SOTTO LA SOGLIA DELLE TENEBRE
Memorie di luce e vita nelle profondità del mare
(Below the Edge of Darkness. Exploring Light and Life in the Deep Sea 2021)
Traduzione di Francesca Pe'
Bollati Boringhieri, collana Nuovi Saggi 78
pp. 386, maggio 2022, Euro 28
ISBN 9788833939650
Il libro
L’oceano
profondo è l’ecosistema più grande al mondo, ma è anche quello
meno esplorato. Molte fra le creature sconosciute che abitano
l’oscurità degli abissi comunicano tra loro emettendo luce tramite
particolari reazioni chimiche. Lo spettacolare fenomeno della
bioluminescenza, che ha da sempre affascinato l’umanità, resta
tuttora uno dei campi della scienza più difficili da sondare.
Con
le sue immersioni pionieristiche, Edith Widder offre testimonianze
uniche di prima mano su questi creatori di luce, trasmettendo al
lettore tutto l’incanto di una «fiaba reale», in cui perfino un
minuscolo flash annuncia
la straordinaria esperienza della vita.
Da
questo memoir autobiografico
emerge la gioia coinvolgente della scoperta di mondi sconosciuti:
dagli organismi luminescenti che popolano le acque mesopelagiche ai
fondali dell’oceano, preziosissimi archivi della Terra; dalla
massiccia «migrazione verticale» di creature mozzafiato alla neve
marina, che svolge una funzione essenziale nel sequestrare anidride
carbonica. Lo studio dei dinoflagellati o del mitico calamaro
gigante, che Widder riesce a documentare per la prima volta nel suo
habitat naturale, è anche l’occasione per riflettere sulle sfide
della scienza e le più fantasiose tecniche adottate per rendere
possibili esplorazioni elettrizzanti e, talvolta, pericolose.
Ora
che gli oceani sono sempre più minacciati dall’inquinamento e dal
cambiamento climatico, la biologia marina e l’ecologia visuale
aprono prospettive del tutto inedite. La bioluminescenza infatti
svela non solo i misteri degli abissi ma anche come sia possibile la
stessa vita sulla Terra. Un libro illuminante, in tutti i sensi,
capace di stimolare la nostra capacità di guardare il mondo con
autentica meraviglia.
L'incipit
Dal lato destro del sommergibile si alzò un sibilo. Mi inclinai per cercare di capire da dove venisse di preciso. Non pensavo di dovermi preoccupare, ma era un rumore diverso, e se c’è una cosa che ho imparato dalle immersioni con il sommergibile è che la diversità non va mai sottovalutata. Trattandosi del Deep Rover, un veicolo monoposto senza collegamenti con il mondo esterno, non c’era nessuno a cui potessi chiedere: «Lo senti anche tu?». Ero sola, a più di cento metri sotto la superficie dell’oceano, circondata da acqua a perdita d’occhio, e continuavo a scendere verso le tenebre. Il sibilo, all’inizio quasi impercettibile sopra il ronzio degli aeratori, diventava sempre più forte e inquietante. Nel tentativo di individuarne la causa cominciai ad agitarmi sul sedile, una postazione imbottita al centro di quella sfera di resina acrilica trasparente larga un metro e mezzo. Mi piegai in due, contorcendomi per portare l’orecchio destro alla stessa altezza della strumentazione sul bracciolo. A quel punto i piedi (indossavo solo le calze) mi scivolarono in basso, trovando una cosa che nessuno vorrebbe mai trovare dentro un sommergibile: acqua. Un sacco di acqua. Si metteva male. La risposta più appropriata era il terrore assoluto, che infatti mi travolse. Per fortuna rimasi abbastanza padrona di me stessa da agire per salvarmi. Prima di tutto dovevo risalire all’origine. Eccola: l’acqua entrava da una valvola aperta sotto il sedile, sul lato destro. Ora non restava altro che fermarla. Grosso problema: la maniglia era sparita! C’era solo lo stelo della valvola, che però non si chiudeva senza una maniglia su cui fare leva. L’acqua si riversava dentro dalla piccola apertura e il sibilo sempre più acuto era la dimostrazione sonora che il sommergibile diventava via via più pesante e sprofondava più in fretta, mentre il livello dell’acqua saliva. Con la testa che girava a mille, svuotai le casse d’assetto e azionai i propulsori verticali. È troppo tardi? Ho già superato il punto di non ritorno? Ovviamente no, visto che sono qui a raccontarlo. Riaffiorai e mi portarono in salvo, ma fu un po’ troppo sconvolgente per i miei gusti, e non posso negare che quel ricordo non mi ha più abbandonato.1 Nel corso della mia carriera di biologa marina ho fatto centinaia di immersioni con il sommergibile, il che significa che ho vissuto altri brutti momenti: non molti, ma abbastanza. Quello non fu il peggiore,2 ma capitò all’inizio della carriera e rischiai davvero la pelle. Perciò vi starete chiedendo: perché continuo? Sinceramente, l’idea di smettere non mi ha mai neppure sfiorato.
L'autrice
Edith Widder è una oceanografa e biologa marina. Si laurea in biologia alla Tufts University, consegue un master in biochimica e un dottorato in neurobiologia alla University of California. È co-fondatrice e scienziata senior della Ocean Research & Conservation Association, una no-profit per la conservazione degli oceani. Ha ricevuto numerosi premi ed encomi di merito per le sue esplorazioni delle profondità marine. Le sue ricerche sono state presentate alla BBC, PBS, Discovery Channel e National Geographic, e in tre TED Talk di successo. Sotto la soglia delle tenebre è il suo primo libro tradotto in italiano.
Nessun commento:
Posta un commento