mercoledì 2 luglio 2025

Andreina Contessa - I GIARDINI DI MIRAMARE - Olschki

 
Andreina Contessa
I GIARDINI DI MIRAMARE
Da parco eclettico a museo verde

Olschki
Giardini e paesaggio. I pomi delle Esperidi, 4
2025
pp. x-228 pp., con 202 figg. n.t. a colori, € 60, rilegato
ISBN 9788822269911

Esito della visione del colto arciduca Ferdinando Massimiliano d’Asburgo, appassionato di scienze e viaggi, il parco-giardino di Miramare costituisce un progetto intelligente e innovativo, che ospita una collezione botanica cosmopolita e il connubio eclettico di diverse concezioni di giardini. Questo libro studia e rivela un luogo spettacolare, a partire dal contesto storico-culturale in cui è stato prodotto a metà dell’Ottocento; il grande lavoro di conservazione e valorizzazione condotto negli ultimi anni ha reso questo giardino storico nazionale un vivace e accogliente museo verde sostenibile, capace di confrontarsi con la contemporaneità.

Prefazione di Alberta Campitelli

Il complesso di Castello e Parco di Miramare fa parte di quella rete di residenze aristocratiche e reali presenti lungo tutta la penisola quale eredità della nostra particolare storia politica e sociale, quale portato di una frammentazione e diversità che si è esplicata anche sul piano dei modelli di riferimento culturale. I vari siti reali che compongono questa rete condividono, fondamentalmente, la destinazione d’uso, l’essere stati, cioè, residenze di famiglie regnanti su stati più o meno grandi ma comunque dotati di autonomia. Per quanto riguarda la tipologia, assistiamo alla declinazione degli stili architettonici degli edifici e dell’assetto dei giardini più disparati: dai modelli tardo barocchi a quelli neoclassici, fino ad esempi eclettici come nel caso del Castello e Parco di Miramare. Diverse sono anche le dimensioni, in genere monumentali ma calibrate rispetto ai siti e all’estensione del dominio territoriale. Un elemento accomuna tutte queste residenze nobili e reali: ognuna di essa, accanto al Palazzo-Reggia, comprende la dotazione di un giardino o di un parco. Anche in questo caso vi sono considerevoli differenziazioni, passando da spazi limitati quali quelli del Palazzo Reale di Napoli, situato in ambito urbano, al grande parco della Reggia di Caserta fino allo sconfinato parco di 750 ettari della Reggia di Monza. Il giardino e il parco erano elementi costitutivi della rappresentazione ed esibizione del potere: teatro di feste ed eventi celebrativi ma anche luogo dove, attraverso simboli e allusioni, venivano trasmessi messaggi indirizzati, su più livelli, sia ai “sudditi” sia agli alleati, sia ai nemici. Nell’evolversi degli stili e nelle diverse forme di potere, queste caratteristiche sono sempre presenti e si inseriscono in giardini connotati come spazi di innovazione, di sperimentazione creativa, dove proiettare visioni e illusioni, quasi un mondo a sé. Il ruolo fondamentale che i giardini rivestivano nelle residenze reali è testimoniato dal fatto che moltissime raffigurazioni del regnante di turno e della sua famiglia, avevano proprio come scenario e fondale i giardini, piuttosto che i saloni della reggia.


La grande stagione delle residenze reali della penisola si sviluppa lungo i secoli XVII e XVIII: il più precoce e vasto è il sistema delle residenze sabaude in Piemonte, concepito già nel 1563 dal duca Emanuele Filiberto quando Torino diviene capitale dello Stato, ma che ha la sua fioritura nel secolo successivo e prosegue in pieno Settecento. In questo secolo si afferma un altro articolato sistema territoriale, quello avviato a partire dal 1735 da Carlo di Borbone e che ha il suo fulcro nella vanvitelliana Reggia di Caserta. Gli esempi citati costituiscono dei grandi sistemi, con varietà di edifici e altrettante varietà di assetti dei giardini: si pensi al parco di Caserta che assomma il disegno monumentale e scenografico di Luigi Vanvitelli, che risente di echi della tradizione barocca e lenotriana, al Giardino inglese, uno dei primi esempi di introduzione di una nuova visione del giardino e del rapporto uomo-natura. In questo scenario il Castello e Parco di Miramare costituiscono un episodio del tutto eccentrico rispetto alle altre residenze per diverse caratteristiche. La realizzazione prende infatti l’avvio subito dopo la metà del XIX secolo, per volere dell’arciduca Massimiliano d’Asburgo – fratello dell’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe – e della consorte Carlotta del Belgio, in anni in cui la nobiltà aveva subito il devastante impatto della Rivoluzione francese e dell’occupazione napoleonica e si trovava a fronteggiare i ripetuti moti indipendentisti che nel volgere di pochi anni avrebbero portato alla dissoluzione dei diversi Stati, unificati in un’Italia unita sotto la dinastia sabauda. Non si hanno, pertanto, nel corso dell’Ottocento, altri esempi di grande committenza nobiliare, con pochissime eccezioni. Il caso di Miramare è quindi del tutto peculiare e legato alla storia di un committente dalla vita avventurosa e tragica. A Massimiliano, che dopo diversi soggiorni in residenze in altri siti, aveva scelto quale luogo del cuore lo splendido promontorio affacciato sul Golfo di Trieste, era stata offerta la corona imperiale del Messico. Seguendo questo sogno, lasciando la tanto vagheggiata residenza di Miramare, in quella terra lontana aveva trovato la morte. Miramare rappresenta il progetto di un uomo colto e appassionato, che vi ha proiettato una visione innovativa, consapevole della portata della tradizione ma anche dell’importanza di aprirsi a nuovi scenari. È un complesso da leggere e interpretare seguendo diversi filoni di indagine, quali i modelli, i riferimenti culturali, i messaggi contenuti. Questo libro, per la prima volta, ci offre una visione di questo luogo sotto tutti i punti di vista e, non a caso, il suo carattere vi viene così sintetizzato: “eclettico, cosmopolita, sperimentale”. Dotata di una solida e vasta conoscenza degli studi sui giardini in un’ottica internazionale, come dimostra l’ampia bibliografia di riferimento, l’autrice affronta e analizza in un’ottica globale tutti gli aspetti che compongono uno scenario articolato e multiforme e, grazie anche a numerosi documenti d’archivio (in molti casi inediti), ricostruisce tutte le fasi di questo progetto, la sua evoluzione, il suo ruolo, fino all’aspetto che oggi si presenta a noi. Vengono messe in luce le relazioni internazionali dell’arciduca, la sua conoscenza dei giardini europei, a partire dal mirabile parco reale dell’amata Schönbrunn e dal giardino di Sanssouci a Potsdam che in tanti elementi – non ultime le architetture di Karl Fredrich Schinkel – lo hanno certamente ispirato. Massimiliano conosceva bene anche i giardini italiani, aveva ammirato in particolare la Reggia di Caserta e lo splendore dei giardini siciliani di Bagheria, e non a caso aveva voluto portare un segno di forte e solare mediterraneità nella orangerie, per avere piante di agrumi anche nel rigido clima triestino. La sua conoscenza è documentata dalle lettere e dalle note che ha lasciato, e anche dalla sua biblioteca, di recente riordinata e qui analizzata, quale fonte di ispirazione in quanto ricca di testi sui giardini.3 Il risultato di questa complessa e multiforme cultura dell’arciduca si riflette in un giardino giustamente definito eclettico, in cui diverse tipologie convivono armoniosamente e dove, ad esempio, piante autoctone affiancano quelle esotiche, ottenute grazie a reti di rapporti quali quello del giardiniere dell’arciduca, Anton Jelinek, con Philip Franz Balthasar von Siebold, medico naturalista, botanico e viaggiatore, che aveva fornito per Miramare particolari e pregiate piante giapponesi. Lo scambio di piante aveva una lunga tradizione che l’arciduca coltivava con passione. Va ricordato che lo stemma scelto da Massimiliano contiene l’ananas, frutto che viene riprodotto come elemento identitario negli arredi del Castello. L’ananas era infatti definito “il re dei frutti”, e la sua diffusione, dalla seconda metà del Seicento, aveva interessato tutti i paesi europei: molti giardini di epoche precedenti sono stati manomessi proprio per creare serre per la coltivazione degli ananas e l’importanza che veniva data a questo frutto è testimoniata dal dipinto del 1675 di H. Danckerts che raffigura il re d’Inghilterra Carlo II mentre il suo giardiniere gli porge il frutto che, per la prima volta, era riuscito a far maturare in serra.4 Il giardino rispecchia quindi la multiforme cultura del committente, le sue radici mitteleuropee e il suo amore per la mediterraneità: ne risulta una successione di microcosmi organizzati per aree tematiche che comprendono, tra le altre, il Boschetto dei Pruni, il Sentiero delle Camelie, il Boschetto dei Corbezzoli. Tutto il complesso è stato in questi anni oggetto, in parallelo, di ricerche approfondite e di interventi mirati e sostanziali che non solo hanno restituito al Parco il disegno originario, ma hanno introdotto importanti innovazioni mirate ad accrescere la sostenibilità e, almeno in parte, a mitigare i cambiamenti climatici in atto. Tra gli interventi da segnalare si citano la creazione negli Orti di Massimiliano di un vivaio contemporaneo per il ricambio di piante future, la produttività con la produzione delle marmellate “amare” che costituiscono un elemento mirato alla contemporaneità e al futuro che va oltre la dimensione dell’Ottocento. Sempre nell’ambito della sostenibilità vi è inoltre la creazione della banca del germoplasma, l’installazione di una stazione metereologica per monitorare piogge e siccità e misurare l’uso dell’acqua, la digitalizzazione della collezione arborea e di un piano di manutenzione, la costituzione di un’area compostabile: sono progetti che portano un segno molto attuale improntato all’innovazione e presuppongono una coscienza sensibile ai problemi della sostenibilità. Molteplici sono quindi i motivi di pregio di questo volume, un vero viaggio alla scoperta di un luogo spettacolare che meritava un’indagine specifica a tutto campo, e anche un resoconto del grande lavoro di conservazione e valorizzazione condotto, segnando un approccio metodologico corretto e consapevole.

Andreina Contessa, direttrice del Museo Storico e Parco del Castello di Miramare, è storica dell’arte, specialista in arte medievale e moderna, dirigente museale e curatrice di mostre e allestimenti; si occupa di conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico, cura e manutenzione di musei verdi, accessibilità e sostenibilità, coniugando esperienza direttiva di interesse culturale con la passione per la ricerca. Italiana, vive a Trieste dal giugno 2017, dopo un lungo periodo trascorso a Gerusalemme, dove ha studiato e insegnato alla Hebrew University of Jerusalem e lavorato come curatrice museale. Al suo attivo libri e molti saggi apparsi in pubblicazioni scientifiche internazionali

Nessun commento:

Posta un commento