lunedì 27 giugno 2022

Roland Barthes - COS'E' UNO SCANDALO - L'Orma

Roland Barthes
COS'E' UNO SCANDALO
Testi su se stesso, l'arte, la scrittura e la società.
Scritti ineditti 1933-1980
a cura di Filippo D'Angelo
L'Orma Editore, collana Kreuzville Aleph
pp. 224, 2021, Euro 20
ISBN 9788899793883


Il libro

«Il mondo non fornisce le chiavi del libro, è il libro che apre il mondo.»

Intelligenza di straordinaria duttilità, fecondo interprete degli immaginari novecenteschi, sottile indagatore del desiderio dei corpi e del piacere dei testi: Roland Barthes è presente in tutta la sua brillantezza e leggiadra profondità in questa ricca messe di scritti finora mai pubblicati in Italia che raccoglie saggi sulla letteratura francese (Proust, Gide, Camus), cronache di vita intima e quotidiana, studi sulle arti figurative e inclassificabili pezzi d’occasione.
Frase dopo frase il grande critico conia formulazioni spiazzanti, offre punti di vista inusitati, annoda e inventa tradizioni, come nel testo – in assoluto il primo che ha scritto – dove fantastica di un Socrate che per amore dei suoi discepoli (e per ghiottoneria) fugge di galera, rifiutando la propria condanna a morte.
Alla prediletta forma breve, o meglio, usando le sue parole, alla «forma dolce» di questi variegati interventi Barthes consegna alcune delle sue pagine più sorprendenti e memorabili, pagine che vanno qui a comporre una sfaccettata riflessione sul meraviglioso scandalo rappresentato dalla nostra presenza, sociale e carnale, nel mondo.

L'incipit

Mi sono spesso chiesto perché mi piaccia scrivere (manualmente, intendo), al punto che in parecchie occasioni lo sforzo un po’ ingrato del lavoro intellettuale è riscattato ai miei occhi dal piacere di avere davanti a me (come se fossero gli strumenti di un artigiano) un bel foglio di carta e una buona penna. Mentre rifletto a quello che devo scrivere (come sto facendo in questo stesso momento), sento la mia mano agire, inclinarsi, scorrere, sollevarsi, affondare e, sovente, tramite il gioco delle correzioni, cancellare, trasgredire le righe, ingrandire lo spazio sino ai margini, costruendo così, a partire da tratti minuti e in apparenza funzionali (le lettere), uno spazio che è in buona sostanza quello dell’arte: sono un artista, non perché raffiguro un oggetto, ma perché, più fondamentalmente, nella scrittura il mio corpo gode a tracciare, a incidere ritmicamente una superficie vergine (è vergine ciò che è infinitamente possibile). Dev’essere un piacere antico: in certe caverne preistoriche sono state scoperte sequenze d’incisioni regolarmente spaziate. Era già scrittura? Assolutamente no. Quei tratti non volevano dire nulla, ma il loro stesso ritmo denotava un’attività cosciente, probabilmente magica, o, più in generale, simbolica: la traccia, dominata, organizzata, sublimata (poco importa) di una pulsione. Il desiderio umano d’incidere (tramite un punzone, un calamo, un lapis, una piuma) o di carezzare (con un pennello, con una punta di feltro) ha senz’altro subito trasformazioni che hanno occultato l’origine propriamente corporea della scrittura; ma basta che ogni tanto un pittore (come oggi Masson o Twombly) incorpori forme grafiche alla sua opera per ricondurci a questa evidenza: scrivere non è soltanto un’attività tecnica, è anche una pratica corporea di godimento. Se metto in risalto questo motivo è proprio perché di solito viene censurato. Ciò non vuol dire che l’invenzione e lo sviluppo della scrittura non siano stati determinati dal movimento della Storia più imperiosa: la Storia sociale ed economica. È ben noto che nell’area mediterranea (contrariamente all’area asiatica) la scrittura è nata da imperativi commerciali: lo sviluppo dell’agricoltura, il bisogno di costituire riserve di grano hanno obbligato gli uomini a inventare un mezzo per memorizzare gli oggetti necessari a ogni comunità che tenti di gestire il tempo della conservazione e lo spazio della distribuzione. Almeno da noi, la scrittura è nata così.


L'autore

Roland Barthes (1915-1980), scrittore, semiologo, polemista, è stato uno degli intellettuali più influenti del secondo Novecento. Figura di spicco dello Strutturalismo, la sua opera, che spazia dall’estetica dei testi allo studio della fotografia, dalla riflessione autobiografica alla teoria della moda, ha inaugurato una maniera nuova di leggere i libri e la realtà.



 

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