lunedì 1 settembre 2025

Maria Anna Mariani - L'ITALIA E LA BOMBA - Il Mulino

 
Maria Anna Mariani
L'ITALIA E LA BOMBA
Letteratura nell'era nucleare

Il Mulino
collana Studi e Ricerche
2025
pp. 224, euro 24
ISBN 978-88-15-39244-2


Nel secondo dopoguerra l’avvento del nucleare fa sentire con forza la propria presenza nella società e nel dibattito culturale del nostro paese. L’autrice segue il filo rosso della questione nucleare nella letteratura italiana del Novecento, soffermandosi in particolare sui romanzi e gli scritti di Italo Calvino, Elsa Morante, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini e Leonardo Sciascia. Lucidamente consapevoli della miscela geopolitica di implicazione e marginalità in cui era invischiata l’Italia, questi grandi protagonisti della nostra scena culturale affrontano le inquietudini dell’era nucleare attraverso un’ampia gamma di forme sperimentali, che si accostano alla rilevanza metafisica del tema con modi spesso allusivi e obliqui. Liquidate di frequente come disimpegnate, deboli o persino giocose, le loro opere reclamano invece una lettura politica, utile a riconoscerne l’incessante confronto con i paradossi dell’era atomica.

Un estratto dall'Introduzione

UNA ZONA GRIGIA DELLA RESPONSABILITÀ
 
1. Kennedy all’Einaudi
È il 12 giugno 1963 e come ogni mercoledì i redattori della casa editrice Einaudi si riuniscono per discutere i libri da inserire in catalogo. Siedono al tavolo alcuni tra i più importanti intellettuali del Novecento: oltre a Italo Calvino e a Norberto Bobbio, sono presenti Franco Venturi, il più influente studioso dell’Illuminismo italiano; Raniero Panzieri, tra i fondatori dell’operaismo e traduttore di Marx; e Renato Solmi, allievo di Adorno e divulgatore in Italia della filosofia francofortese. Se di solito le decisioni editoriali vengono prese con rapidità e metodo, senza troppe divergenze d’opinione, stavolta gli animi sono fibrillanti e discordi. Parla Panzieri: propone di pubblicare all’istante un libretto di cento pagine sull’emergere di una nuova diplomazia nucleare americana. Il libretto avrebbe dovuto riprodurre per intero l’ultimo discorso di Kennedy, il Peace Speech del 10 giugno 1963, inneggiante alla fine dei test nucleari nell’atmosfera, al disarmo e al binomio pace & libertà[1]. Ma Solmi è contrario. Sulle dichiarazioni di Kennedy è scettico: «bisogna vedere dove ci sono delle realtà concrete. Bisogna non farsi delle illusioni e bisogna non assecondare queste illusioni». Meglio essere plumbei e addolorati, profeti di sventura, invece di abbracciare la virtù che non dispera mai. Al che Panzieri gli dà del catastrofista e lo accusa di paralizzare le forze della speranza. In molti gli fanno eco: «la speranza è una grande forza politica». Calvino pure si dice d’accordo nel pubblicare il libro, ma è più cauto e pragmatico: «sottolineare questo atteggiamento mi pare che sia utile. Io leggendo i giornali trasecolo a guardare quello che succede». Ma Solmi è inscalfibile: «io non curo il libro. […] Nel momento in cui per volontà di Kennedy si riarma atomicamente l’Italia, noi pubblichiamo un discorso di Kennedy sul disarmo. Questo secondo me è sbagliato». Altre voci si aggiungono, sempre più concitate. La riunione si dilata a dismisura, si sfibra negli obiettivi immediati e da discussione operativa diventa qualcos’altro: un dialogo filosofico sul rapporto tra politica, tecnologia e futuro.
Che una riunione Einaudi potesse deragliare in questo modo è fatto raro. Ma il momento più acceso deve ancora venire: è quando Venturi chiama in causa la posizione dell’Italia all’interno della guerra fredda e il suo ruolo nella strategia del disarmo: «l’Italia dovrebbe stare a parte, in mezzo ai due blocchi senza far niente, distaccata. Questa è la posizione giusta?» chiede polemico, rigurgitante sarcasmo. Gli sembra una posizione assurda. E assurdo gli sembra dunque il silenzio editoriale: «il silenzio non è una risposta a questi problemi». Bisogna fare qualcosa per orientare l’opinione pubblica, per condizionare l’immaginario del disarmo. L’Italia non può crogiolarsi come spettatrice passiva degli eventi, come pedina neutrale sullo scacchiere geopolitico.
No, l’Italia non può restare inerte a guardare. E se non può farlo – occorre qui aggiungere – è perché è storicamente implicata nella questione nucleare. È complice: nel profondo – anche se occupa una zona grigia della responsabilità.
 
2. Storia, geopolitica e letteratura
Che cosa significa vivere nell’era nucleare non come una superpotenza né come una vittima, ma come complici involontari e passivi? È con questa domanda che si apre L’Italia e la bomba. La posizione del paese è descritta da Primo Levi in un’intervista del 1987, durante gli ultimi logorii della guerra fredda: «il pacifismo è ormai accettato dalla quasi totalità della popolazione, […] tuttavia alberghiamo spaventosi arsenali nella speranza (non so quanto fondata) di non doverli usare mai. Siamo quindi inseriti in un mondo che prepara la guerra, e che, per adesso lontano dall’Europa, la sta quotidianamente praticando».
            Primo Levi è chiaro: il tratto fondamentale della politica nucleare italiana è l’ambiguità. A differenza di altri paesi europei, come la Francia e l’Inghilterra, l’Italia non possiede un proprio arsenale nucleare. E però il suo suolo ospita centinaia di armi atomiche americane, al punto che negli anni Sessanta la nazione – stanziando i missili Jupiter che erano in grado di colpire direttamente l’Unione Sovietica – era una vera e propria frontiera della guerra fredda. L’ambivalenza geopolitica dell’Italia sulla scena nucleare globale la rende una complice; anche se si tratta di una complice per molti versi passiva.
Questa condizione di turbata complicità si amplifica se pensiamo alla responsabilità storica del paese nello sviluppo della tecnologia nucleare. I primi esperimenti per la scissione dell’atomo avvennero proprio in Italia, in un laboratorio di una stradina laterale del quartiere Monti di Roma, via Panisperna: era qui che lavoravano Enrico Fermi e la sua cerchia di giovani collaboratori, in parte ebrei. Quando Fermi e i suoi colleghi emigrarono negli Stati Uniti per scampare alle leggi razziali, l’Italia arretrò inesorabilmente in campo scientifico, diventando una presenza subalterna. Ma è nel gruppo di Via Panisperna che l’era atomica affonda le sue radici: il coinvolgimento della nazione nel percorso che portò alla tecnologia funesta è vistoso; anche se si tratta di una responsabilità indiretta. Gli italiani rimasero tra i principali creatori dell’atomica, ma non in Italia. Fu nel campus dell’università di Chicago che Fermi realizzò in gran segreto la prima reazione nucleare a catena autoalimentata: la prova generale della bomba. In un saggio del 1954 Hannah Arendt già osservava con sgomento il fatto che l’Europa, fintamente innocente, considerasse il problema nucleare come un affare di politica estera, quando invece il ruolo degli scienziati europei, e soprattutto italiani, era stato decisivo per l’ideazione dell’atomica.
 Ci troviamo dunque di fronte a una nazione profondamente implicata in un evento ma resa del tutto impotente di fronte ai suoi sviluppi. Questo è un problema geopolitico, ma non solo. Colpisce osservare – l’abbiamo fatto in apertura leggendo il verbale di una riunione Einaudi – come la classe intellettuale italiana dell’epoca dibattesse con animosità la posizione del paese durante la guerra fredda. Tra poco, introducendo Carlo Cassola, verificheremo un’altra occorrenza di quanto il ruolo dell’Italia desse pensiero al mondo culturale di quegli anni. Non mi sembra affatto un caso che l’ambigua mistura di connivenza e marginalità della nazione preoccupasse tanto gli intellettuali italiani. Si potrebbe dire che dentro quella miscela loro fossero invischiati due volte: sia in quanto cittadini consapevoli al massimo grado, sia in quanto intellettuali – e dunque costitutivamente marchiati dalla complicità con un sistema di potere e dalla radicale irrilevanza sul piano decisionale.
La consapevolezza di essere soggetti implicati nella scena nucleare mondiale pervade le opere dei maggiori intellettuali italiani dell’epoca: Italo Calvino, Elsa Morante, Alberto Moravia, Pier Paolo Pasolini e Leonardo Sciascia. Consci della propria marginalità, ma decisi a contrastarla, questi autori affrontano la questione atomica attraverso un’ampia gamma di forme sperimentali, che si accostano all’enormità metafisica del tema in modo spesso allusivo e obliquo. Generalmente liquidate come disimpegnate, deboli, o addirittura giocose, queste opere reclamano invece una lettura politica, che riconosca il loro incessante confronto con i paradossi dell’era nucleare. Attraverso l’analisi dettagliata di queste opere, L’Italia e la bomba ripensa il ruolo dell’intellettuale di fronte alla morte di massa.


Maria Anna Mariani insegna Letteratura italiana alla University of Chicago. Con Carocci ha pubblicato «Sull’autobiografia contemporanea» (2012) e «Primo Levi e Anna Frank» (2018). Il suo libro «Italian Literature in the Nuclear Age» ha vinto l’edizione 2022 del premio MLA per l’italianistica.

Sergio Pilu - LUNGO IL FRONTE - Infinito

 
Sergio Pilu
LUNGO IL FRONTE
Viaggio accidentato nella Jugoslavia scomparsa

prefazione di Silvio Ziliotto
Infinito edizioni
2025
pp. 118, € 15,00
ISBN 9788868618506
 

Libro di viaggio, di conoscenze, di incontri, Lungo il fronte prende per mano il lettore accompagnandolo attraverso un pezzo di storia balcanica ed europea lungo trent’anni, alla ricerca dell’anima dei luoghi e delle persone di località come Srebrenica, Žepa, Mostar, Sarajevo, Priština, la Krajina croata, Vukovar, Bihac, Mitrovica, Spalato, Belgrado… È lo sforzo di capire, uscendo dalle cronache, se e quanto la guerra sia ancora una parte integrante della vita di quella parte di mondo, se e quanto sia un fantasma che alimenta le ossessioni di un adulto che ha girato il mondo ma anche di tanta stampa e politica e di certa cooperazione che sembrano rimaste agli anni Novanta nei resoconti di luoghi raccontati in modo ripetitivo e a volte quasi distopico.
“Vite e frontiere in un viaggio, fatto di tanti viaggi, alla riscoperta dei Balcani”. (Silvio Ziliotto)

Sergio Pilu lavora nel settore del marketing e della comunicazione oltre a essere presidente di un circolo ACLI della periferia milanese e volontario tra Ucraina e rotta balcanica.
Conosce e frequenta da molti anni i Balcani per motivi professionali e personali e ha pubblicato due libri di viaggio, Zona di alienazione su Chernobyl e Il Tunnel su Sarajevo e Srebrenica.

Ole Könnecke - SCAVA, SPIANA, COSTRUISCI - Beisler

 
Ole Könnecke
SCAVA, SPIANA, COSTRUISCI
Piccole storie di grandi macchine

traduzione di Chiara Belliti
Beisler editore
collana Libripinguino,  Età 3-6
agosto 2025
pp. 32, euro 18,50
 
Con Scava, spiana, costruisci, Ole Könnecke ci sorprende ancora una volta. Disegni e parole si sposano alla perfezione, dando vita a un mondo, quello delle grandi macchine, in apparenza freddo e senza anima. Svelandone il cuore caldo tanto amato dai bambini e, perché no, anche dagli adulti.
Pale gommate, ribaltabili frontali, gru telescopiche e perfino mietitrici: queste grandi macchine suscitano un fascino misterioso e irresistibile nei bambini. In questo libro più unico che raro, per bellezza e argomento, Ole Könnecke torna bambino e si cimenta in una sorta di catalogo raccontato e illustrato, attraverso ministorie a doppia pagina, integrate con informazioni utili sulle macchine. Racconti carichi di ironia pungente e di meraviglia, per ridere e imparare seriamente. Così tante e così grandi macchine, e così tante idee sul loro fantasioso utilizzo: la signora Pecora, e anche il signor Lupo, e il signor Cervo e perfino la signora Gallina ne sanno parecchio più di noi. Un esempio: sapevate che per preparare l’impasto dei pancake con una betoniera servono esattamente 32.304 uova?
 
Ole Könnecke, laureato in letteratura tedesca, ora si dedica alla letteratura per bambini. Le sue opere hanno ricevuto prestigiosi premi in Germania ed è considerato uno degli autori che hanno modificato il linguaggio dell’illustrazione per l’infanzia. Dal 1990 ha illustrato oltre 40 libri per bambini, molti dei quali vincitori di prestigiosi premi internazionali.  Beisler Editore ha tradotto i suoi albi più celebri, tra i quali Dulcinea nel bosco stregato, A tutta musica!, la serie dedicata a Camillo, finalista al Premio Nati per Leggere 2014, Le Avventure di Lester e Bob, che ha conquistato nel 2016 il Premio Orbil e il Premio Scelte di Classe, Desperado (2020), Premio Andersen. Con Niente draghi per Celeste! Ole Könnecke ha vinto il Bologna Ragazzi AWARD 2025, Il Premio Strega 2025 – miglior narrazione per immagini e il Premio Andersen 2025– miglior libro 6/9 anni.

Chiara Belliti, editor e traduttrice, cura i romanzi di numerosi autori italiani e ha vinto il Premio Andersen per la traduzione di Rico, Oscar e il Ladro Ombra di Andreas Steinhöfel, per Beisler Editore. Collabora con l’artista Michelangelo Pistoletto, organizza e cura mostre, insegna scrittura alla scuola Holden ed è socia fondatrice dell’associazione Legati al Filo, che mette l’arte al centro dell’innovazione sociale e del cambiamento. Abita in campagna con cani e gatti e, ogni tanto, fra i monti con il suo amore.



Cecilia Frignani - LO STUPRO DI MASSA COME ARMA DI GUERRA - Oligo

 
Cecilia Frignani
LO STUPRO DI MASSA COME ARMA DI GUERRA
Oligo editore
settembre 2025
pp. 212, euro 19
ISBN 9791281000582

 
Da sempre gli uomini violentano le donne, in particolare quando fanno la guerra, atavica attività maschile, in occasione della quale il corpo femminile diventa terra di conquista. Oggi, lo stupro su larga scala è considerato un crimine contro l’umanità e in questo libro ripercorreremo il lungo percorso che ha condotto la famiglia umana a fare i conti con una violenza tanto cruda. Partiremo da una ricostruzione storico-filosofica per cogliere l’origine latente della violenza di genere, guardando ad Aristotele e Galeno, ma anche alle teorie sulla nascita dell’agricoltura, osservando come nell’antichità la donna fosse considerata un bene a disposizione dell’uomo, un bene che in guerra può (e deve) essere razziato. Con il tempo, lo stupro da effetto collaterale è diventato un’arma vera e propria; a tal proposito esamineremo quanto sul finire del Novecento è accaduto in ex-Jugoslavia e in Ruanda, tristi vicende da cui però ha mosso i primi passi la giustizia internazionale. Concluderemo con un’esame sull’attualità della disparità di genere nel mondo, offrendo anche spunti di speranza.
 
Più volte, man mano che andavo avanti a scrivere le pagine che seguono, mi sono infuriata. Ho letto, raccolto e inserito all’interno di questo lavoro testimonianze agghiaccianti e disumane di tantissime donne abusate e violentate, e fin da subito mi sono domandata del perché, in tutti questi anni di studio, non avessi mai trovato tra le mani un libro di storia che parlasse del calvario delle donne. Da sempre le donne sono vittime di stupri, violenze e fenomeni di schiavismo. Questi fatti in particolar modo sono un elemento costante dei conflitti bellici, antichi, moderni e purtroppo contemporanei.
 
Cecilia Frignani, giornalista di TeleMantova, ha conseguito la laureata specialistica in Scienze Filosofiche, all’interno della quale ha approfondito gli studi di Filosofia del Diritto


Éntula a Cagliari: Daniele Marzeddu presenta "Films of Sicily and Sardinia"

 
Daniele Marzeddu
FILMS OF SICILY AND SARDINIA
Sulle tracce di D.H. Lawrence

prefazione di Simon Hill
LOW edizioni
collana Blow Up
ottobre 2024
pp. 180, ill. in b/n, euro 24
ISBN 979-12-81531-09-3

 
Quando nell’inverno del 1921 D.H. Lawrence, in Sicilia con la moglie Frieda, decise di intraprendere un viaggio alla scoperta della Sardegna, non avrebbe di certo immaginato il portato culturale di quell’avventura raccontata nero su bianco in Sea and Sardinia.
Nonostante la brevità del tour, lo scrittore inglese seppe infatti restituire un’immagine poetica dell’isola e delle sue genti, riconoscibile ancora oggi.
A distanza di un secolo, il fotografo Daniele Marzeddu ha ripercorso le tappe di quell’avventura con l’intenzione di costruire un ponte tra la Sardegna e le altre terre oltremare, indagando se sia rimasta qualche memoria di quel viaggio, al di là delle targhe e dei busti commemorativi in varie parti d’Italia.
Visioni sonore di Michele Bertoni, compositore.
Prefazione di Simon Hill, presidente della Royal Photographic Society of GB.
 
Ex musicista e animatore culturale, Daniele Marzeddu fotografa dall’età di sette anni. Ha studiato Beni Culturali a Ca’ Foscari, Venezia, e dopo varie peregrinazioni in giro per l’Europa vive da dieci anni in Gran Bretagna, dov’è socio della Royal Photographic Society of GB e della NN Contemporary Art of Northampton.
Collabora a progetti di visual art.



FILMS OF SICILY AND SARDINIA
Sulle tracce di D.H. Lawrence

di e con Daniele Marzeddu
con gli interventi di Michele Bertoni
 Babeuf | tè, vino e letture lente, 
in via Giardini 147A, ore 18.30
mercoledì 3 settembre