mercoledì 8 ottobre 2025

Manuel Azaña - LA VEGLIA A BENICARLO' - minimumfax

 
Manuel Azaña
LA VEGLIA A BENICARLO'
(titolo originale La velada en Benicarló. Diálogo de la guerra de España, manuscrito de 1937, Editorial Losada, Buenos Aires 1939; Pozuelo de Alarcón: Espasa-Calpe, España,1981)
traduzione di Leonardo Sciascia e Salvatore Girgenti
prefazione di Leonardo Sciascia
minimumfax
collana Gli Introvabli | 1
novembre 2021
pp. 158, euro 12
ISBN 9788833893068

Un medico, due ufficiali, un ex deputato e un'attrice si mettono in viaggio da Barcellona a Valencia a bordo di un'automobile, mentre intorno a loro e in tutta la Spagna infuria la guerra civile. Si fermano a dormire a metà strada, in un albergo di Benicarló dove si trovano già un ex ministro, un avvocato, uno scrittore, un dirigente socialista e un propagandista. In breve tempo, la sosta notturna si trasforma in una lunga veglia e in un confronto collettivo sui grandi temi politici, morali ed esistenziali che il conflitto impone a un paese dilaniato. 
A lungo protagonista della politica spagnola negli stessi anni che qui ha deciso di raccontare, Azaňa consegna ai posteri un romanzo di scintillante intelligenza, che ci riporta nel cuore di un evento decisivo per le sorti dell'Europa intera e al tempo stesso getta una luce forte e inquietante sul nostro presente. 

Un breve estratto
L’auto del dottor Lluch divora la distanza tra Barcellona e Benicarló. Sul radiatore sventola una bandierina giallo-oro e nella parte posteriore si legge, in una targa bianca coperta di polvere, «Metge». La professione, il servizio, erano valsi a Lluch la concessione di usufruire dell’auto, ultimo residuo delle sue comodità borghesi: e la guida con una punta di ironia, nel ricordo della sua antica condizione di «signore». Accanto a Lluch viaggia Miguel Rivera, deputato ancora giovane e, fino a sei mesi prima, milionario. Dietro stanno il capitano Blanchart; un ufficiale di aviazione, Laredo, convalescente da gravi ferite; e Paquita Vargas, attrice di operetta. Costretti a viaggiare per motivi differenti, Rivera aveva ottenuto che il suo amico Lluch ospitasse nella sua auto i due militari e la Paquita, fino a Valencia. Al tramonto di un giorno di marzo, attraversano la campagna del Panadés, l’aspra terra folta di ulivi e carrubi che rovescia torrenti verso il mare, e poi i campi di Tortosa, e giungono alla Piana, fiammeggiante l’ocra della costa sopra l’acqua azzurra, annegata in gradazioni di viola la confusa irruenza del Maestrazgo. Nessun inciampo. A mezza strada, un funerale. Cipressi verdineri, toccati dall’oro del tramonto, nel cimitero contiguo alla strada. Lluch frena l’auto. Sopra il feretro una bandiera rossa e nera; dietro, l’intera popolazione, in fila, e una banda musicale che tace. Al passaggio del feretro, Lluch saluta a pugno chiuso. Inquietudine di Rivera. Alcuni del corteo rispondono al saluto. Si sente lo strascicare dei passi sulla strada. Occhi che scrutano dentro l’automobile, incuriositi dalle uniformi. Più avanti, una pattuglia.
«Alt! I documenti!»
Lluch esibisce un foglio consunto da firme, cifre di protocollo, timbri, contrassegni e marche, sufficienti a provare la sua lealtà. Il capo della pattuglia sembra perforare con lo sguardo la carta. Lluch è impaziente.
«Meno fretta, compagno. Bisogna assicurarsi».
«Lo faresti prima, compagno, se leggessi il foglio dall’altra parte».
Lo restituiscono.
«Potete passare. Salute!»
«Salute... e auguri», esclama Lluch avviando la marcia. Spavento di Rivera: «Ci spareranno dietro». «Bah! Non sono tanto cattivi!» Lluch gode della rapida corsa, della pace di quei campi da un lavoro secolare resi armoniosi e fecondi. Bianche masserie tra appezzamenti rossastri per la recente aratura e seminati rigogliosi, splendenti del verde cupo delle nuove messi. Carri di lavoratori, dalle alte tende, con i finimenti dei muli ornati da fitte borchie dorate. Qualche vignaiolo pota le ultime viti. La miracolosa pennellata dei fiori sembra sciogliersi dai frutteti precoci e volare, nella fuga dell’auto, verso l’orizzonte dei monti nevosi. «Spianeranno tutto. Non lasceranno in piedi né alberi né case. Gli uomini, fucilati. E perché no le donne e i bambini? Non li vediamo già fatti a pezzi? Verrà il nostro turno...» mormora Lluch. L’impressionabile Rivera di solito fluttuava tra le opinioni altrui, specialmente se manifestate in catastrofiche previsioni, a causa di una sua recente, terribile esperienza. In tale esperienza, tuttavia, desiderava fondare una certa speranza nella propria sorte, come se avesse già esaurito le probabilità avverse.

Manuel Azaña (1880-1940), politico, romanziere e saggista, è stato l’ultimo presidente della Repubblica spagnola dopo la vittoria del 1936 del Fronte popolare, fino all’affermazione nel 1939 del regime fascista capeggiato da Francisco Franco


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