Roberta Ferraris
LA VIA FRANCIGENA IN VALLE D'AOSTA E PIEMONTE
Terre di mezzo editore
2024
pp. 160, Euro 16
ISBN 9791259962683
I primi passi italiani della Francigena
muovono da tre valichi – Gran San Bernardo, Monginevro e Moncenisio
– per proseguire in Valle d’Aosta o in Valle di Susa, sui due
versanti della Dora Riparia. Lungo antichi sentieri e strade romane
si scende fino ai vasti orizzonti della pianura tra imponenti
fortificazioni, da Bard a Exilles, e abbazie medievali come Novalesa
e la Sacra di San Michele.
Un fascio di itinerari diversi tra cui
scegliere, che si riuniscono a Vercelli, centro di diffusione della
prima cristianità.
Una guida per esplorare le diverse vie
storicamente documentate da cui partivano i pellegrini diretti a
Roma, lungo uno dei percorsi più affascinanti e famosi d’Europa.
Il cammino ha inizio ai tre storici valichi alpini, prevale quindi il
paesaggio montano, tra foreste, sentieri e antiche mulattiere. Le due
direttrici della Valle d'Aosta e della Valle di Susa convergono poi
in un ambiente del tutto diverso: la Pianura Padana dei grandi
orizzonti.
Mille anni dopo...
Chi percorre oggi la Via
Francigena, sulle orme dei pellegrini medievali, talvolta fa fatica a
trovare tracce di quell’epopea quando si trova sulle strade
consortili tra le risaie del Vercellese, vicino ai capannoni
industriali di Rosta o Torino, o cammina fianco a fianco a vie di
comunicazione internazionali lungo la valle del Gran San Bernardo o
sotto gli altissimi viadotti dell’autostrada del Frejus in Valle di
Susa. Mille anni di storia hanno modificato ambiente e paesaggio, e
gli ultimi cinquant’anni hanno forse dato il colpo di grazia alle
periferie delle nostre città d’arte.
Bisogna fare quindi
uno sforzo d’immaginazione, e individuare quelle memorie (chiese,
viabilità storica, centri urbani di impianto medievale) in grado di
raccontarci una storia dimenticata per molti secoli. E le
testimonianze non mancano. Il XII e il XIII secolo furono quelli più
fertili: in epoca comunale, e con il rifiorire del commercio, le
città italiane si arricchirono di grandiose opere pubbliche. Gli
edifici sacri di epoca longobarda e carolingia - quelli che vide
Sigerico, anche se non vi fa cenno nel suo Itinerarium - furono
abbattuti, perché ormai troppo angusti, ma anche in seguito ai danni
di un devastante terremoto che colpì la Pianura Padana da Pavia al
Friuli nel 1117, e sostituiti da nuove architetture, più grandi e
più riccamente decorate.
L’emozione del viaggio è anche
questo, camminare sulle orme di chi è venuto prima di noi,
affrontando senz’altro pericoli e disagi minori dei loro, ma con la
stessa umana fatica.
Roberta Ferraris
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