Juhani Karila
PESCA ESTIVA IN LAPPONIA
(titolo originale Pienen hauen pyydystys, Siltala Publishing, 2019)
traduzione di Delfina Sessa
Fazi editore
collana Le strade / 601
giugno 2025
pp. 312, euro 18
ISBN 9791259673749
in copertina illustrazione di Flavia Remotti
La traduzione di quest’opera è stata realizzata con il contributo del Finnish Literature Exchange
Come ogni estate, la giovane ricercatrice Elina Ylijaako fa ritorno nella sua terra d’origine, la Lapponia orientale: una terra selvaggia e misteriosa, costellata di paludi e laghi, dove le creature leggendarie sono molto più numerose degli umani. Elina è silenziosa e solitaria, vive più che altro di ricordi e cerca di evitare le attenzioni dei compaesani. Deve pescare un luccio entro il 18 giugno, ma non un luccio qualunque: sempre lo stesso luccio, nello stesso stagno. Quest’anno, però, il pesce non abbocca e il tritone Näkki, dio delle acque capace di far innamorare perdutamente chiunque lo guardi negli occhi, è deciso a ostacolare Elina. Come se non bastasse, giunge in paese la detective Janatuinen, che sta indagando proprio sul suo conto. Inizialmente spaventata da questa terra che sembra governata da leggi proprie, la poliziotta comincia a parlare con la gente del villaggio e scopre che la famiglia Ylijaako non gode affatto di una buona reputazione… Riuscirà Elina a catturare il luccio e a neutralizzare la maledizione che grava su di lei? Riuscirà la detective Janatuinen a tornare alla civiltà sana e salva? E perché la Lapponia in estate è così strana?
L’esordio del finlandese Juhani Karila, un libro originale, toccante e divertente, è un romanzo che sfida ogni genere; audace miscela di fantastico, fiaba popolare e scrittura naturalistica sullo sfondo del suggestivo paesaggio lappone, racconta una storia surreale che affronta temi universali come la perdita, la crescita personale, l’amore e la discriminazione.
«Coinvolgente fin dall’inizio, incredibilmente affascinante, pieno di humour, magia e profonda, commovente umanità. Mi ha trasportata in un mondo allo stesso tempo familiare e completamente sconosciuto, incantandomi a ogni pagina». - Claire North
«Questa fusione tra giallo e fantastico folcloristico è perfetta, né troppo stravagante né troppo seria; mostra un’adorabile consapevolezza della propria assurdità e ci ricorda l’importanza di imparare, in età adulta, a perdonare se stessi per le follie giovanili. La Lapponia e i suoi abitanti risultano al contempo assolutamente incantevoli e totalmente folli». - «Financial Times»
«Karila è fantasioso e divertente anche quando gli elementi folcloristici della storia scendono nell’oscurità e nell’inquietudine, e abbraccia con entusiasmo questo paesaggio dimenticato da Dio e chi lo abita. Una contorta lettera d’amore alla rurale e misteriosa Lapponia che lascia un ricordo indelebile». - «Publishers Weekly»
«Un mix tra storia d’amore e thriller, realismo e fantastico… potrebbe curare il peggior caso di mancanza di senso dell’umorismo». - «Raijan Kirjareppu»
Un estratto
Ci avviciniamo allo stagno dalla stratosfera.
Prima avvistiamo la Lapponia con tutte le sue parti, che sono: 1) La Lapponia occidentale: elettrizzante. Con la sua Levi e gli altri paradisi dello sci, le sue sorprese, il suo dialetto, i suoi Timo Mukka, Kalervo Palsa e Reidar Särestöniemi. 2) La Lapponia del nord: esotica. Con i sami, i caratteristici colli e i branchi di renne che li popolano, il lago Inari e i salmerini che ci sguazzano. 3) La Lapponia orientale: balorda. Paludi e zanzare a volontà. Non se la fila nessuno.
Nessuno tranne noi.
Scendiamo in picchiata verso di lei, anche se i venti ci soffiano contro. Roba da non credere. Anche il pianeta vuole spingerci a ovest.
Ma io le mie leggi di natura me le faccio da me.
Ci arriviamo dall’alto così ti fai un’idea. La Lapponia è grande. Anche se sei già a Sodankylä, praticamente al centro della Lapponia, tirando dritto filato verso nord ti ci vogliono qualcosa come cinque ore di macchina per raggiungere il Mar Glaciale Artico. No, come non detto: l’automobile non è un buon parametro. Qui non ci sono tante strade. Né case. Né esseri umani. Vasti altopiani tra i corsi d’acqua, ecco cosa c’è. Chiazze di zolle indefinite, come se dio, dopo aver sistemato altrove prati e brughiere e foreste pluviali, avesse sparpagliato i rimasugli su queste lande nordiche. Che testa di cazzo, quello lì! Sto esagerando. Gli altopiani sono belli. Tutto il resto, invece… Ma non voglio mica lamentarmi, assolutamente. Qui non c’è nessuno, quindi c’è spazio. La sostanza della Lapponia sta nella combinazione della sua grande estensione con il vuoto. Una distesa di abeti sbrindellati fin oltre l’orizzonte, una desolazione spaventosa che ammutolisce le persone e rafforza i miti. I miti si alimentano di paura. Prendono corpo in mostri che scorrazzano per le paludi come marchingegni innescati in tempi remoti, che ormai nessuno è più in grado di spegnere. Alcuni nuotano nelle acque scure, altri si acquattano nelle soffittature, con gli occhi tondi e lucenti come quelli delle civette. E in lontananza, fuori dai villaggi, oltre i boschi, i laghi e le torbiere, creature senza nome scrutano dalle cime dei colli il loro regno e le fioche luci delle case.
Restringi l’obiettivo su quell’affluente del Kemijoki, il Kitinen. All’altezza di quel villaggio lì, che porta il nome di Vuopio, forma due insenature, una piccola e una grande. Noi puntiamo alla piccola, che chiamano Pikku-Uopaja, cioè ‘baia piccola’. È rotonda, piccola. E profonda. Sul fondale crescono lucci grandi come tronchi… Al centro dell’insenatura grande, che chiamano Iso-Uopaja, vale a dire ‘baia grande’, c’è un’isoletta conosciuta come Manolaissaari, l’‘Isola delle anime andate’. Lì si aggira Olli Nocinbocca. Ma non è lì che stiamo andando, sto puntando un po’ di lato, vedi quel ruscello che nasce dall’insenatura grande? Atterriamo lì accanto con un tocco leggiadro, come farfalle. O invece ci schiantiamo. Ci siamo… splash! Visto che atterraggio morbido? Per forza, ammarare in una palude a giugno… Aspetta che ti tiro fuori dal fango, spluf plooop. E ora una bella sberletta, così: bam!
È con gran piacere che ti do il benvenuto nel mondo. Non guardare me, guardati intorno. Che visione perfetta. Un tordo bottaccio su un pino intona il suo canto nuziale e dall’acqua, lì davanti, si solleva una nuvola nera di zanzare.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Insopportabile, non ti pare? Ci si abitua. No, non toglierti il fango di dosso! È un’ottima protezione.
iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii
Seguiamo il ruscello che scorre tra l’erba. Che burloni gli insetti pattinatori! Cerca di camminare sulle zolle: traballano sotto gli stivali, è vero, ma reggono; se invece metti il piede negli interstizi, sprofondi nella palude fino alla coscia. A quel punto entrano in azione i mostri della torba, che tirano via gli stivali di gomma e mordono le piante dei piedi. Non è per niente una bella sensazione. Una volta nella torbiera di Saukkoaapa… Ecco, gli insetti ematofagi ci hanno raggiunto e si arrampicano su di noi. Guarda come picchiano con il muso. Non ti muovere! Tanto non riusciranno a penetrare lo strato di fango che si è indurito e ci avvolge come un cappotto.
Ringrazia il cielo che in giro non c’è un culicidorco. Sono grandi come elicotteri. Una canaglia di quelle è capace di sollevare in aria una persona adulta, infilarle la proboscide in un occhio e succhiarle le interiora. E appendere quel che resta del cadavere sui rami dei salici, una pellecchia vuota che resta a sventolare come un panno appeso.
A destra, sull’argine, si scorge la casa degli Ylijaako. È disabitata da tempo, ma presto si animerà.
Ci credi se ti dico che un mese fa qui c’era un metro e mezzo d’acqua? A primavera, con il disgelo, le acque formano un grande lago. Il posto dove siamo atterrati diventa, per una settimana, ottimo per pescarci i lavarelli.
Vedi quel passaggio battuto, quella specie di sentiero? L’ha fatto l’eroina della nostra storia. E lì riecco il nostro ruscello. Seguiamolo come fosse un arcobaleno, alla fine troveremo un tesoro. Ma prima, ancora salici. Anche il saliceto è piegato in due, quasi che qualcuno ci abbia aperto un passaggio, e infatti è andata proprio così.
In mezzo al saliceto troviamo il Perälampi, uno stagno poco profondo, pieno di humus e di coregoni rinvigoriti dalle sostanze nutritive. Grossi come guanti da cucina.
Sbrigati, forza! Pensavi che fossimo arrivati a destinazione, vero? Macché. Dopo il saliceto ci sono altre paludi, di sfagno e non. E per finire altri cento metri lungo le sponde di acquitrini erbosi.
Le zolle continuano a diguazzare…
A volte ho la sensazione che il mondo non affonderà nel mare e non si desertificherà, ma semplicemente s’impaluderà: i campi saranno inghiottiti dalle paludi, i centri abitati saranno inghiottiti dalle paludi. I cartelli stradali, le rotonde, i grattacieli… tutti inghiottiti dalle paludi. Perfino le dorsali rocciose e le montagne sprofonderanno nelle paludi, che ricopriranno laghi e oceani come una fastidiosa malattia finché i pesci non vedranno più il sole e dall’Africa si potrà raggiungere a piedi l’America attraverso un’uniforme distesa ondeggiante gremita di eriofori, e l’intero globo sarà una zolla molliccia e gorgogliante dove si udirà solo il ronzio delle zanzare, e su quella enorme zolla un nuovo essere intelligente si aggirerà con lunghe gambe e movimenti meccanici.
Ma per quello c’è ancora tempo, e adesso ho una buona notizia. Ci siamo quasi. Sì, siamo diretti allo stagno che si intravede lì davanti.
Ecco a te il Seiväslampi.
Se il Perälampi è poco profondo, figurati questo. Trenta centimetri al massimo. Ma è tutto relativo. L’acqua è densa come una zuppa di piselli e lì, in mezzo a quella poltiglia, c’è un luccio.
Questo è il palcoscenico della nostra storia, quello lì sul fondo è il melmoso protagonista. O meglio: uno dei protagonisti.
Per questo siamo arrivati fin qui.
Ma ascolta! Come fa un luccio a finire in un pantano come questo? Come ti dicevo, a maggio qui c’era un lago. Con l’arrivo di giugno l’acqua comincia ad abbassarsi a vista d’occhio e i pesci, rallentati dal gelo, non capiscono che dovrebbero dare una botta di pinna e tagliare la corda finché possono, mettendosi in salvo nel fiume Kitinen. Alcuni restano lì a girare in tondo da fessi, come fanno in tanti quando si trovano a un punto di svolta nella vita, fino a che si rendono conto di essere prigionieri di un pantano. A quel punto è un gioco a eliminazione: i pesci si cibano gli uni degli altri. In questo stagno resta di solito qualche luccio, un branco di pesci persico e diversi rutili. I rutili vengono divorati per primi, poi i pesci persico più piccoli. E così via.
Alla fine resta solo un luccio. Che non se la passa affatto bene. Per sfamarsi è costretto a dare la caccia ai coleotteri che corrono a filo d’acqua e quella volta che gli va bene s’imbatte in un’arvicola tonta che è andata a farsi una nuotatina… Il luccio è condannato a star lì in ammollo, mentre dimagrisce e aspetta la morte.
Hai sentito? La nostra eroina ha sbattuto la portiera. È arrivata a casa Ylijaako. Significa che siamo pronti. Ha tre giorni di tempo. Io non ho più neanche un secondo: ecco che scivolo nella palude. No, grazie, non mi serve aiuto, è tutto normale. Ero qui di passaggio, a farti da guida. E ricordati…
Juhani Karila, nato nel 1985 in Finlandia, ha un master in Teoria della comunicazione, è scrittore e giornalista. Ha pubblicato due raccolte di racconti. Pesca estiva in Lapponia è il suo romanzo d’esordio. Bestseller in Finlandia, è in fase di pubblicazione in venti paesi e ha vinto svariati premi: Kalevi Jäntin palkinto, Tähtifantasia-palkinto, Jarkko Laine-palkinto, Lappi-kirjallisuuspalkinto e Silver Foreword Indies Award.
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