martedì 22 ottobre 2024

Annie Proulx - HO SEMPRE AMATO QUESTO POSTO - minimum fax

 
Annie Proulx
HO SEMPRE AMATO QUESTO POSTO
Storie del Wyoming / 3

(titolo originale Fine Just the Way It is, 2008)
traduzione di Silvia Pareschi
minimum fax
ottobre 2024
pp. 245, euro 16
ISBN 978-88-3389-572-7

«Nessuno è felice come due giovani innamorati nella casetta che hanno costruito con le proprie mani in un luogo fatto di bellezza e solitudine», scrive Annie Proulx a proposito di una coppia di sposini che cerca di mettere dimora nella brulla prateria spazzata dal vento: di tanto in tanto, come nota il New York Times, nel mondo di Annie Proulx – un mondo in cui la furia degli elementi è letale, e gli uomini non sono molto meglio – si intravede un fugace scorcio del giardino dell’Eden.
In questi nove racconti, spesso segnati da una tristezza ineluttabile, tutti i personaggi sono, in qualche modo, dei pionieri, che lottano disperatamente per conquistare un ritaglio di paradiso in una terra impietosa. Con la sua prosa composta e struggente, il suo sorprendente senso dell’umorismo e la sua incrollabile compassione, Proulx dipinge un panorama feroce e viscerale, brutale e magnifico, abitato da generazioni di americani che lottano disperatamente per sopravvivere in una terra difficile da amare, le cui vite, grazie al potere del mito, si trasformano in letteratura: vividi dettagli di vita rurale si mescolano a frammenti di folklore, la brutalità della cultura tradizionale si mescola ai tratti, appena addolciti, del West moderno e i piccoli eventi quotidiani si fondono in modo quasi operistico con il clima selvaggio.
Pubblicato a dieci anni dal primo volume delle Storie del Wyoming – quello che conteneva il celebre «Brokeback Mountain» – Ho sempre amato questo posto aggiunge un nuovo tassello al monumentale affresco con il quale il Premio Pulitzer Annie Proulx ha riscritto il mito del Far West.

L'incipit
La Mellowhorn Home era un edificio di tronchi a un piano e a pianta irregolare, arredato in stile western: mobili rivestiti di stoffa a motivi geometrici «indiani», paralumi con frange di pelle scamosciata. Alle pareti erano appese le teste di cervo mulo del signor Mellowhorn e una sega trasversale a doppio manico. Era il periodo dell’anno in cui Berenice Pann avvertiva l’ingresso della terra nell’oscurità, non un buon periodo, pensava, per cominciare un lavoro, soprattutto se deprimente come accudire anziane vedove di allevatori. Ma aveva preso quello che aveva trovato. Non c’erano molti uomini nella casa di riposo Mellowhorn, e quei pochi erano così assediati dalle donne che Berenice li compativa. Aveva sempre creduto che la pulsione sessuale si affievolisse in tarda età, ma quelle megere si contendevano i favori di vecchi paralitici dalle grosse braccia tremolanti. Gli uomini potevano scegliere tra un vasto assortimento di vestaglie informi e scheletri a fiori. @minimumfax 20 I tre cani della Mellowhorn, defunti e impagliati, montavano la guardia in punti strategici: accanto alla porta d’ingresso, alla base delle scale e di fianco al rustico mobile bar ricavato da vecchi pali di staccionata. Tre targhette pirografate ne ricordavano i nomi: Joker, Bugs e Henry. Se non altro, pensò Berenice accarezzando la testa di Henry, da lì si godeva di una bella vista sulle montagne circostanti. Aveva piovuto tutto il giorno, e adesso i ciuffi d’erba spuntavano dalle tenebre sempre più fitte come ciocche di capelli ossigenati. Lungo un vecchio canale d’irrigazione i salici formavano una linea frastagliata color rosso cupo, e il laghetto artificiale ai piedi della collina era piatto come una lastra di zinco. Berenice si avvicinò a un’altra finestra per vedere la perturbazione in arrivo. A nordovest un gelido spicchio di cielo lattiginoso spingeva avanti la pioggia. Un vecchio sedeva davanti alla finestra della sala comune a contemplare l’autunno grigio. Berenice conosceva il suo nome, conosceva il nome di tutti: Ray Forkenbrock. «Le porto qualcosa, signor Forkenbrock?» Ci teneva a chiamare i residenti con l’appellativo adeguato, a differenza degli altri membri del personale, prodighi di nomi propri come se lì dentro fossero tutti amici di vecchia data. Deb Slaver si prendeva fin troppa confidenza, e inframmezzava i vari «Sammy», «Rita» e «Delia» con una sfilza di «tesoro», «cara» e «bellezza». «Sì», disse il signor Forkenbrock. Parlava con lunghe pause tra una frase e l’altra, un lento succedersi di parole che le facevano venir voglia di suggerire il resto. «Portami via di qui», disse. «Portami un cavallo», disse. «Portami indietro di settant’anni», disse. «Questo non posso farlo, però posso portarle una bella tazza di tè. E fra dieci minuti comincia l’Ora Sociale», disse Berenice. @minimumfax 21 Non riuscì a guardarlo negli occhi. Aveva una presenza notevole, malgrado la faccia ordinaria, con la bocca sdentata e il collo scarno. Erano gli occhi. Li aveva molto grandi, spalancati e di un azzurro chiarissimo, come un blocco di ghiaccio rotto con il punteruolo: un celeste pallido con raggi cristallini. In fotografia sembravano bianchi come gli occhi delle statue romane, e solo il nero delle pupille gli evitava di sembrare cieco come una statua. Quando la guardava con quegli strani occhi bianchi, Berenice non capiva più niente di quello che le diceva. Il signor Forkenbrock non le piaceva, malgrado fingesse di trovarlo simpatico. Le donne dovevano fingere di apprezzare gli uomini, di avere i loro stessi interessi. Sua sorella aveva sposato un uomo appassionato di pietre, e adesso le toccava accompagnarlo in giro per deserti e montagne.

Annie Proulx è nata a Norwich, Connecticut, nel 1935. Ho sempre amato questo posto fa parte della trilogia del Wyoming, di cui minimum fax ha già pubblicato Distanza ravvicinata (2019) e Cattive strade (2022). Tra le sue opere ricordiamo Avviso ai naviganti (minimum fax 2018), vincitore del National Book Award e del Premio Pulitzer,  Cartoline (minimum fax 2023) e I crimini della fisarmonica.

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