Ludwig Tieck
IL SUPERFLUO DELLA VITA
(titolo originale Des Lebens Überfluss, 1839)
traduzione ed introduzione di Paola Capriolo
Carbonio editore
collana Origie
ottobre 2025
pp. 96, euro 15
ISBN ...
La nobile Clara e il borghese Heinrich Brand si sposano in segreto contro la ferma opposizione del padre di lei e si trasferiscono a vivere alla periferia della città, prendendo in affitto un angusto appartamento al primo piano di un vecchio stabile. Mancano quasi di tutto, eppure non mancano di niente perché hanno il loro amore a nutrirli e proteggerli.
A
ritmare le giornate della coppia sono le emozioni provocate dalle
epifanie inattese della natura e il loro infinito conversare, un
flusso di racconti dei reciproci sogni, di letture dal diario di
Heinrich, di riflessioni filosofiche circa il rapporto tra lo Stato e
l’individuo e circa i doveri di questi ultimi quali membri
della società.
Ma un inverno rigidissimo si abbatte sugli
sposi novelli. Nella casa si gela e la fine dei risparmi non consente
di acquistare altra legna per riscaldarne le due
stanzette.
Heinrich, allora, decide di segare la scala che
collega l’appartamento dabbasso: i ventidue robusti gradini di
quercia diventeranno la scorta di ceppi con cui stare a posto nei
mesi freddi che li aspettano. Aiutato da Christine – la fedele
balia di Clara –, il giovane porta a termine l’impresa tanto
stravagante quanto estrema, sancendo l’isolamento suo e della
moglie dal resto del mondo.
Liberarsi del mondo, però,
si rivela più difficile di quanto Heinrich pensasse.
Quando Il
superfluo della vita viene pubblicato, nel 1839, sono passati
trentacinque anni dalla fine della leggendaria stagione preromantica
di Jena della quale Ludwig Tieck era stato tra i maggiori
rappresentanti insieme a Friedrich e August Wilhelm von Schlegel,
Schelling, Caroline Michaelis, Novalis, Fichte e Hölderlin.
Tieck
è ormai un autore arrivato e benvoluto all’apice della carriera,
non ha più nulla da dimostrare ma continua ad assecondare il suo
piglio di sperimentatore.
Scrive in prevalenza novelle,
una misura letteraria che si rivela particolarmente congeniale alla
sua fantasia esuberante e alla propensione poetica, nelle quali
si dà l’obiettivo di «porre in chiarissima luce un fatto
grande o piccolo, il quale, pur svolgendosi in modo facile e
naturale, è pertanto meraviglioso e forse unico».
Esattamente
quanto accade nel Superfluo della vita, che costituisce l’esito
più brillante delle cosiddette “novelle di Dresda”, una serie di
testi destinati a un ampio pubblico, scritti da Tieck tra il 1819 e
il 1841, quando era consigliere artistico dell’Hoftheater della
città sassone, ravvivata dalle sue seguitissime letture pubbliche e
lezioni di teatro.
Il titolo stesso dell’opera risuona come
una dichiarazione di poetica pregna di tutto lo slancio
idealistico della Frühromantik, insofferente al culto del
denaro e ai bisogni materiali, considerati superflui rispetto alla
grandiosità dell’amore, dell’amicizia, della poesia.
La
novella pare dunque un invito a celebrare l’estro dell’individuo
che non intende piegarsi a una realtà mesta, quando non ostile,
bensì la contrasta con la forza trasfigurante dell’immaginazione,
qui esaltata e vellicata dal personaggio di Heinrich, una
combinazione di irruenza, risolutezza ed eccentricità briosa di
memorabile simpatia.
Ma cosa succede quando non è più
possibile lasciarsi guidare dal credo oraziano del Carpe
diem tanto caro a Clara e Heinrich? Che la prosaicità di una
miseria implacabile comporti un ripensamento tra ciò che è
superfluo e ciò che non lo è?
Ed ecco l’altra parte
interpretativa del Superfluo della vita, quella di una satira
geniale, fresca e divertente, con sfumature di critica sociale.
La gioia di vivere dei due protagonisti resterà di certo inscalfita
anche dopo l’epilogo di strepitoso parossismo comico con il quale
Tieck mette fine al loro isolamento, in un’atmosfera di beffarda
sedizione.
È il graffio di Ludwig Tieck. Anche quando
attinge dal realismo intimista di orientamento borghese proprio dello
stile Biedermeier, che dilaga nella Germania della
Restaurazione, Tieck non riesce a tacitare l’impeto preromantico
della giovinezza. Una postura forse inevitabile per chi quel
Romanticismo aveva creato e avrebbe contribuito a magnificare per
sempre.
A quarant’anni dalla precedente traduzione,
Carbonio Editore ripropone Il superfluo della vita per la
nuova e radiosa cura della scrittrice, traduttrice e germanista Paola
Capriolo.
Una gemma letteraria dalla struttura
impeccabile, lo stile limpido, le immagini smaglianti.
Una
lettura che entusiasma e scalda il cuore.
Ludwig Tieck (Berlino, 1773-1853)
è stata una figura chiave del Romanticismo e della scena
letteraria tedesca a cavallo tra XVIII e XIV secolo, che animò
in molteplici vesti – poeta, prosatore, filologo, teorico della
letteratura, critico teatrale, editore, traduttore di Shakespeare e
di Cervantes.Sostenuto da un dominio amplissimo di scrittura, fu autore di romanzi, commedie, drammi e racconti fantastici. Straordinario risultò il suo lavoro di invenzione e rifacimento delle fiabe popolari, dove Tieck rese l’elemento terrifico inscindibile da quelli del comico e dell’ironia, aprendo di fatto la strada alla fiaba moderna. Noti in tutto il mondo i suoi adattamenti per il teatro delle fiabe Barbablù (1796) e Il gatto con gli stivali (1797).
Tra le sue opere più significative si annoverano anche i romanzi Storia del signor William Lovell (1796) e Le peregrinazioni di Franz Sternbald (1798), il racconto fiabesco Il biondo Eckbert (1797), le novelle Il fidanzamento (1823) e Il superfluo della vita (1839). Quest’ultima ispirò l’omonima pellicola, di matrice tetramente neorealista, del 1950, per la regia di Wolfgang Liebeneiner, ex capo della Reichsfilmkammer.
A Tieck è stato dedicato l’asteroide 8056 “Tieck”, che esiste dal 1999.
Paola Capriolo (Milano, 1962), è autrice di numerosi libri di narrativa, da La grande Eulalia (Feltrinelli 1988) a Irina Nikolaevna o l’arte del romanzo (Bompiani 2023). Le sue opere sono tradotte in molti Paesi. Ha scritto saggi su Benn, Rilke e Thomas Mann e tradotto per diversi editori testi di Goethe, Kleist, Keller, Stifter, Schnitzler, Thomas Mann e Kafka. Dal 2018 fa parte della giuria del Premio italo-tedesco per la traduzione letteraria.



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