sabato 14 settembre 2024

Tin Ujević - COLLANA - Ronzani


Tin Ujević
COLLANA
(Titolo originale Kolajna, 1926)
traduzione e cura di Ugo Vesselizza
Ronzani Editore
Collana Poesia
settembre 2024
pp. 136, Euro 15
ISBN 9791259971883


Collana, scritta a Parigi – dove Tin Ujević visse dal 1913 al 1919 – probabilmente durante e immediatamente dopo la fine della Grande Guerra, e pubblicata per la prima volta a Belgrado nel 1926, è unanimemente considerata uno dei più bei canzonieri novecenteschi della poesia croata. A distanza di quasi un secolo dalla prima edizione, Ugo Vesselizza, poeta istriano tra i più appartati – «con qualche cosa di importante da dirci, qualche cosa di urgente dalla riva orientale dell’Adriatico» (così, Stefano Dal Bianco) – ci offre finalmente, dopo alcune prospezioni parziali, la sua versione-riscrittura integrale: frutto di un corpo a corpo strenuo con l’originale, durato più di trent’anni, e con un esito che vuole e deve apparire spiazzante. Che vuole e deve rinunciare all’ossequio del «gusto attuale» per rendere giustizia a quella che egli chiama «la stravaganza di Collana», la sua «novità restauratrice», ossia «un tradizionalismo ragionato, un petrarchismo progettuale, un classicismo tipicamente modernista». Poiché «Ujević, nella rara consequenzialità del suo virtuosismo sonettistico, compie il salto mortale, la sintesi che riempie il crepaccio spirituale tra classico e romantico, tra la poesia cortese, stilnovistica e dei suoi trovatori ragusei e la poesia del decadentismo. Sempre che la poesia antica, quel mondo di idealità e cortesie, sia guardato in controluce, con nostalgico intellettualismo e mesta ironia insieme».
 
Tin Ujević, ancora nel secondo dopoguerra, per le strade di Zagabria si poteva incontrare Tin (Augustin) Ujević (1891-1955) con il suo grosso cappello da bohémien e il cappotto allacciato con uno spago. Dedito alla poesia come unico ideale, come riscatto di tutto ciò che aveva perduto nei suoi pellegrinaggi dalla nativa Vrgorac (in Dalmazia) a Spalato, a Zagabria, a Parigi, a Belgrado, a Sarajevo, questo eterno vagabondo dalla scrittura straordinariamente ricca ed erudita, certamente il più grande poeta croato del Novecento, ha sempre trasposto in versi le esperienze della ‘tragica vita’. La vita, l’amore, la morte sono i suoi temi ossessivi. E se sono rintracciabili nella sua opera – un opus poetico e saggistico ricchissimo – echi dal simbolismo, da Poe, dal surrealismo, dall’ascetismo cristiano e dal misticismo orientale, quel che più conta è il suo eccentrico isolamento, in poesia come nella vita, un percorso alieno da concessioni a scuole e movimenti letterari, una sempre rinnovata magia della parola in una lingua difficile e in forme rigorosamente classiche.


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