infamanti, dell’accusa. In realtà, il film racconta come Dmitriev sia stato punito per il suo lavoro scomodo sulla memoria delle vittime dello stalinismo, in particolare per aver scoperto a Sandormoch (Carelia) una fossa comune dove erano stati sepolti migliaia di cittadini sovietici innocenti fucilati durante gli anni di Stalin, tra cui un’intera tradotta di detenuti del primo lager sovietico, sulle isole Solovki. La vicenda è narrata nel volume Irina Flige, Il caso Sandormoch. La Russia e la persecuzione della memoria, a cura di Andrea Gullotta, traduzione di Giulia De Florio, pubblicato da Stilo editrice nel 2022.
Sul tema specifico del gulag si tornerà già nella seconda giornata del festival, con la prima delle tre conferenze, che quest’anno si svolgeranno tutte presso la Sala Convegni della Biblioteca d'Ateneo. 
Alle 17.30 del 27 novembre 2024, infatti, Andrea Gullotta (Università di Palermo e P.I. del Progetto PRIN 2022 PNRR), terrà una lezione dal titolo Treni, ‘saune’ e preghiere: il gulag di chi non lo ha vissuto, dedicata alla letteratura russa di repressione di chi non è stato direttamente vittima dei soprusi statali.
La stessa sera, presso la Libreria Prinz Zaum, si terrà la presentazione del libro di Gian Piero Piretto, L’ultimo spettacolo. I funerali sovietici che hanno fatto storia (Raffaello Cortina editore, 2023). Il volume di Piretto è una riflessione sulla propaganda relativa alla gestione del decesso e al rito funebre come tale nell'ex Unione Sovietica che può offrire oggi strumenti utili per meglio comprendere i fenomeni che stanno scuotendo la Russia contemporanea. Con l’autore dialogheranno Marco Caratozzolo (Università di Bergamo) e Massimo Maurizio (Università di Torino). 
Giovedì 28 novembre 2024, lo stesso Piretto alle 17.30 terrà nella Sala Convegni della Biblioteca d'Ateneo una lezione dal titolo Reazioni nei Gulag alla morte di Stalin. Riflessioni sul (non) pensiero totalitario. A seguire, alle 19.30 presso la libreria Prinz Zaum, si terrà uno dei tradizionali eventi di Pagine di Russia, ovvero il concerto di Liuzzi, straordinario cantautore originario di Noci. L’evento quest’anno sarà unito ad altre iniziative, non accademiche, sulla cultura russa, atte a stemperare la discussione scientifica con un momento musicale distensivo e culturalmente divertente. 
Nella giornata conclusiva del festival, venerdì 29 novembre 2024, ci sarà prima, alle 17.30 nella Sala Convegni della Biblioteca d'Ateneo, una lezione di Massimo Maurizio dal titolo ‘Perdonami per la mia anima notturna...’. La ricerca identitaria di Anna Barkova, dedicata a una delle voci poetiche più alte della storia letteraria russa legata al gulag. Infine, sempre presso Prinz Zaum alle ore 19.30, si terrà l’incontro 7 minuti di trauma, serata 'performativa' che concluderà il Festival, che sarà in questa edizione dedicato a un reading su letteratura e trauma a cura degli ospiti del festival e dei docenti del Dipartimento di Ricerca e Innovazione Umanistica dell’Università di Bari con l’accompagnamento musicale di Giuseppe Liuzzi.

Fuori programma del Festival, ma nell’ambito del progetto PRIN 2022 PNRR, la mattina del 26 novembre alle 11.30 presso l’Aula Sabbadini dell’ex Palazzo di Lingue si terrà il Terzo seminario del progetto “(LOST) Literature of Socialist Trauma: Mapping and Researching the Lost Page of European Literature”, con due interventi: quello di Simone Guagnelli (Università di Bari e Co-P.I. del progetto) dedicato a L’archivio di Ol’ga Adamova-Sliozberg custodito da Memorial e quello di Giovanni Magliocco (Università di Bari) dal titolo Per una topografia dell'inferno: repressione e poesia del Gulag nella Romania comunista.

sabato 23 novembre 2024

Siria Frate - CINEMA, FEMMINILE, PLURALE - Infinito Edizioni

 
Siria Frate
CINEMA, FEMMINILE, PLURALE
Le donne che hanno fatto la storia della settima arte

prefazione di Chiara Cozzi
Infinito Edizioni
ottobre 2024
pp. 116, € 15,00
Isbn 9788868617660


Il cinema, a un certo punto della sua storia, necessita di un rinnovamento che permetta l’identificazione di un’audience femminile maggiormente conscia della propria libertà individuale e non solo. Così, d’un tratto, all’interno dello schermo il mondo non esiste più come frutto di una visione maschile ma le donne emergono dapprima dietro la macchina da presa, poi davanti e pian piano oltre.
Cinema, femminile plurale esplora il rapporto tra le donne e l’industria cinematografica, investigando i dibattiti contemporanei sulla parità di genere nella settima arte, studiando i budget, i riconoscimenti e la (scarsa) presenza delle donne nei ruoli chiave del settore. La cinepresa diventa l’oggetto attorno al quale si discute del contributo al femminile in un panorama ancora oggi poco affermato, con una disamina approfondita dell’influenza di registe del calibro di Ida Lupino e Chantal Akerman, del silenzioso sguardo delle spettatrici illustrato secondo le teorie psicoanalitiche più ricercate e dell’impatto della critica cinematografica femminista promossa da professioniste come Laura Mulvey, Claire Johnston e Dorothy Arzner. La prefazione della critica cinematografica Chiara Cozzi completa questo scorcio sulla lotta del contemporaneo per una minore esclusione all’interno della “fabbrica dei sogni”.
“Le donne hanno trasformato il linguaggio cinematografico, portando sullo schermo storie di resistenza, d’amore, di lotta e di speranza. Il cinema femminista non è solo una corrente, ma una necessità culturale, un modo per restituire complessità e profondità a una metà del mondo spesso trascurata o banalizzata”. (Chiara Cozzi)

Siria Frate (Reggio Emilia) è laureata in Comunicazione all’Università di Parma e ha dedicato la conclusione del suo percorso ai Women’s studies e alla Feminist Film Theory in un’ampia riflessione sul ruolo della donna nel cinema. Attualmente frequenta un corso di laurea magistrale in Giornalismo e collabora come insegnante presso uno studio didattico privato, coltivando le sue passioni. Cinema, femminile plurale è il suo esordio saggistico.
*****
L’autrice presenta il libro con Alice Cucchetti venerdì 29 novembre a Milano presso la libreria Antigone, via Antonio Kramer 20, ore 18,30.


venerdì 22 novembre 2024

María Moreno - L'ATROCE STORIA DI SANTOS GODINO - Edicola Edizioni

 
María Moreno
L'ATROCE STORIA DI SANTOS GODINO. EL PETISO OREJUDO
(titolo originale El petiso orejudo, 1994)
traduzione di Francesca Lazzarato
Edicola Edizioni, collana ñ
novembre 2024
pp. 264, euro 20

«Così come ci fu uno che divenne pittore e arrivò a essere Picasso, colui che qui riposa fu un criminale e arrivò a essere Godino». María Moreno

«Nell’atroce storia del Petiso Orejudo si riflette l’inquieta oscurità del nostro presente».Francesca Lazzarato

Nel 1912, in una Buenos Aires immensa e tenebrosa, il figlio di poverissimi immigrati italiani Cayetano Santos Godino viene arrestato con l’accusa di undici crimini. All’epoca ha sedici anni e diventerà oggetto di studi e congetture pseudo-scientifiche fino alla sua morte, avvenuta in una gelida prigione alla fine del mondo. La sua storia – qui raccontata magistralmente da María Moreno, in un testo che fonde cronaca, saggio e romanzo – non è solo quella di uno dei criminali più misteriosi e celebri, ma anche quella di una società che rifiuta con violenza ogni manifestazione di alterità, mostrificando e punendo chi vive ai margini.
L’assassino adolescente Cayetano Santos Godino, il primo serial killer della storia argentina, rappresenta una delle figure più oscure e iconiche della criminologia. Su di lui e i suoi efferati delitti hanno indagato la polizia, la medicina legale, la psichiatria e la stampa senza trovare una risposta rassicurante al sottile limite tra disagio, follia e crimine. Oltre settanta anni dopo la sua morte, la giornalista, cronista e narratrice María Moreno, tra le voci più audaci del panorama latinoamericano, riapre il celebre caso per dar vita a un testo ipnotico, violento e travolgente, che trascende i limiti del true crime e diventa al tempo stesso una storia di immigrazione e miseria, un crudo reportage d’epoca e una riflessione sugli archetipi universali legati alla criminalità.

María Moreno (Buenos Aires, 1947), giornalista, scrittrice e critica culturale è considerata una delle più grandi croniste e saggiste in lingua spagnola, con una vasta produzione di testi dedicati al femminismo. Nel 1984 fonda Alfonsina, la prima rivista femminista dal ritorno della democrazia dopo la dittatura militare. Ha scritto, tra gli altri: El affair Skeffington, A tontas y a locas, Black out, Oración. Carta a Vicki y otras elegías políticas, Contramarcha e Subrayados. Ha vinto il Premio Iberoamericano de Narrativa Manuel Rojas, il Premio Lola Mora e il Premio Ñ. Ha ricevuto la borsa di studio Guggenheim per la ricerca su politica e sessualità nelle militanze degli anni Settanta.

Filippo Poletti - L'ARTE DELL'ASCOLTO: MUSICA AL LAVORO - Guerini Next

 
Filippo Poletti 
L'ARTE DELL'ASCOLTO: MUSICA 
AL LAVORO
120 interviste a grandi personaggi con playlist 
di 34 ore su Spotify
Guerini Next
dicembre 2024
pp. 394, € 23,50
ISBN 9788868965891


120 colloqui in 384 pagine con grandi personaggi. Intervista dopo intervista, si è immersi nell’ascolto tout court, ossia quell’arte necessaria alla corretta dialettica in ambito privato e sociale, essenziale per il buon funzionamento democratico, in azienda, in famiglia, in amore, in amicizia, in politica, in comunicazione, ma sempre più dimenticata dalla società contemporanea e oggi riportata alla ribalta grazie alle testimonianze raccolte da Filippo Poletti, giornalista e trend setter del mondo del lavoro.
Protagoniste – ordinate in sette macrocategorie di “arti e mestieri”, “diritto ed economia”, “scienze”, “scrittura”, “società”, “spettacolo” e “sport” – sono personalità provenienti da ogni ambito professionale come, per esempio, Al Bano, Francesco Alberoni, Piero Angela, Piero Antinori, Giorgio Armani, Enzo Biagi, Norberto Bobbio, Walter Bonatti, Mike Bongiorno, Renato Dulbecco, Dario Fo, Vittorio Gregotti, Umberto Guidoni, Margherita Hack, Enzo Jannacci, Krizia, Rita Levi-Montalcini, Alda Merini, Franco Modigliani, Indro Montanelli, Piergiorgio Odifreddi, Ottavia Piccolo, Nicola Piovani, Carlo Rambaldi, Gianfranco Ravasi, Antonio Ricci, i fratelli Taviani, Antonio Tabucchi, Beatrice Venezi, Carlo Verdone, Luigi Veronelli, Umberto Veronesi, Bruno Vespa, Paolo Villaggio, Stefano Zecchi e Antonino Zichichi. Ad accompagnare la lettura è la playlist L’arte dell’ascolto: musica al lavoro, pubblicata su Spotify: 34 ore di ascolto dei brani citati nelle 120 interviste, dalla tragedia greca di Euripide a Monteverdi, Bach, Mozart, Beethoven, Rossini, Chopin, Verdi, Puccini, Rota, Pink Floyd, Vasco, Capossela o Swift. Scopo del volume è quello di far innamorare alla musica, stimolando ciascuno a diventare ascoltatore attivo e seguace del music-life balance, ossia del bilanciamento tra musica e vita, capace di farci stare bene con noi stessi e con il resto del mondo.

Filippo Poletti, giornalista professionista classe 1970, Top Voice di LinkedIn con laurea in musicologia, studi di chitarra classica e composizione sperimentale al Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, diploma di sound engineer ed executive MBA alla business school del Politecnico di Milano. Ex copista della casa editrice Ricordi e TEDx speaker, dal 2017 cura su LinkedIn una rubrica giornaliera dedicata alle buone notizie sul lavoro. Il suo profilo è stato inserito da WikiMilano tra i protagonisti della metropoli italiana. Speaker in eventi nazionali dedicati al lavoro, ha collaborato con oltre 30 testate nazionali come il Corriere della Sera e Il Sole 24 Ore. Tra i suoi libri due edizioni del Dizionario dell’opera, Tempo di IoP: Intranet of People, Grammatica del nuovo mondo, MBA Power: innovare alla ricerca del proprio purpose, Ucraina: grammatica dell’inferno e Smart Leadership Canvas. È docente di tecniche della comunicazione in istituzioni pubbliche e private, e università italiane.


Guglielmo Bianchi, Lucia Rodocanachi - CARISSIMO BILLY, DEAR LUCKY | LETTERE (1937-1947) - 8ttovolante

 
Guglielmo Bianchi, Lucia Rodocanachi
CARISSIMO BILLY, DEAR LUCKY
LETTERE (1937-1947)
Selezione delle lettere e note introduttive a cura di Benedetta Vassallo.
Suddivisione tematica a cura di Alessandra Barbero.
Con approfondimenti critici di Alessandra Barbero, Virna Brigatti, Silvia Falcione e Anna Ferrando
8ttovolante editore
novembre 2024
pp. 240, € 18
ISBN 978-88-31263-52-8

Quando Guglielmo Bianchi e Lucia Rodocanachi si conoscono, all’inizio degli anni Trenta, lui vive tra Lavagna, Genova e Parigi, è un poeta e un artista “furibondo di gloria”, un dandy che aspetta la sua consacrazione tra la ville lumière e quella sottile striscia di Liguria. Lei invece è la musa, instancabile motore di ispirazione creativa, degli “amici poeti degli anni Trenta” che si riuniscono nella casa che divide insieme al marito pittore ad Arenzano: tra gli altri Eugenio Montale, Camillo Sbarbaro, Carlo Bo, Adriano Grande, Gianna Manzini, Henry Furst.
L’amicizia che da subito lega Bianchi e Rodocanachi sfocia in una corrispondenza che copre un decennio fondamentale per la Storia collettiva e la loro storia personale. Le 34 lettere scelte si snodano in un arco temporale che va dal 1937 al 1947: in questi anni Bianchi si consuma in un’esistenza inquieta, causa ed effetto di un successo mai raggiunto, fugge in Sud America, naufrago superstite di un mondo che non riesce più a comprendere. Lucia legge, studia, traduce – spesso su commissione al servizio di penne importanti: Montale, Vittorini, Sbarbaro, Gadda senza che il suo nome venga mai menzionato – attraversa la guerra, viene incarcerata e sfollata. E scrive. Scrive agli amici nel tentativo di illuminare quel buio, di riannodare i fili delle loro vite drammatiche. In pochi hanno conservato quelle lettere, uniche testimoni di una scrittura pulsante e vitale. Guglielmo fu uno di questi.
Questa raccolta mira a ricostruire il sostrato artistico e letterario che contribuì a dare vita a una stagione culturale irripetibile per la Liguria dei primi del Novecento e a conoscere la storia, intellettuale e umana, di due artisti da riscoprire.


Lucia Morpurgo Rodocanachi (1901- 1978), moglie del pittore Paolo Stamaty Rodocanachi, è stata musa di poeti e artisti e traduttrice segreta al servizio di penne importanti: Montale, Vittorini, Sbarbaro, Gadda. L’Olivetta, la casetta rosa che la coppia divideva in Arenzano con gli “amici poeti degli anni Trenta”, è stata rifugio creativo per molti di loro e porto sicuro negli anni tumultuosi della guerra. Lucia ne è stata nume tutelare, ispiratrice e instancabile motore.



Guglielmo Bianchi (1899 - 1966) è stato poeta, pittore, drammaturgo, pensatore, dandy: impossibile imprigionarlo in una defi nizione. Ha consumato un’esistenza irre quieta in un continuo vagabondare tra la sua terra, la Parigi di Borges e il Sud America dove metaforicamente naufragò nel 1939, appena in tempo per non assistere al più grande naufragio, quello bellico, degli amici e del mondo che conosceva.

L'editore 'Il ramo e la foglia' intervista l'autrice: Jo Güstin


Ciao Jo, per la prima volta esce in Italia un tuo libro tradotto dal francese, la lingua in cui scrivi, nell'ottima traduzione di Luca Bondioli, edito da noi di Il ramo e la foglia edizioni, si tratta di una raccolta di racconti: "9 storie luminose in cui il bene è il male", titolo quanto mai originale, edito in Francia, con il titolo "9 Histoires lumineuses où le bien est le mal", da Présence Africaine Editions. Potresti presentarti brevemente a quelli che in Italia ancora non ti conoscono?

Ciao Italia! Sono Jo Güstin (lei/sua), sono una scrittrice, comica, regista, produttrice che usa la finzione e la commedia per il bene della giustizia sociale intersezionale (vale a dire con l'obiettivo di rovesciare i sistemi di oppressione: razzismo sistemico, abilismo, sessismo, transfobia, classismo, omofobia e specismo). Sono determinata a celebrare la queerness femminista nera in tutte le mie creazioni e a farti ridere la maggior parte del tempo, sognare a volte, e pensare tutto il tempo.
Sono nata e cresciuta in Camerun, ho studiato in Francia, Germania e Giappone e ora vivo in Canada. Scrivo in francese e inglese produzioni televisive, film, letteratura, musica, teatro, standup comedy, poesia e radio.
Nel 2020 ho lanciato la mia società di produzione, Dearnge Society. Finora ha prodotto cortometraggi pluripremiati ("Don't Text Your Ex", "Purple Vision" sta completando la post-produzione) e podcast ("Contes et légendes du Queeriqoo", "Make It Like Poetry", "En attendant la psy").

Quali sono i tuoi autori di riferimento e le tue letture preferite, quelle che in qualche modo possono avere influenzato la scrittura di questi tuoi racconti?

Non ero una grande lettrice di narrativa quando scrissi "9 Storie luminose" (2014-2016). Ora lo sono, ma allora non lo ero. Mi interessavano di più i saggi di filosofia, sociologia, studi postcoloniali, studi di genere e così via. Allora avevo un blog di filosofia chiamato "The Series Philosopher" e, attraverso quel blog, ispirata da tutte le letture in cui mi immergevo per rispondere alle mie domande filosofiche, ho sperimentato un inaspettato risveglio politico. È così che sono diventata femminista, atea, lesbica e persino un'artista! (Chi ha detto «la donna ideale»?) I libri che hanno innescato quel risveglio politico all'epoca sono stati: "La Domination masculine" di Pierre Bourdieu, "Peau Noire, masques blancs" di Frantz Fanon, "Nations Nègres et culture" di Cheikh Anta Diop (sono d'accordo, potrebbero esserci più donne). Il finale del racconto «Ibeji ou le génie», ad esempio, è stato ispirato dalle mie letture delle opere di Marcel Mauss sulla magia.
Leggere "Mainstream" di Frédéric Martel nello stesso periodo mi ha mostrato il potere della cultura nel plasmare le menti. È così che ho deciso di usare anche la narrativa e la commedia per plasmare le menti. È solo che faccio la mia parte, per quanto piccola. Un'onda è solo un mucchio di gocce che vanno nella stessa direzione. Penso. Non ne ho idea, ma devi ammettere che la metafora è carina.
Il modo in cui ho formulato i titoli dei racconti e della raccolta, e persino il tono ingannevolmente leggero dell'intero libro, sono stati chiaramente ispirati dal romanzo filosofico di Voltaire, "Candido o l'ottimismo". Ho deciso di essere tutta "Candido" nei 9 racconti. Ecco come sei arrivato a 9 storie di commento sociale come in "Candido", 9 storie di arguzia e assurdità come in "Candido", 9 storie di personaggi satirici come in "Candido" e 9 storie di linguaggi ottimistici per descrivere situazioni cupe, proprio come in "Candido".

Cosa ti ha spinto a scrivere "9 Histoires lumineuses où le bien est le mal" ? In italiano "9 storie luminose in cui il bene è il male". Ci racconti la sua genesi? Perché questo titolo?

Vivevo in Germania quando ho iniziato a scrivere "9 Histoires lumineuses où le bien est le mal". Lavoravo nel marketing, ero seriamente depressa dal mondo che la mia nuova consapevolezza politica mi stava costringendo a vedere, e ho attraversato una crisi esistenziale, ho deciso che la vita era troppo breve per trovare idee per convincere i tedeschi a guidare veicoli Citroën, e non abbastanza lunga per convincere gli umani a preoccuparsi degli altri umani e delle specie viventi. Volevo che tutti si arrabbiassero tanto quanto me per lo stato del mondo, per quello che stava succedendo a noi donne, a noi persone queer e trans, a noi neri, ecc. Ma quando ho iniziato a scrivere i primi 3 racconti, non sapevo che sarebbero finiti in un libro. Il primo racconto che ho scritto è stato il nono del libro: "L'Ex d'Alex ou le renoncement" (in italiano "L'ex di Alex o la rinuncia", ndr). Il quartiere che descrivo lì era il mio quartiere a Colonia, in Germania. Il finale è realmente accaduto in quel quartiere, e quando ne ho sentito parlare, ho solo immaginato la storia di fondo. L'ho scritto per un concorso di scrittura, il suo titolo originale era "Nettoyage de printemps" (in italiano "Pulizie di primavera", ndr). Ricordo di aver inviato il mio racconto a un paio di amici per un feedback, e loro mi hanno chiesto se stavo bene. Stavo tutt'altro che bene, ma non pensavo potessero capirlo!
Dopo di che, ho lasciato il mio lavoro nel novembre 2014, sono andata in Camerun per fare coming out con i miei genitori e lì ho chiesto a una persona di raccontarmi una storia che le era capitata. Ha detto «Oh, la mia vita è noiosa, non mi è mai successo niente di interessante», poi ha continuato a raccontarmi cose orribili che per lei erano solo dettagli insignificanti. Questo è finito per essere il primo racconto della raccolta, "Marie-Lise ou l'initiative" (in italiano "Marie-Lise o l'iniziativa", ndr). Marie-Lise è in realtà un personaggio secondario in un romanzo inedito che ho scritto nel 2009.
Il terzo racconto che ho scritto è stato "Innocent ou l'humanité" (in italiano "Innocent o l'umanità", ndr), nel 2015, ancora alle prese con la depressione e i pensieri cupi. Verso la fine del 2015, dopo un anno di terapia (2 ore a settimana), ho superato la depressione e il mio proposito per il 2016 era di farmi pubblicare! A marzo 2016, ho riscritto quei 3 racconti nello stile di "Candido" di Voltaire, e con una posizione femminista trans-inclusiva intersezionale intenzionale, e li ho inviati a 9 case editrici. Una di loro ha risposto 3 giorni dopo: «Bello!, ma 3 racconti? Dai, è un libro di 20 pagine! Ne hai altri?» Ne ho scritti altri 6 e a giugno 2016 ho ricevuto la mia prima offerta di pubblicazione e ho detto di sì! Pronunciato ad alta voce, il titolo 9 "Histoires lumineuses où le bien est le mal" (in italiano "9 storie luminose in cui il bene è il male", ndr) può essere inteso come "9 Histoires lumineuses, ou le bien et le mal" (trad.: 9 storie luminose, o il bene e il male). È un accenno a "Candido o l'ottimismo" di Voltaire. Ma avverte anche che in ognuno di quei racconti, l'iniziativa, l'umanità, l'essere meticcio, ecc., tutti quei valori che sono presentati nel titolo dei racconti, potrebbero essere sia buoni che cattivi. Per quanto riguarda la scelta dell'aggettivo "luminoso": quando ero bambina in Camerun, un insegnante disse alla classe che Magellano aveva chiamato l'Oceano Pacifico in quel modo, perché sapeva che se lo avesse chiamato "Oceano Ostile", nessuno avrebbe accettato di andarci. Sebbene non abbia mai trovato alcuna conferma di questa teoria online, mi ha segnato profondamente. Sapevo che se avessi chiamato il mio libro "9 histoires déprimantes" (in italiano "9 storie deprimenti", ndr), "9 storie deprimenti, oscure come l'inferno", nessuno l'avrebbe comprato. Anche se, chi lo sa? Per qualche ragione, le persone comprano libri che si pubblicizzano come inquietanti o spaventosi, ma non so se siano deprimenti.

Chi sono i personaggi dei tuoi racconti?

I personaggi delle mie storie sono ispirati alla vita reale. Seguo un consiglio che mia madre una volta mi diede quando ero alle elementari: «En rédaction, les histoires vraies marchent toujours» (trad. Nella scrittura creativa, le storie vere funzionano sempre). Quindi trovo la mia ispirazione in cose reali accadute a persone reali, non necessariamente a me. Il racconto "Maïmouna ou l'altruisme" (in italiano "Maïmouna o l'altruismo", ndr) è stato ispirato dallo scandalo Alvine Monique Koumaté che ha fatto notizia in Camerun nel 2016. Se voglio sensibilizzare sulle oppressioni sistemiche, non devo inventare nulla, voglio assicurarti che la cosa che ti sconvolgerà e ti spaventerà sia il più reale possibile. Non hai bisogno degli squali sulla riva, dei serpenti sull'aereo o degli orsi drogati di cocaina per creare orrore. Tutto ciò di cui hai bisogno è un gruppo di umani nelle normali situazioni della vita reale.
Un giornalista una volta mi chiese perché così tanti personaggi principali delle mie storie fossero bambini. Onestamente non me ne sono mai accorta. Ma non è mai stata mia intenzione sfruttare l'età della vittima per stimolare la vostra empatia, come in «Preoccupatevi delle vite dei palestinesi, lì ci sono bambini». Ma gli esseri umani non sono orribili solo nei confronti degli adulti.

C'è un tema portante della raccolta? Quali sono gli snodi logici ed emotivi che la caratterizzano?

Il tema principale è l'oppressione sistemica. Il modo in cui decidi se un personaggio è buono o cattivo dipenderà dalla prospettiva sociale del personaggio e del lettore. Una lesbica ricca sarà oppressa in quanto donna, in quanto persona omosessuale, pur continuando a opprimere in quanto persona ricca. La sentenza che le darai, il modo in cui ti relazioni con lei dipenderà dal fatto che tu sia ricco, una donna o un membro della comunità LGBTQIA2S+. Noterai il tuo privilegio e la tua violenza a un certo punto? Spero di sì, ora dipende dalla tua intelligenza intrapersonale.

Ci parli dello stile che hai adottato nella scrittura? La reputi una lettura "facile" o "difficile", a quale tipo di lettori hai mirato nello scriverlo?

Dipende. Mi piace il fatto che le persone non leggano la stessa storia a seconda che siano razzializzate, bianche, ricche, povere, queer, etero, donne, ecc. Lì sta la complessità. Anche se l'ho fatto apposta per questo libro, come traduttrice o lettrice, se non sei una donna, potresti capire qualcosa in modo diverso, se non sei nera potresti capire qualcos'altro... che lo scrittore sia un attivista dell'intersezionalità o meno.
Inoltre, ho trascorso tanto tempo in Camerun quanto in Francia, e non cerco di spiegare ai lettori francesi cosa intendo con qualcosa, o a quelli camerunensi cosa intendo con qualcos'altro. Quindi potrebbe essere difficile capire alcune realtà se non sei camerunense in Francia. Ora che sono canadese, per giunta, le mie espressioni francesi provengono da ogni dove, anche nelle mie creazioni.
Non è che lo faccia apposta. Non riesco a separare il camerunense dal francese in me. Non riesco a decidere se scrivere qualcosa che sia al 100% francese camerunense o al 100% francese canadese, e non mi interessa farlo. Immagino che il traduttore stesso sia attraversato da diversi tipi di italiano, quello della città in cui è nato e quello in cui vive ora, per esempio, e non avrebbe senso chiedergli perché ha tradotto l'inizio di una frase in questo italiano e la fine in un altro.
Mi piace il realismo. Voglio che la mia narrazione sia realista. Evito parole elaborate, frasi intricate, ma voglio assicurarmi che la profondità ci sia, e le stronzate, assenti. Nella mia scrittura come nella mia lettura, do valore al significato più che all'estetica, do valore a qualcosa di vero e scadente (come un meme di Internet) più che a qualcosa di grandioso che è privo di sentimento, sincerità e personalità.
I miei lettori devono essere umani. Non ho un tipo. Ma per percepire l'umorismo in "9 Histoires lumineuses", penso che i miei lettori debbano essere depressi: quella tragicomica è una commedia per persone depresse! Se ridete mentre lo leggete, spero che stiate facendo o prenderete in considerazione la possibilità di fare una terapia.

Che ruolo hanno il bene e il male nel tuo romanzo? Quale relazione hanno tra di essi e con i personaggi delle tue storie?

 Nota che l'autrice di queste storie è una nichilista ottimista e un'atea. Non credo in un bene o un male assoluto. L'epitome del bene e del male per me è l'essere umano. Puoi essere un attivista per i diritti civili e il più grande transfobo. Puoi essere un femminista razzista. Puoi aiutare i poveri ed essere uno stupratore. Puoi essere un macellaio e il ragazzo più gentile del mondo. Ogni volta che vado in bicicletta a Toronto (quasi tutti i giorni), non posso fare a meno di pensare: «In un altro tempo o in un altro luogo, sarò una criminale, una persona cattiva da punire: perché sono una donna, perché sono atea, perché ho tatuaggi, perché indosso pantaloni, perché vado in bicicletta, perché non sono accompagnata da un accompagnatore... e loro non sanno nemmeno che sono queer!» Quindi la definizione o percezione del bene e del male varia con il tempo e il luogo, ma anche adesso, nello spazio pubblico bianco, devo essere pericolosa (o cattiva) perché sono nera. Anche per l'occhio bianco «più buono» che ha interiorizzato quella realtà. Proprio come la persona senza fissa dimora deve essere pericolosa (o cattiva) perché è senza fissa dimora, anche per me, l'artivista dell'intersezionalità che sta facendo del suo meglio.

Cosa può convincere un lettore incerto a leggere "9 storie luminose"?

Se sei come me, forse una sfida ti convincerà: indovina quali storie sono queer ma i lettori etero non le notano nemmeno?
Indovina quali 3 storie sono state scritte mentre combattevo contro la depressione e quali sono state scritte dopo un anno di terapia?
Ci sono 3 riferimenti all'Italia in tutto il libro. Riesci a individuarli?

Hai qualcosa da aggiungere?

Nel 2014, non solo stavo scrivendo il primo (o l'ultimo) racconto del libro, ma stavo anche imparando l'italiano da sola, 1 ora al giorno, ogni singolo giorno, con un libro, un CD-Rom e uno youtuber chiamato AlboTheMinstrel. Hashtag: buoni propositi per l'anno nuovo. Il mio obiettivo era riuscire a flirtare con una donna italiana. Sono passati dieci anni e credo di aver incontrato 2 donne italiane in totale, entrambe sposate con uomini. Chiaramente non è stato il mio miglior investimento. Inoltre, il mio obiettivo nella vita era diventare una scrittrice di successo e possedere un enorme loft con piscina, ma potrei scambiare quell'obiettivo di vita con questo più fattibile: avere un tiramisù gratis per il resto della mia vita. Popolo d'Italia, lo dico: se conoscete qualche concorso di tiramisù che assume giurati, sono sempre interessata!

venerdì 15 novembre 2024

Guy de Maupassant - L’EREDITÀ - Carbonio

 
Guy de Maupassant
L’EREDITÀ
(titolo originale L'Héritage, 1884)
traduzione e introduzione di Bruno Nacci)
Carbonio editore
Collana Origine
novembre 2024
pp. 160, € 15


Nella Parigi della Belle Époque, César Cachelin, impiegato del Ministero della Marina, combina un matrimonio tra la figlia Cora e uno dei suoi colleghi più promettenti e ambiziosi, Léopold Lesable, pregustando l’ingente eredità che la sua ricca sorella Charlotte ha destinato alla giovane nipote. Ma alla morte dell’anziana zitella, con enorme sgomento i Cachelin apprendono una clausola del testamento sino ad allora ignorata: la coppia può disporre dell’eredità solo con l’arrivo di un figlio nel limite dei tre anni di matrimonio, diversamente il denaro – un milione netto! – andrà tutto in beneficenza. Col passare dei mesi, le speranze di una discendenza si fanno sempre più flebili. Se prima Cachelin venerava Lesable per la sua ambizione e proprio per questo lo aveva scelto come marito di sua figlia, adesso lo guarda «con un bisogno furioso di batterlo, di schiacciarlo, di prenderlo a calci». La posta in gioco resta però troppo alta per rinunciarvi. E forse la soluzione va cercata fuori dalle pareti di casa.
L’autore non inventa, osserva quel che vede e ne scrive con un registro che oscilla di continuo tra farsa e tragedia, ironia e crudeltà, levità e rassegnata amarezza che è vero e proprio dolore. Incentrata sui temi atavici della nascita, l’infertilità, l’onore, il tradimento, L’eredità offre un memorabile spaccato della piccola borghesia impiegatizia francese di fine Ottocento, implacabilmente ingorda, pavida e arrivista, parte di quella commedia umana sconfinata che non finisce mai di ispirare la grande letteratura e l’arte tutta.
Uscita nel 1884, prima sul mensile illustrato “La Vie Militaire” e poi all’interno della  raccolta di racconti Miss Harriet, la novella L’eredità amplia lo spunto narrativo del racconto breve Un milione, pubblicato nel 1882 sul quotidiano “Gil Blas”.
In questo capolavoro di sottile e grottesca arte narrativa, Maupassant gioca sullo scarto fra apparenza e realtà, sulle intenzioni provocate dagli istinti più bassi, e fa muovere i personaggi come attori su un palcoscenico. Sono le loro azioni a rivelarli e a smascherarne gli opportunismi, le piccolezze, i voltafaccia, i calcoli. Tutto e a ogni costo è finalizzato all’ascesa sociale.

L’edizione di Carbonio ripropone entrambi i testi in un unico libro dando al lettore la possibilità di un immediato raffronto tra le due versioni e, al contempo, di avere un’idea più palpabile di come si sia sviluppato il processo creativo dell’autore.
L’impeccabile e frizzante nuova traduzione di Bruno Nacci, corredata di un’introduzione corposa e coinvolgente, rende davvero imperdibile il recupero di questa gemma letteraria di Guy de Maupassant.

L'incipit
Non erano ancora le dieci, ma gli impiegati arrivavano a frotte sotto il grande portone del Ministero della Marina, si affrettavano da ogni angolo di Parigi, perché si avvicinava Capodanno, periodo di zelo e promozioni. Un rumore di passi concitati echeggiava nel grande palazzo tortuoso come un labirinto, solcato da inestricabili corridoi su cui si aprivano le innumerevoli porte degli uffici. Ognuno rientrava al suo posto, stringeva la mano del collega che lo aveva preceduto, si toglieva la giacca, indossava il vecchio abito da lavoro e si sedeva al tavolo dove l’attendeva un mucchio di carte. Poi si recava negli uffici vicini per sentire le ultime novità. Prima di tutto si informava se il capo fosse già arrivato, se era di luna buona, se la corrispondenza del giorno era voluminosa. César Cachelin, impiegato d’ordine incaricato della ‘gestione generale’, ex sottoufficiale della fanteria di marina, divenuto col tempo impiegato principale, prendeva nota su un grande registro di tutti i documenti che gli portava l’usciere di gabinetto. Di fronte a lui, papà Savon, lo spedizioniere, un vecchio scimunito famoso in tutto il Ministero per le sue disgrazie coniugali, trascriveva lentamente una lettera del capo, e vi si applicava tenendo il corpo inclinato, l’occhio obliquo, nella rigida postura del copista meticoloso. Cachelin, uomo robusto, con i capelli bianchi e corti a spazzola, intento al suo lavoro quotidiano, stava dicendo: “Trentadue dispacci da Tolone. Quel porto ce ne rifornisce tanti quanti gli altri quattro messi insieme”. Poi rivolse a papà Savon la stessa domanda di tutti gli altri giorni: “Allora! Vecchio mio, come va la signora?”. Senza interrompere il lavoro, il vecchio rispose: “Lo sapete bene, Cachelin, quanto è penoso per me questo argomento”. L’impiegato d’ordine, sentendo la solita frase, si mise a ridere come sempre. Si aprì la porta ed entrò il signor Maze. Era un bel ragazzo bruno, vestito con un’eleganza eccessiva, che si riteneva poco valorizzato, giudicando il proprio aspetto e i propri modi superiori alla sua posizione. Portava dei grossi anelli, l’orologio con una pesante catenella, il monocolo, solo per vezzo, dal momento che quando lavorava lo toglieva, e muoveva frequentemente i polsi per mettere in risalto i polsini ornati da grandi bottoni luccicanti. Affacciato alla porta, chiese: “C’è molto lavoro oggi?”. Cachelin rispose: “C’è sempre Tolone in testa. Si vede che il Capodanno è vicino, sono zelanti, quelli”. Apparve Pitolet, un altro impiegato, spiritoso e brillante, che a sua volta chiese ridendo: “Perché, noi non siamo zelanti?”. Poi, estratto l’orologio, sentenziò: “Sette minuti alle dieci e sono già tutti al loro posto! Accidenti! E questo come lo chiamate? E scommetto che Sua Eccellenza il signor Lesable era già qui alle nove, come il nostro illustre capo”. L’impiegato d’ordine smise di scrivere, appoggiò la penna all’orecchio, e con i gomiti sullo scrittoio: “Oh! Quello poi, diamine, se non ce la fa, non sarà certo perché non ce l’ha messa tutta!”. Pitolet, seduto su un angolo del tavolo, dondolando una gamba, rispose: “Ce la farà, Cachelin, ce la farà di sicuro. Scommetto venti franchi contro un soldo che prima di dieci anni diventerà capufficio!”. Maze, che si arrotolava una sigaretta scaldandosi le gambe al fuoco, disse: “Cavolo! Quanto a me, preferirei restare tutta la vita fermo a duemila e quattro piuttosto che sgobbare come lui”. Pitolet girò sui tacchi e, in tono beffardo: “Questo non vi impedisce, mio caro, che oggi, venti dicembre, siate qui prima delle dieci”.

Di origine aristocratica, Guy de Maupassant nasce nel 1850 nella tenuta di Miromesnil in Normandia. I suoi primi anni sono segnati dai rapporti tesissimi tra i genitori fino alla loro separazione, nel 1862. Allo scoppio della guerra franco-prussiana, nel 1870, Maupassant si arruola come volontario. Tornato dal fronte, lavora come impiegato prima al ministero della Marina e poi a quello dell’Istruzione. Intanto scrive alacremente incoraggiato dall’amico di famiglia Gustave Flaubert, che venera come maestro e mentore. La sua prima raccolta di racconti, La casa Tellier, esce nel 1881; segue un decennio di fama e ricchezza in cui Maupassant pubblica centinaia di racconti e sei romanzi, tra i quali spiccano Una vita (1883), Bel-Ami (1885) e Pierre e Jean (1888). Il successo andrà di pari passo con un’estenuante irrequietezza che, gravata da varie patologie (malattie veneree, cancro, paralisi), sfocerà nella follia. Dopo un tentato suicidio nel 1892, Maupassant verrà ricoverato in una clinica alle porte di Parigi dove trascorrerà l’ultimo anno e mezzo di vita, morendo il 6 luglio 1893 all’età di quarantadue anni. Solo in parte riconducibile alla grande lezione del Realismo e del Naturalismo, più vicina piuttosto al pensiero di Leopardi e Schopenhauer, l’opera di Maupassant rappresenta una delle vette più elevate della letteratura europea dell’Ottocento, che apre la strada al grande racconto moderno del Novecento. 

Bruno Nacci ha curato classici della letteratura francese, da Chamfort a Nerval, e in particolare si è occupato di Blaise Pascal, su cui ha scritto il saggio La quarta vigilia. Gli ultimi anni di Blaise Pascal (2014). Di Flaubert ha tradotto Bouvard e Pécuchet  e La tentazione di sant’Antonio, uscito per Carbonio nel 2023. Ha pubblicato il noir L’assassinio della Signora di Praslin (2000); con Laura Bosio ha scritto i romanzi storici Per seguire la mia stella (2017), La casa degli uccelli (2020) e il saggio Da un’altra Italia (2014). Ha pubblicato le raccolte di racconti: La vita a pezzi (2018), Dopo l’innocenza (2019), Destini (2020), Congedo delle stagioni (2022) e il racconto lungo La fine del viaggio (2023).



grazie a Costanza Ciminelli / Ufficio Stampa Carbonio Editore


giovedì 14 novembre 2024

Mike McCormack - OSSA DI SOLE - Il Saggiatore

 
Mike McCormack
OSSA DI SOLE
(titolo originale Solar Bones, 2016)
Traduzione di Luca Usari
Il Saggiatore
ottobre 2018
pp. 242, Euro 24
ISBN 9788842824879

Ci sono istanti in cui la vita scorre tutta intera davanti agli occhi, come una visione. Ossa di sole cattura quella visione e la trasforma in romanzo. Gli occhi e la vita appartengono a Marcus Conway, un marito, un padre, un ingegnere che abita in un lembo rurale d’Irlanda. È il 2 novembre, il giorno dei morti. Seduto al tavolo della cucina, Marcus sente il rintocco di una campana, la campana dell’Angelus. Quel suono risveglia in lui la vertigine del ricordo, i nodi irrisolti, le ferite, gli amori non riconciliati: la moglie che ama e ha tradito, il figlio lontano, la figlia artista che scrive un’invettiva sui muri della galleria, usando il proprio sangue come pittura. Lo sguardo fantasma di Marcus si solleva fino ad abbracciare la contea, il paese, i tormenti del suo tempo: dal collasso economico irlandese all’epidemia che, attraverso l’acqua, si è insinuata tra le persone, facendo ammalare sua moglie. A ossessionarlo è la tecnologia, un destino al quale non resta che arrendersi, un’entità ubiquitaria e indecifrabile che lo rende estraneo a se stesso, mentre i numeri che governano la finanza si inoculano silenziosi nel quotidiano. A interrogarlo è la trama sottile del reale, i fili invisibili che corrono sotto la pelle della terra come ossa di sole, adombrano un senso per poi negarlo, traccia potente di una sacralità perduta. Ogni aspetto di quel mondo, che è il mondo di ognuno, sembra sfuggire alla sua comprensione, collassare verso un singolo punto restituendo solo dubbio e inquietudine. Scritto in un’unica frase che si rompe e ricompone al ritmo di un respiro, Ossa di sole è il flusso di una coscienza in cui si imprime un riflesso del tutto, che abbraccia in ogni attimo l’infinitesimo e l’infinito. Mike McCormack convoca nella sua scrittura la tradizione irlandese di Beckett e Joyce per costruire la parabola eccezionale di una vita come tante, la solitudine e l’amore di un uomo capace di provare meraviglia e sconcerto per l’esistente. Un monologo in cui la morte e il vuoto metafisico del presente sono raccontati con il raccoglimento della preghiera, con il furore della bestemmia

Mike McCormack è uno scrittore irlandese, autore di due raccolte di racconti e tre romanzi, tra cui si segnalano Notes from a Coma (2005) e Forensic Songs (2012). Con Ossa di sole ha vinto l’International Dublin Literary Award ed è stato selezionato per il Man Booker Prize.


Grazia Deledda, dal cinema alla musica in una serata ad Alghero

 

Domenica 17 novembre il Festival “Mediterranea. Culture. Scambi. Passaggi” torna ad Alghero con una serata interamente dedicata a Grazia Deledda. Nello spazio di Lo Quarter sono previsti due eventi curati dall’Associazione Editori Sardi - AES in partenariato con la Società Umanitaria di Alghero e l’Università di Sassari. 

Alle 17,30 è in programma la tavola rotonda “Cenere - Storia d’amore e di dolore”, a 120 anni dalla prima edizione del romanzo deleddiano “Cenere” e a un secolo dalla scomparsa di Eleonora Duse, iconica attrice italiana che recitò per il cinema solo una volta, proprio nella trasposizione cinematografica dell’opera deleddiana. Della genesi del film ma soprattutto del rapporto tra la scrittrice premio Nobel per la letteratura e la “divina” Duse parleranno la critica letteraria Angela Guiso, la docente di Discipline dello spettacolo all’Università La Sapienza di Roma Paola Bertolone, la docente di Storia e critica del cinema all’Università di Sassari Lucia Cardone e la direttrice della Società Umanitaria di Alghero Alessandra Sento, moderate dalla presidente AES Simonetta Castia. Alle 19 sarà proiettato il film, diretto nel 1916 da Febo Mari.

La seconda parte della serata, dalle 20, sarà un omaggio in musica dal titolo “Grazia, la madre”, con la cantautrice algherese Claudia Crabuzza che presenta brani ispirati ai romanzi di Grazia Deledda. Ideazione e parole di Stefano Starace, musiche e arrangiamenti di Fabio Manconi e Andrea Lubino, adattamenti di Claudia Crabuzza e Michele Pio Ledda. Claudia Crabuzza (voce), Fabio Manconi (chitarra) e Andrea Lubino (basso) eseguiranno dal vivo alcune canzoni tratte dall’omonimo cd pubblicato nel 2022 da SquiLibri edizioni e accompagnato da scritti di autori vari, progetto corale con gli interventi, tra gli altri, di Canio Loguercio e Massimo Donno.

lunedì 11 novembre 2024

Hans-Hermann Hoppe - DEMOCRAZIA: IL DIO CHE HA FALLITO - Liberilibri


Hans-Hermann Hoppe
DEMOCRAZIA: IL DIO CHE HA FALLITO
(titolo originale Democracy: The God That Failed - Transaction, 2001)
traduzione di Alberto Mingardi
prefazione di Raimondo Cubeddu
con uno scritto di Alessandro Fusillo
Liberilibri
novembre 2024
pagg. XXXIV-450, euro 20.00
ISBN 979-12-80447-16-6


Torna in libreria, in una nuova edizione e una nuova veste grafica, un titolo del catalogo Liberilibri ormai diventato di culto, Democrazia: il dio che ha fallito di Hans-Hermann Hoppe. Un libro urgente, attualissimo, che ci parla oggi con ancora più chiarezza. 
L’autore, economista tedesco succeduto a Murray N. Rothbard nella cattedra di Economia presso la University of Nevada, compie qui un’analisi rigorosa dei due principali ordinamenti politici: monarchia e democrazia. La democrazia, scrive Hoppe, è diventata un dio sul cui laico altare possono essere sacrificate tutte le libertà. La gabbia mentale e sociale prodotta dall’ideologia democratica non lascia spazio a visioni alternative. La tutela dei diritti e delle libertà individuali non fa parte del patrimonio democratico, ma risale alla tradizione politica medievale del rapporto contrattuale tra governanti e governati.
L’idea delle carte dei diritti e delle costituzioni, intese come sistemi di limitazione dei poteri del monarca, proviene quindi da un altro retaggio. La democrazia «è immorale oltre ad essere antieconomica», perché «non è la democrazia ma sono la proprietà privata, la produzione e lo scambio volontario le vere fonti della civilizzazione e della prosperità umana».
Il duro attacco alla democrazia viene sferrato da Hoppe con le armi della logica e dell’analisi storica, attraverso una puntuale rassegna di deficienze, assurdità ed errori delle politiche socialdemocratiche. Così, egli demolisce la fede del pensiero liberale classico nella possibilità di un governo limitato, e prospetta una naturale alleanza fra conservatorismo e libertarismo per un obiettivo comune: la frantumazione degli Stati nazionali, raggiungibile con un processo di secessioni a catena per la creazione di una moltitudine di regioni e città-Stato disseminate nel continente europeo e americano: «Il secessionismo e la crescita di movimenti separatisti e regionalisti nell’Europa orientale e occidentale, in Nord America e altrove, non rappresentano un anacronismo, ma la forza potenzialmente più rivoluzionaria della storia», in quanto la secessione incoraggia le diversità etniche, linguistiche, religiose e culturali, e promuove l’integrazione e lo sviluppo.
Il saggio, tradotto da Alberto Mingardi e preceduto dalla Prefazione firmata da Raimondo Cubeddu, è arricchito anche da uno scritto di Alessandro Fusillo.

Hans-Hermann Hoppe (Peine, Germania 1949) ha studiato filosofia, sociologia, storia ed economia all’Universität des Saarlandes di Saarbrücken, alla Goethe-Universität di Francoforte e alla University of Michigan di Ann Arbor. Ha insegnato in varie università tedesche e alla Johns Hopkins University di Bologna. Nel 1986 si trasferisce negli Stati Uniti per approfondire le sue ricerche sotto la guida di Murray N. Rothbard, a cui è succeduto nella cattedra di economia presso la University of Nevada nel 1995. Distinguished Fellow del Ludwig von Mises Institute, è stato direttore del «Journal of Libertarian Studies».
 



venerdì 1 novembre 2024

Michael Palumbo - LE ATROCITA' DI MUSSOLINI - Alegre

 
Michael Palumbo
LE ATROCITA' DI MUSSOLINI
I crimini di guerra rimossi dell’Italia fascista
traduzione di Paola Tornaghi
prefazione di Eric Gobetti
postfazione di Ivan Serra
Edizioni Alegre
novembre 2024
pp. 416, euro 20,00
ISBN 9791255600299


Trent'anni dopo, il 1 novembre 2024, il libro di Michael Palumbo arriva finalmente in libreria Questo libro è stato già pubblicato nel 1992 (con il titolo L’Olocausto rimosso), ma nessuno ha mai potuto trovarlo in libreria. La casa editrice Rizzoli decise infatti di mandare al macero tutte le copie di questo testo, ritenuto evidentemente troppo scomodo. Delle 8.000 copie prima stampate e poi mandate al macero ne parlò Simonetta Fiori su Repubblica del 17 aprile 1992. con il titolo Le atrocità di Mussolini, e la prefazione dello storico Eric Gobetti. La ricerca di Palumbo porta alla luce la documentazione proveniente dagli archivi nazionali degli Stati Uniti a Washington DC e dalla Commissione delle Nazioni Unite per i Crimini di Guerra con cui, insieme a ulteriore materiale reperito in dieci lingue diverse, comprova le atrocità commesse in tutti i paesi in cui l’Italia entrò in guerra: dalla Libia all’Etiopia, dalla Grecia alla Jugoslavia. Crimini poi insabbiati dagli angloamericani per non disturbare gli equilibri del dopoguerra e mantenere a disposizione una classe dirigente utile alla crociata anticomunista della nuova Italia democratica. Successivamente altri studiosi, tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila, hanno pubblicato importanti ricerche sui crimini di guerra fascisti. Arrivando solo oggi nelle librerie, Le atrocità di Mussolini completa il quadro.
Lo stile di Palumbo e la drammaticità degli eventi offrono un affresco tragico e illuminante di cosa è stata l’Italia fascista. Un volto che ancora trent'anni fa, quando alcuni ex gerarchi fascisti erano ancora in vita, sembrava meglio lasciare insabbiato. Un volto che ancora oggi le forze politiche eredi di quella stagione provano costantemente a rimuovere dalla memoria nazionale.

Michael Palumbo è uno storico italoamericano nato a New York nel 1944. Oltre che delle ricerche sui crimini di guerra fascisti, riportate in questo libro e nel documentario Fascist Legacy, si è occupato del conflitto israelo-palestinese pubblicando i volumi The Palestinan Catastrophe (da cui è stato anche tratto un documentario) e Imperial Israel.