PAROLA DI DANTE
Il Mulino, collana Intersezioni
pp. 200, 2021, Euro 15
ISBN 978-88-15-29314-5
Il libro
Da qualche anno, nei dibattiti televisivi o in presenza, si sente l’oratore di turno che non si risolve a terminare il suo intervento e dice «Un’ultima cosa e poi mi taccio». Si tratta di una lepida formula anticheggiante restata inconsapevolmente nell’orecchio dal canto di Farinata, uno dei più famosi: «qui dentro è ’l secondo Federico / e ’l Cardinale; e degli altri mi taccio». La memorabilità di questa clausola ha probabilmente generato questo uso imperversante, senza nessuna consapevolezza da parte di chi usa questa formula.
La Commedia di Dante non è soltanto un esempio insuperato di creazione poetica, ma anche un serbatoio linguistico che nel tempo ha riccamente alimentato il vocabolario dell’italiano. L’eredità dantesca è fatta di parole ed espressioni dalla storia diversa. Alcune resistono nella nostra lingua fino a oggi, a volte cambiando in tutto o in parte il significato. Altre è stato Dante stesso a coniarle, o a usarle per primo in italiano. Ma in un’opera letteraria come la sua le parole non possono essere staccate dalla poesia, e così il libro si sofferma su alcuni casi esemplari, ne tratteggia il profilo in riferimento al contesto in cui occorrono e alle implicazioni di senso di cui sono portatrici. Con il garbo e lo stile di sempre, e un inconfondibile tratto di originalità, Serianni guida il lettore ad accostarsi al genio linguistico del nostro poeta nazionale.
L'autore
Luca Serianni è professore emerito di Storia della
lingua italiana alla Sapienza Università di Roma. Fra gli ultimi volumi pubblicati con il Mulino ricordiamo: «Parola» (2016); «Per l’italiano di ieri e di oggi» (2017) e «Il sentimento della lingua» (con G. Antonelli, 2019).
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