venerdì 18 ottobre 2024

Emanuela Crosetti - PALESTINA NONOSTANTE - Exorma

 
Emanuela Crosetti
PALESTINA NONOSTANTE
Viaggio in Cisgiordania

Exorma edizioni
ottobre 2024
pp. 220, € 16,90
ISBN 9788831461696


Entriamo nelle loro case, nella vita quotidiana e, tra città e villaggi sperduti, scopriamo persone animate dalla volontà di condurre una vita normale come forma di resistenza nonviolenta all’occupazione israeliana. Sono uomini e donne alle prese con le costanti restrizioni, con i muri di separazione, la chiusura delle strade, la sottrazione delle terre, le difficoltà di accesso ai servizi medici e alle risorse idriche, gli innumerevoli ostacoli alle attività economiche, le retate frequenti e gli arresti indiscriminati.
L’investimento nelle attività quotidiane è stata e vorrebbe continuare a essere per i palestinesi dei Territori occupati una forma tattica di resistenza pacifica; un insieme di atti quotidiani contro la politica della cancellazione.
Saranno ancora in grado, oggi, di non cedere all’odio o al contrario di non sprofondare nel pozzo della rassegnazione? Saranno capaci di continuare a coltivare uno stile di vita attivo e nonviolento, in una parola il sumud?
Di fronte alla semplificazione delle opposte visioni del mondo scatenata dalla guerra di Gaza ci sorprenderà lo spirito che anima questo viaggio, al riparo dalla retorica.
 
Conosco un solo modo di viaggiare: leggera, senza aspettative né opinioni, al riparo dalla retorica, libera dai lacci del pregiudizio.
Vorremmo che questa narrazione in presa diretta fosse un antidoto contro la guerra delle parole in atto, agitate come vessilli identitari, intimidatori, aggressivi per segnare confini invalicabili fra culture e mondi diversi.
Alla distruzione della Striscia di Gaza si aggiungono, nei giorni in cui si dà alle stampe il libro, incursioni militari su larga scala delle forze israeliane in Cisgiordania, ma non è un nuovo fronte: Jenin, Nablus, Betlemme, Hebron, tutta la West Bank, sono da sempre campi di battaglia. 

L'incipit
Il muro è come un segnale che recita: “Va’ via di qua”. È intimidatorio. Se vai dal checkpoint verso Gilo, puoi vedere tutto il terreno occupato per la sua costruzione e quello a cui non ci è più possibile accedere. Una parte di questa terra era appartenuta ai miei nonni. Ciò nonostante, dobbiamo continuare a resistere. Continuare con la nostra vita quotidiana è una forma di resistenza. Un esempio di questa resistenza è venire ogni giorno qui, alla Sumud Story House. Gli israeliani vogliono impedirci di vivere spingendoci ad andarcene via. Possiamo resistere attraverso ogni segno di vita, e ogni attività aiuta, perché le attività sono una manifestazione della volontà delle persone a rimanere qui. Puoi organizzare un concerto o un evento culturale. Sono tutti modi con cui raggiungere il mondo e attraverso i quali il mondo può raggiungere noi. (Ghada)
Questa di Ghada è una delle innumerevoli storie incollate sul muro di separazione dal lato di Betlemme. Si possono leggere tutte, una dopo l’altra, in un’interminabile passeggiata di riflessione lungo la barriera, trasformata dal Natale del 2011 nel “Museo del Muro”, per sua natura effimero e temporaneo. La speranza di chi ha raccolto queste storie è che la loro forza emotiva possa aprire nel muro delle crepe che lo conducano a un inesorabile crollo, a una felice dissoluzione. Sono storie delicate e fragili ma allo stesso tempo dure e inamovibili, più del blocco di cemento armato che le trattiene; storie che non vogliono decorare quella barriera o renderla meno ostile, meno aliena, ma generare un contrasto forte, ribadire la tenacia del vivere quotidiano a dispetto della distruzione, suggerire la possibilità di un cambiamento, sebbene il muro insistentemente lo neghi. Contrasto che è anche e soprattutto resilienza, spirito di comunità, orgoglio delle proprie tradizioni, gioia, determinazione, con secoli di storia alle spalle e, davanti a sé, la speranza per un futuro più generoso. In una parola: sumud, un vocabolo che ha dello straordinario. Un tempo voleva dire semplicemente “fermezza”, “forza d’animo”. Oggi, invece, ha ampliato le sue sfumature di senso. Sumud è la terza via, che grida: come sperare contro ogni evidenza? Una delle tante risposte me la fornisce Nazira, che mi invita a salire in auto per mostrarmi il muro di Betlemme in tutta la sua disorientante interezza. Con il sorriso sulle labbra dietro ai suoi grandi occhiali alla Audrey Hepburn e l’hijab rosa pallido, tiene la mano sinistra ben salda sul volante e con la destra bene in vista fa il segno di vittoria con le dita. Guida come James Bond durante un inseguimento. Per comprendere a fondo il senso del termine sumud basta guardarla in volto, Nazira, e godersi il timbro squillante della voce mentre me ne chiarisce il significato. Sumud è uno stile di vita, attivo e non violento, attraverso il quale non ci si arrende né ci si lascia fagocitare dall’odio, ma si rimane fattivamente connessi alla terra e alla comunità, sfidando l’occupazione con animo pacifico. Ci si prepara alla sofferenza con dignità, aggrappandosi alla propria casa senza abbandonarsi alla disperazione, con i piedi ben saldi e la testa sempre alta. “Resistiamo” mi dice Nazira tra una curva e un semaforo “ed è una resistenza che fa parte della vita quotidiana delle persone, occupate ad andare avanti e a mantenere viva la speranza di un futuro più giusto e umano. Resistiamo su questa nostra terra a dispetto delle molte avversità. Sai come la chiamano in Sudamerica? Persistenza implacabile. Adoro questa definizione!”. La Sumud Story House citata nel racconto di Ghada e nelle parole di Nazira, è un’organizzazione palestinese per l’educazione della comunità nella Cisgiordania occupata, situata a ridosso del muro di separazione nella parte che circonda la tomba di Rachele e sorgente di tutte le storie che brillano sulla barriera. La sua colonna portante sono le coraggiose donne palestinesi, che nella loro vita ordinaria mostrano grande capacità di resistenza e difesa di uno spazio di libertà e il cui motto, per l’appunto, è “Il muro non può fermare le nostre storie”.

 
Emanuela Crosetti è giornalista e fotografa. Ha collaborato con riviste nazionali musicali quali «Buscadero», «Jam», «Chitarre» e alla realizzazione di fotografie per libri come Summer Of Love del produttore dei Beatles George Martin (Coniglio Editore), Nessuna Resa Mai, biografia di Massimo Priviero (Meridiano Zero), Happy, biografia di Keith Richards (Meridiano Zero), Figli dei Fiori Figli di Satana, Delitti Rock (Arcana Editore), Psycho Killer (Edizioni Ultra) e La storia del rock (Hoepli) di Ezio Guaitamacchi.
Presente come fotoreporter a Oslo nel 2009 per il conferimento del Premio Nobel per la Pace a Barack Obama e come reporter radiofonica alla Mostra del Cinema di Venezia.
Ha condotto interviste ad artisti di fama internazionale: Lou Reed, Patty Smith, Jethro Tull, Hot Tuna, Steve Hackett, Skunk Anansie, Willy DeVille, Hevia, Dream Theater, PFM, Negrita, Fiorella Mannoia e molti altri.
Oltre 400 gli artisti fotografati, tra cui: U2, Paul McCartney, Rolling Stones, Bruce Springsteen, Bob Dylan, David Gilmour, The Who, Sting, Muse, Oasis.
Ha esposto alla Mostra del Cinema di Venezia e allo Jesolo Music Festival.
Tiene conferenze di viaggio, è redattrice per testate locali, travel reporter per il settimanale svizzero «Azione».


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