sabato 14 settembre 2024

Marlen Haushofer - NOI E LA MORTE DI STELLA - L'Orma

 
Marlen Haushofer
NOI E LA MORTE DI STELLA
(titolo originale Wir töten Stella, 1958)
traduzione di Eusebio Trabucchi
L'Orma editore
Collana Kreuzville Aleph
luglio 2024
pp. 96, euro 15
ISBN 9791254760888

Chi ha ucciso Stella? Cos’è successo dal giorno in cui la diciannovenne è arrivata in città, ospite di Anna e Richard, a quello in cui è stata investita da un camion?
È la stessa Anna a chiederselo, seduta alla finestra mentre guarda il suo amato giardino, ogni giorno più distante, e comincia a scrivere in cerca di un’impossibile risposta. Quella che prende forma è una storia intessuta delle ipocrisie del marito Richard, del celato disprezzo del figlio Wolfgang e della cinica impotenza della donna che la racconta. Per capriccio, o forse per malevolo istinto, era stata proprio Anna a iniziare Stella alle regole di un gioco sociale in cui la ragazza aveva finito per soccombere, abbandonando «con la stessa sprovveduta abnegazione con la quale vi si era gettata dentro» la vita che stava appena imparando a conoscere.
Pubblicato nel 1958, Noi e la morte di Stella è il diario di una catastrofe annunciata, la confessione di una donna tradita e stanca, testimone complice di un delitto senza castigo né redenzione. Con una voce perfida Marlen Haushofer mette a nudo una società borghese e patriarcale in cui le buone maniere sono il segno della più atroce indifferenza e la cortesia è una virtù da assassini.
 
L'incipit
Sono sola, Richard è andato dalla madre coi ragazzi per il fine settimana e ho chiamato la donna di servizio per dirle di non venire. Ovviamente Richard mi ha chiesto di andare con loro, ma soltanto perché sapeva che avrei detto di no. La mia presenza sarebbe stata solo d’intralcio per lui e Annette. E poi avevo voglia di starmene finalmente per conto mio. Adesso ho due giorni davanti a me, due giorni di tempo per scrivere quel che devo scrivere. Ma non riesco a concentrarmi da quando sul tiglio c’è quell’uccello che pigola. Avrei preferito non averlo scoperto, stamattina. È tutto merito del mio brutto vizio di trascorrere ore alla finestra a fissare il giardino. Se avessi lanciato fuori soltanto un’occhiata fugace, non ci avrei neppure fatto caso. Ha le piume dello stesso color grigioverde della corteccia dell’albero. L’ho notato solo dopo una mezz’ora, quando ha iniziato a pigolare e a battere le ali. È ancora troppo piccolo, non sa spiccare il volo e men che meno acchiappare gli insetti. All’inizio pensavo che la madre sarebbe subito tornata per riportarlo nel nido, ma ancora non è arrivata. Ho chiuso la finestra, eppure lo sento ancora pigolare. Verrà a prenderlo, è sicuro. Può darsi che abbia anche altri piccoli a cui badare. Del resto la creaturina strepita talmente forte che la madre, se è ancora viva, deve sentirlo per forza. È ridicolo che un minuscolo uccellino mi faccia innervosire in tal modo – è un segno del pessimo stato dei miei nervi. Già da alcune settimane i miei nervi sono in questo stato pietoso. Non tollero il benché minimo rumore, e a volte, quando vado a fare la spesa, d’improvviso mi tremano le ginocchia e prendo a sudare. Sento le gocce fredde e appiccicose scorrermi sul petto e sulle cosce, e ho paura. Adesso non ho paura, perché in camera mia non mi può succedere nulla. D’altra parte se ne sono andati tutti. Basterebbe soltanto che il vetro della finestra fosse più spesso e non sentirei più quel pigolio. Se Wolfgang fosse qui cercherebbe di salvare l’uccellino, ma ovviamente non saprebbe cosa fare, proprio come me. Tocca aspettare, mamma uccello arriverà. Deve arrivare. Lo spero con tutte le mie forze. Del resto neanche per strada mi può succedere nulla. Santo cielo, chi mai dovrebbe farmi del male? E seppure finissi sotto una macchina non sarebbe niente di grave, insomma, perlomeno niente di grave per davvero. E poi sono talmente prudente. Prima di attraversare per abitudine guardo sempre sia a destra che a sinistra, come mi hanno insegnato da bambina. Mi fa paura solo il vuoto intorno a me. Ma non ci si fa caso, finora nessuno l’ha notato. La madre sarà tutt’al più nel giardino accanto, o in quello dopo ancora. Qui tutte le case hanno un giardino, il nostro è uno dei più grandi e dei più trascurati. È lì soltanto perché io possa vederlo dalla finestra. Con il caldo che è venuto il tiglio ha finalmente messo le foglie. Quest’anno è tutto in ritardo di settimane. Sì, da qualche anno ho l’impressione che le stagioni stiano pian piano slittando. Che fine hanno fatto le estati roventi della mia infanzia, gli inverni nevosi e le primavere titubanti, che si schiudevano a poco a poco?

Marlen Haushofer, nata Marie Helene Frauendorfer (Frauenstein, 11 aprile 1920 – Vienna, 21 marzo 1970) è stata una scrittrice austriaca. Definita dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung «un’autrice che diviene più attuale ogni anno che passa», viene accostata a Ingeborg Bachmann ed è tradotta in molte lingue. Nei suoi romanzi e racconti ha descritto la condizione femminile con spietato realismo, senza disdegnare a volte invenzioni fantastiche dal potente portato allegorico.
Dopo un periodo di oblio, la sua opera è tornata in auge grazie ai movimenti femministi degli anni Settanta, e da allora viene costantemente ripubblicata.

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