venerdì 28 febbraio 2025

Beatrice Monroy - LA VERITA' E' MONETA PERDENTE - Zolfo

 
Beatrice Monroy
LA VERITA' E' MONETA PERDENTE
Palermo di vite, di lotte e di silenzi

prefazione di Davide Enia
Zolfo editore
collana Le storie, 63
febbraio 2025
pp. 184, euro 17
ISBN 9791281695306

Una storia che attraversa le strade di Palermo, segnata dagli anni delle stragi di mafia, un punto di non ritorno nelle esistenze di chi le ha vissute.
Beatrice Monroy racconta di violenze viste e patite, di persecuzioni antiche e delitti contemporanei, del valore del ricordo come atto politico contro un sistema oppressivo che nasconde o cancella la verità.
Con una scrittura evocativa e immersiva, carica di immagini e simboli, l'autrice fonde pensieri e cronaca, riflessioni intime e storia collettiva. E nell'intreccio di vicende di intere generazioni travolte dalle bombe ‒ dolori privati divenuti pubblici, illusioni spezzate, amicizie perdute e ritrovate ‒ emerge una verità fragile ma essenziale.
Protagoniste sono le donne, custodi di memoria, che affrontano il peso dei lutti e del silenzio trovando difesa e rivolta nella parola e nel suo potere di liberazione. Una resistenza che si esprime nell'impegno antimafia quotidiano, nei lenzuoli bianchi alle finestre su cui è scritto "No alla mafia", nella lotta per uno spazio culturale o per uno spazio verde di quartiere, nelle estati di letture pubbliche in piazza.
La narrazione si fa così denuncia e speranza, restituendo la voce a chi non l'ha mai avuta.
 
Beatrice Monroy vive a Palermo, è scrittrice e drammaturga. Ha pubblicato diversi romanzi ed è stata autrice e narratrice per Rai Radio 3. Attualmente collabora con il Teatro Massimo di Palermo al progetto "Vi racconto l'opera".

Ken Hom - CUCINA CINESE - Guido Tommasi

 
Ken Hom
CUCINA CINESE
Guido Tommasi Editore
collana Illustrati
2025
pp. 352, euro 25
ISBN 9788896621783

La cucina cinese, ricca e variegata, si fonda su ricette che aspirano a un perfetto equilibrio tra contrasti, sapori e consistenze, oltre che sul rispetto del sapore degli ingredienti. Ken Hom, considerato uno dei massimi chef della cucina d’Oriente, ha raccolto in questo volume circa 250 ricette, che spaziano da quelle tradizionali alle più innovative, alcune note in occidente e altre meno, dai piatti al salto cantonesi alle pietanze speziate del Sichuan, fino alle nuove tendenze gastronomiche di Hong Kong e della provincia dello Yunnan. Una cucina salutare, spesso veloce e sempre gustosa, curata nella presentazione e nell’abbinamento degli ingredienti, che farà la gioia dei vegetariani e di quelli che non lo sono, di chi ama i piatti piccanti o quelli agrodolci, ma anche di chi semplicemente ha voglia di sperimentare qualcosa di nuovo. In questo libro troverete ricette accessibili, spiegate in modo chiaro, con indicazioni preziose su tecniche, utensili e ingredienti, oggi molto più facilmente reperibili rispetto a qualche anno fa. Un assaggio decisamente vasto della cucina cinese e delle sue regioni: un’avventura gastronomica che vi porterà lontano, nel cibo e nella cultura di una delle civiltà più antiche del mondo, in un viaggio che con questo libro sarà alla portata di tutti.
 
Una ricetta dal libro
Zuppa di pollo e spinaci
Gli spinaci, con il loro sapore caratteristico e il colore verde brillante, sono particolarmente apprezzati dai cinesi. Questa zuppa è leggera ed è molto invitante. Gli ingredienti vengono sbollentati separatamente e poi mescolati al brodo appena prima di servire: in questo modo ogni ingrediente mantiene inalterato il suo sapore. È una zuppa facile da fare e molti passaggi si possono fare in anticipo.
 
PER 4 PERSONE
450 g di spinaci freschi
175 g di petto di pollo
1 albume sale
1 cucchiaino di maizena
1,2 litri di brodo di pollo
2 cucchiai di salsa di soia chiara
1 cucchiaio di vino di riso di Shaoxing o di aceto di sherry secco
2 cucchiaini di olio di sesamo
2 cucchiaini di zucchero
2 cucchiai di cipollotti, affettati finemente
 
Eliminate i gambi dagli spinaci e lavate bene le foglie. Sbollentatele per pochi secondi in una pentola d’acqua finché appassiscono, poi tuffatele in acqua fredda per bloccare la cottura. Tagliate il pollo a fettine sottili lunghe circa 5 cm e mescolate con l’albume, la maizena e ½ cucchiaino di sale. Riponete in frigo per 20 minuti. Sbollentate le fettine di pollo in un’altra pentola d’acqua per 2 minuti, finché sono bianche e leggermente sode. Scolate sia gli spinaci che il pollo. Fino a questa fase la zuppa si può preparare con varie ore di anticipo. Poco prima di servire, portate a leggera ebollizione il brodo e unite la salsa di soia, il vino di riso, l’olio di sesamo e lo zucchero. Aggiungete gli spinaci e le fette di pollo. Portate di nuovo a leggera ebollizione e unite i cipollotti. Servite subito

Ken Hom è considerato un’autorità indiscussa nel campo della cucina cinese. Negli ultimi 30 anni ha venduto oltre 2 milioni di copie dei suoi libri di cucina, ha presentato con successo alcune trasmissioni televisive in Gran Bretagna ed è stato nominato Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico per i servizi resi all’arte gastronomica. Per Guido Tommasi editore ha pubblicato Cucina cinese, dove vengono presentate 250 ricette rivisitate in chiave tradizionale e creativa: Ken Hom è considerato uno dei massimi chef della cucina d’Oriente.

Matteo Miavaldi - UN'ALTRA IDEA DELL'INDIA - add

 
Matteo Miavaldi
UN'ALTRA IDEA DELL'INDIA
Viaggio nelle pieghe del subcontinente

add editore
febbraio 2025
pp. 288, euro 20
ISBN 9788867835126
 
Scardinare la narrazione che negli anni si è cristallizzata attorno all’India non è un’impresa semplice. Celebrato come culla di spiritualità e nonviolenza, terra di rinascita e misticismo, complice il fascino di illustri testimonial come i Beatles, il Paese resta spesso ingabbiato in un’immagine preconfezionata. Ispirandosi al disincanto analitico che guidò Alberto Moravia nel suo viaggio in India del 1961, Matteo Miavaldi ci accompagna in un percorso che smonta questa lettura.
Con il ritmo vivace di un’indagine sul campo, punteggiata di incontri e aneddoti, l’autore si addentra nei meccanismi più subdoli della propaganda orchestrata dal primo ministro Narendra Modi, al potere da oltre un decennio. Ci svela così il lato più oscuro dell’universo indiano, un’ombra lunga nata assieme alle riflessioni sul destino di un’India ancora coloniale, che alla molteplicità di culture, lingue e religioni oppone la supremazia di un gruppo solo, quello hindu.
Oggi che la democrazia più popolosa del mondo, e la quinta economia a livello globale, mostra la sua faccia meno rassicurante, questo viaggio reportage getta uno sguardo acuto su come la potenza indiana si prepara a tracciare la sua strada per il futuro, in campo politico, economico e tecnologico.

L'incipit dell'Introduzione
«Questi stanno ammazzando l’India di cui mi sono innamorato.» Gautama Baba è seduto di fronte a me a un tavolo dello Shiva Restaurant, nel quartiere Assi di Varanasi. È uno di quei ristoranti aperti a colazione, pranzo, cena, col menu lungo tre pagine fitte: cucina unta e bisunta dell’India del Nord, street food dell’India meridionale, chow mein e cucina cinese che è cinese solo di nome, pizza e «maccaroni spaghetti». Per gli standard di Varanasi, la città più sacra dell’induismo e tra le destinazioni preferite del turismo di massa indiano, qui i prezzi sono ancora abbordabili. Motivo per cui, dalla mattina alla sera, allo Shiva Restaurant la clientela non manca mai. L’altro motivo è che dentro ci sono sia i ventilatori sia l’aria condizionata: è un ristorante ac, che in India non descrive solo la climatizzazione del locale, ma è sinonimo di lusso. Da quando ci siamo conosciuti, alla fine di maggio 2024, un giorno sì e uno no Gautama Baba e io per pranzo ci siamo dati appuntamento allo Shiva Restaurant: arriviamo, ordiniamo due «fresh lime soda, sweet and salted» e prima di tutto parliamo del tempo. Non perché siamo a corto di argomenti, ma a fine maggio 2024 Varanasi è al centro di un’ondata di calore eccezionale: fuori dal cono refrigerato del nostro tavolo ci sono quarantotto gradi, percepiti cinquantadue. In sostanza, è un altro modo per chiedergli, meno indelicatamente, se queste condizioni atmosferiche sono compatibili con la sua vita ascetica e, soprattutto, con la sua età. Gautama Baba ha quasi ottant’anni. È alto, magrissimo, carnagione bianco caucasica, occhi azzurri, barba e capelli lunghi e bianchi, un paio di grossi dreadlock in testa. Gira per la città vestito con una lungi1 arancione, una gamcha a scacchi che fa da asciugamano per il sudore e turbante a coprire la testa, una borsa di tela a tracolla dove tiene quasi tutto quello che possiede: gli occhiali da vista, un vecchio cellulare, uno smartphone e diversi sacchetti di plastica per gli avanzi di cibo da distribuire ai cani randagi. Ha lasciato il Nordamerica all’inizio degli anni Settanta, è arrivato in India, ha bruciato il passaporto e non se n’è mai più andato. Il fatto che sia un Baba – detto male, ma per capirsi, un «santone» hindu – e che però sia anche occidentale, qui non è motivo di stupore. Anzi, dice molto di una tradizione religiosa che da qualche decennio si è aperta a adesioni non propriamente ortodosse, come quella di un giovane viaggiatore approdato dall’altra parte dell’oceano e sedotto dal percorso spirituale dei sannyasin, i rinuncianti: chi, come Gautama Baba, decide di distaccarsi dai beni materiali e dalle emozioni – o almeno ci prova – per perfezionare la comprensione del mondo spirituale. Lui ha conosciuto il suo guru nella città santa di Haridwar a metà degli anni Settanta, ha ricevuto l’iniziazione una quarantina d’anni fa e da più di trenta vive a Varanasi, dove non solo lo conoscono tutte le persone del quartiere, ma anche tutti i randagi, che lo scortano in giro per la città vecchia da quando mette piede fuori casa a quando rientra. Per quanto il caldo sia pesante, si tira avanti, dice, perché «maggio è terribile, ma giugno è impossibile, quindi c’è ancora tempo per stare peggio». E tanto a questa età si esce poco, si mangia poco e si dorme ancora meno. «Non è vero quello che ti dicono quando sei giovane, che la vecchiaia porta saggezza, esperienza, pazienza. La vecchiaia è una merda.»

Le presentazioni del libro

Un’altra idea dell’India | Testo | Firenze
28 febbraio 2025 15:00 - 15:45
Un’altra idea dell’India | Libreria Spazio Sette | Roma
7 marzo 2025 18:30 - 19:30
Un’altra idea dell’India | La Libreria del Golem | Torino
10 marzo 2025 18:30 - 19:30
Un’altra idea dell’India | Libreria Verso | Milano
11 marzo 2025 19:00 - 20:00
Un’altra idea dell’India | Libreria Arcadia | Rovereto
12 marzo 2025 19:00 - 20:00
Un’altra idea dell’India | Due Punti Libreria | Trento
14 marzo 2025 18:00 - 19:00

Matteo Miavaldi  scrive di India e Asia meridionale per testate come «il manifesto» e «Lucy». Ha lavorato come producer con Chora Media ed è stato coautore del podcast Altri Orienti. Dal 2010 collabora con il collettivo di giornalisti e sinologi China Files. Il suo ultimo libro è I due marò, tutto quello che non vi hanno detto (Edizioni Alegre, 2013).

giovedì 27 febbraio 2025

Paolo Grugni - LA TRAPPOLA. DIARIO D'ITALIA - Laurana

 
Paolo Grugni
LA TRAPPOLA. DIARIO D'ITALIA
Gli anni della contestazione e la bomba di Piazza Fontana

Laurana editore
collana Rimmel
novembre 2024
pp. 736, euro 24
ISBN 9791280845696
 
Gli anni della passione politica, delle lotte e delle speranze. E infine la devastante bomba di Piazza Fontana a Milano a suggellare una fine e a decretare un nuovo inizio.
In una Milano segnata da un feroce e vorticoso cambiamento e dal tramonto definitivo della Ligera, la mala autoctona e romantica, il commissario Malfatti – ex partigiano e comunista – riallaccia i fili dell’infiltrazione mafiosa già emersi in Pura Razza Bastarda. Le sue indagini si intrecciano con le trame oscure che precedono e seguono l’ordigno esploso nella Banca Nazionale dell’Agricoltura.
Molti sono gli interrogativi su quegli anni e su quell’attentato che vengono sollevati e che trovano nuove, inedite e sconvolgenti risposte. Chi organizzò la trappola per incolpare gli anarchici, come causa fondante della violenta destabilizzazione politica in corso? Chi portò ad accusare Pietro Valpreda come autore materiale della strage? E come si arrivò, pochi giorni dopo, alla morte di Pino Pinelli? Quali furono i veri mittenti della bomba e chi era il destinatario del “messaggio” che portava con sé?
La trappola è una narrazione avvincente ma al contempo un romanzo-verità, che ricostruisce in maniera rigorosa e dettagliata gli anni 1968-69. Anche attingendo a diversi documenti inediti come le lettere di Pino Pinelli e degli anarchici arrestati.
 
Paolo Gugni (Milano, 1962) ha esordito con il romanzo Let it be (Mondadori, 2004; Alacràn, 2007, Laurana, 2017). Ha poi pubblicato Mondoserpente (Alacràn, 2006; Laurana, 2021), Aiutami (Barbera, 2008; ebook per Laurana, 2014), Italian Sharia (Perdisa, 2010), L’odore acido di quei giorni (Laurana, 2011), La geografia delle piogge (Laurana, 2012), L’Antiesorcista (Novecento Editore, 2015), Darkland (Melville, 2015; Laurana, 2022). Nel 2018 ha pubblicato Pura razza bastarda (Laurana) e nel 2019 Il palazzo delle lacrime (Laurana). È inoltre autore della silloge Frammenti di un odioso discorso (ebook per Laurana, 2017). Vive e lavora a Berlino.

Isabelle Rimbaud - L'ULTIMO VIAGGIO DI MIO FRATELLO ARTHUR - Via del Vento


Isabelle Rimbaud
L'ULTIMO VIAGGIO DI MIO FRATELLO ARTHUR
(titolo originale Le Dernier voyage de Rimbaud, Mercure de France 1921)
traduzione e cura di Antonio Castronuovo
Via del Vento edizioni
collana Ocra gialla, 48
 pag. 36, euro 4,00
ISBN 9788862260329

La cronaca realistica, inedita in Italia, di Isabelle Rimbaud circa il finale calvario del fratello Arthur – un travaglio appena mitigato dalle sue amorevoli cure – ci mostra la figura del grande poeta da un’angolatura umana che la sua avventurosa scelta di vita aveva oscurato.
 
«Tutto il giorno devo ingegnarmi per impedirgli di commettere una qualche sciocchezza. Per fortuna ho un po’ d’influenza su di lui. La sua idea fissa è ora di andarsene da Marsiglia verso un clima più caldo: ad Algeri, a Aden, oppure a Obock. Ciò che lo trattiene, poiché non può più far senza di me, è il timore che io non l’accompagni più.
A volte è mite e tenero; mi ringrazia con calore delle cure che gli presto e mi chiama il suo angelo buono, il suo unico sostegno. Soprattutto vuole che prometta di non lasciarlo prima della sua scomparsa e di vegliare affinché le sue ultime volontà siano rispettate, in modo particolare riguardo la sua sepoltura.
»
 
Sorella minore di Arthur, Isabelle Rimbaud nacque a Charleville, in Francia, nel 1860. La ragazza fu succube di una madre autoritaria, Vitalie Cuif, che apparteneva a una famiglia di agricoltori proprietari, con terre nel vicino villaggio di Roche. Isabelle studiò presso le Dame del Santo Sepolcro, e nel 1879 si trasferì a Roche dove, assieme alla madre, gestì e diresse il lavoro campi. Anni dopo fu chiesta in sposa da un piccolo proprietario del luogo, ricco ma insignificante. Avrebbe forse accolto l’offerta se nell’estate del 1891 Arthur, reduce da peregrinazioni africane e amputato di una gamba a Marsiglia, non fosse giunto a Roche per trovare un po’ di pace. Fu lui a dissuaderla da quel matrimonio, e fu per lei, giunta zitella a trent’anni, una rinascita: trovò nell’assistenza al fratello una sorta di missione divina che le donò un senso di vita. Un mese dopo Arthur volle ripartire, e Isabelle lo accompagnò: presero il treno a fine agosto e giunsero a Marsiglia, dove Arthur morì a novembre, dopo una lunga agonia. A Charleville Isabelle entrò poi in corrispondenza col poeta Pierre Dufour (in arte Paterne Berrichon): si sposarono e andarono a vivere ad Auteuil, sobborgo di Parigi, diventando devoti – con libertà di correggere e tagliare i suoi testi – alla memoria di Arthur. Isabelle scrisse vari ricordi degli ultimi mesi di Arthur; ma non solo: nel 1916 apparvero sul «Mercure de France» pagine di un suo romanzo intitolato Dans les remous de la bataille, poi pubblicato in volume da Chapelot. Ammalatasi di una malattia simile a quella del fratello, entrò nel maggio 1917 in ospedale dove subì una grave operazione. Morì il 20 giugno di quell’anno.



Isabelle Rimbaud - MIO FRATELLO ARTHUR - Elliot

 
Isabelle Rimbaud
MIO FRATELLO ARTHUR
(titolo originale Mon frère Arthur, 1921- Ab initio, Paris: Mazeto Square, 2015)
traduzione e cura di Antonio Castronuovo
Elliot
collana Antidoti
marzo 20255
pp. 120, € 18.00

«Gli bastavano poche parole per dire molto, e in un modo preciso e attraente. A volte scherzava, prendendosi gioco di tutto, del passato, presente e futuro, degli oggetti che lo attorniavano, delle persone che conosceva e di sé stesso; e in quei casi riusciva, dal suo letto, a far ridere fino alle lacrime chi lo ascoltava».

Nel 1891, Isabelle Rimbaud aveva trent’anni e stava per sposarsi senza convinzione con un piccolo proprietario terriero quando suo fratello Arthur, gravemente malato, la chiamò d’urgenza al suo capezzale. Isabelle era di sei anni più giovane e non lo vedeva da undici anni, non sapeva nulla delle sue vicissitudini africane e non aveva mai letto una sua poesia. Raccolse la richiesta del fratello e partì per Marsiglia, dove gli restò amorevolmente accanto negli ultimi difficili mesi di vita. Dopo la morte, Isabelle eseguì le sue ultime volontà e si occupò di difendere la sua memoria e far pubblicare i suoi scritti. Il presente libro costituisce una testimonianza preziosa di quel periodo e uno sguardo unico sull’uomo e poeta Arthur Rimbaud, di cui Isabelle raccolse pensieri, ricordi e speranze.

Isabelle Rimbaud (1860-1917). Nata a Charleville, scrittrice e sorella minore di Arthur Rimbaud. Dopo la morte del fratello iniziò una lunga corrispondenza con il poeta Pierre Dufour; si sposarono e si trasferirono ad Auteil, sobborgo di Parigi, diventando devoti – arrivando anche a correggere e tagliare i suoi testi – di Arthur. Scrisse anche un romanzo, Dans le remous de la bataille.

Tommaso Braccini - AVVENTURE E DISAVVENTURE DEI CLASSICI - Carocci

 
Tommaso Braccini
AVVENTURE E DISAVVENTURE DEI CLASSICI
Libri perduti, ritrovati e sognati dall'antichità a oggi

Carocci editore
collana Sfere
in libreria dal 28 marzo 2025
pp. 176, euro 17
ISBN 978-8829027156
 
Che vita spericolata hanno avuto i classici!
Gli ultimi esemplari di poesie, romanzi, trattati dell’antichità sono stati rubati, contrabbandati, mascherati, riciclati e nascosti. L’acqua del Nilo, l’inchiostro della censura, studiosi senza scrupoli, persino animali da cortile e avide ss hanno minacciato di toglierceli per sempre.
Altri testi sono stati ritrovati dove meno ci si aspettava: versi di Plauto in una Bibbia, teoremi matematici sotto (false) miniature bizantine, racconti piccantissimi nella biblioteca di Montecassino, romanzi greci nella copertina di libri afgani. Per non parlare dei falsi, come un Satyricon completo che continua a circolare ancor oggi come se fosse autentico.
Questo libro parla di opere sopravvissute nonostante tutto e tutti, dei miti che le hanno circondate, e degli uomini che le hanno rinvenute e salvate. È grazie a loro se Greci e Romani ci parlano ancora oggi.

Tommaso Braccini Insegna Filologia classica all’Università degli Studi di Siena. Si interessa di folklore antico e medievale, dell’immaginario bizantino e del “mito” di Costantinopoli attraverso i secoli. Tra i suoi libri si ricordano Il romanzo di Costantinopoli: guida letteraria alla Roma d’Oriente (con S. Ronchey; Torino 2010), Il povero Leone: Ptocholeon (Torino 2020) e La nave di Caronte: visioni dall’Aldilà a Bisanzio (con L. Silvano; Torino 2022). Per Salerno Editrice ha pubblicato Bisanzio prima di Bisanzio: miti e fondazioni della Nuova Roma (2019) e per Carocci editore Lupus in fabula. Fiabe, leggende e barzellette in Grecia e a Roma (2018) e I Greci, i Romani e… il riso (2022).

Jonathan Calugi - RAINBOW - Metilene

 
Jonathan Calugi
RAINBOW
Metilene Edizioni
dicembre 2023
pp. 76, ill., rilegato, euro 16
ISBN  9791281348103
 
E poi alla fine quale è l’inizio e quale è la fine? Cioè, il tesoro dove è? Dove comincia e dove finisce l’arcobaleno?

A partire dai disegni dei suoi sketchbook, Jonathan Calugi, tra i più apprezzati giovani illustratori a livello internazionale, ci conduce nel suo immaginario secondo un processo di narrativa in itinere che rivela, pagina dopo pagina, un universo di relazioni tra segni e disegni. L’arcobaleno è la vita, il ponte colorato alla fine del quale, secondo la leggenda, si nasconde un tesoro. Quel tesoro è la linea, il tratto libero dell’artista, così dirompente da sembrare casuale o anarchico, ma che in realtà è sapientemente controllato con una maestria degna dei migliori Steinberg o Picasso. La grafica diventa alfabeto e il libro si legge tutto d’un fiato. I soggetti appartengono alla sfera quotidiana – gli affetti, la casa, gli animali, i viaggi, la musica – con alla base un’idea di felicità e di amore universale. Ogni volume è personalizzato da un segno originale nell’ultima pagina. Un libro per tutti coloro che sono alla ricerca di un tesoro, ma che non riescono a trovarlo perché si trova dalla parte opposta, lì dove l’arcobaleno inizia. O forse dove finisce.

Jonathan Calugi (Pistoia, 1982), tra i più apprezzati giovani illustratori a livello internazionale, nel 2010 viene selezionato dalla rivista Print Magazine fra i  New Visual Artists Under 30 e, nello stesso anno, da The One Club for Creativity di New York fra gli Young Guns sotto i trent’anni. Ha partecipato come relatore a importanti manifestazioni tra cui  -ing Creative Festival a Dubai e The Design Conference a Brisbane  in Australia. Negli anni ha collaborato con brand come Nike, DeLonghi, Apple, Sony, Google, Facebook, Logitech, NewYorkTimes, Airbnb e molti altri. Oltre al suo lavoro come illustratore, porta avanti la sua ricerca artistica esponendo in Italia e all’estero.

Claudio Vercelli - CAPIRE LE FOIBE - Edizioni del Capricorno

 
Claudio Vercelli
CAPIRE LE FOIBE
Edizioni del Capricorno
2025
pp. 160, euro 14
ISBN 9788877077899
 
Capire le foibe. La storia viene spesso utilizzata non solo per raccontare il passato, ma anche per interpretare il presente. Tuttavia, proprio per questo motivo, rischia di essere piegata alle esigenze ideologiche correnti, che derivano dall’uso politico del ricordo dei tempi trascorsi.
Davanti a queste riletture, ricostruire il significato degli eventi diventa un impegno imprescindibile.
Per questo, ecco un libro che cerca di mettere chiarezza sulla tanto dibattuta questione delle foibe, rivedendo antefatti, fatti e conseguenze sotto la luce della veridicità storica.
Capire le foibe. Partendo dai dati assodati e da una riflessione critica lontana da pregiudizi ideologici, Claudio Vercelli descrive e analizza con il rigore della ricerca storica le tragiche e complesse vicende che si sono svolte lungo il «confine orientale» tra il 1943 e l’immediato dopoguerra, per offrire ai lettori diverse chiavi di lettura su una più ampia vicenda che chiama in causa l’identità italiana.

L’INDICE:
Le foibe tra geologia e storia.
Foibe, preludio: la prima fase, il settembre del 1943 e le sue immediate radici storiche.
Foibe, interludio: autunno 1943, la dinamica dei fatti.
Foibe, le premesse del finale: la risposta tedesca e il quadro regionale.
Foibe, la ripresa: maggio 1945, la seconda fase.
Foibe: i numeri e le proporzioni.
Il problema della contestualizzazione storica e l’uso politico del passato.
La storia di lungo periodo.
Il controllo dell’area (1848-1915).
Il fascismo e la politica di italianizzazione.
Il revisionismo balcanico di Mussolini.
La seconda guerra mondiale.
E allora le foibe, così come Trieste e l’esodo italiano.
Il problema storico della violenza nell’area della Venezia Giulia


Claudio Vercelli, storico contemporaneista e pubblicista, insegna presso la Limec-SSML, Istituto universitario per mediatori linguistici di Milano. Tra le sue ultime pubblicazioni si segnalano: Neofascismo in grigio (Einaudi, 2021), Storia del conflitto israelo-palestinese (Laterza, 2020) e Israele. Una storia in 10 quadri (Laterza, 2022). Con Capricorno ha pubblicato, tra gli altri: Israele 70 anni. Nascita di una nazione (2018), El Alamein (2019), Frontiere contese a Nord Est. L’Alto Adriatico, le foibe e l’esodo giuliano-dalmata e Neofascismi (2020).

martedì 25 febbraio 2025

Sara Reginella - IL FRONTE DEGLI INVISIBILI - Exorma

 
Sara Reginella
IL FRONTE DEGLI INVISIBILI
La guerra d’Ucraina da una diversa prospettiva

Exorma
collana Scritti Traversi
2024
pp. 264, euro 16,90
ISBN 9788831461658

Un viaggio raccontato attraverso le vite dei protagonisti della guerra d’Ucraina vista dal fronte russo.
Dallo stabilimento Azovmaš al centro di detenzione di Stanitsa Luganskaja, dalle città più conosciute a quelle meno note. Dalla frontiera del Donbass fino a Lugansk, Donetsk e oltre; tra cimeli sovietici, dischi italiani, zuppe di boršč e testimonianze militanti; alle prese con le fake news, l’eterno lockdown, i bombardamenti passati sotto silenzio, con la città surreale di Mariupol, con l’odore della paura, gli scudi umani e le madri fantasma.
Sara Reginella, psicoterapeuta e reporter indaga il lato scarsamente rappresentato del conflitto russo-ucraino, quello vissuto dalla popolazione dei territori sotto il controllo russo, con la prospettiva storica di chi lo documenta dal 2014: quattro missioni nell’arco di otto anni, l’ultima sotto le bombe. Le notizie che arrivano dal fronte russo-ucraino sono frammentarie e l’autrice parte  spinta dal desiderio di ricercare i fatti, per guardare al di là delle manipolazioni di chi ritiene che la Russia abbia risposto alla richiesta di aiuto del Donbass e di chi, al contrario, ritiene che abbia attaccato un paese inerme.

Un estratto
Ci fa piacere che dopo anni torni a trovarci!
– Anche a me, ma dimmi, come ve la passate ora a Donetsk? – domando col tono futile di chi chiede come si sia passato ferragosto.
– Be’, come vuoi che ce la passiamo? Siamo senza acqua da febbraio, bombardano a tutte le ore, la gente muore, che altro ci deve succedere? – risponde con una punta di stizza.
Come spesso accade, prima di partire mi sento giù. Mi capita prima di ogni viaggio, anche se a lungo desiderato: mi viene voglia di morire. Cioè, non proprio morire, ma quantomeno sparire. Figuriamoci se il viaggio che vado a fare è la guerra.
“Nu deržis’ devočka! Tieni duro, ragazza!”, fanno eco nella mia mente le parole di Mark. È grazie a lui, un informatico russo, conosciuto otto anni prima su un social network, se nel 2014 sono venuta a conoscenza della guerra nel Donbass. Dal 24 febbraio 2022, però, non l’ho più sentito. Dopo otto anni, ha smesso improvvisamente di scrivermi. E io ho fatto altrettanto: temo di scoprire che sia in guerra anche lui. Così evito di approfondire e preferisco immaginarmelo ancora dietro la sua scrivania, coi capelli arruffati e pezzi di computer scorticati, che assembla con pazienza chirurgica.
“Non vorrai lamentarti per qualche settimana in Donbass, di fronte a gente che vive il conflitto da otto anni!”, rimprovera la sua voce immaginaria nella mia testa.
“Ma va’, figurati, non ho mica paura”, mi difendo, nel mio soliloquio interiore.
“Strano, solo gli stupidi non hanno paura. Hai iniziato a pensare in modo stupido?”, mi chiede col suo solito sarcasmo.
“Stupido, non stupido, che c’entra! Sto per partire, non è necessario portare sempre tutto all’estremo”, gli dico mentalmente, cercando, allo stesso tempo, di scrollarmi il suo fantasma di dosso.
“Ma sono gli estremi che muovono il mondo”.
“Non m’interessano né gli estremi né gli estremismi né gli estremisti”.
“E allora perché parti?”, domanda.
“Per capire quello che succede, da qui non si capisce, tutti i media russi e del posto sono stati bloccati”.
“Non sono stati bloccati, sono stati censurati”, precisa.
“Sì”, confermo.
“La censura è un atto estremo”, puntualizza, “e se tu reagisci a un atto estremo, sarai considerata un’estremista”.
La sua immagine si spegne solo quando in serata atterro all’aeroporto di Baku.


Sara Reginella nasce ad Ancona nel 1980. Lavora come psicologa a indirizzo clinico e giuridico e come psicoterapeuta. È regista e autrice di reportage di guerra. I suoi lavori integrano l’interesse per le dinamiche psicologiche con l’attenzione per l’attualità e uno sguardo che mai dimentica le frange socialmente più vulnerabili.
Nel 2015 avvia la sua carriera di documentarista in territori di guerra e nel 2016 si diploma in Regia e sceneggiatura presso l’Accademia nazionale del cinema di Bologna.
Tra i suoi lavori: Le stagioni del Donbass con lo scrittore Nicolai Lilin, il reporter Eliseo Bertolasi e il vignettista Vauro. Il suo ultimo documentario, Start Up a War. Psicologia di un conflitto, ha conquistato selezioni ufficiali e premi nei festival internazionali.

lunedì 24 febbraio 2025

Ferdinand Grimm - ZIA HENRIETTE - L'Orma

 
Ferdinand Grimm
ZIA HENRIETTE
(titolo originale Tante Henriette, 1835)
traduzione e cura di Marco Federici Solari
L'Orma
collana Kreuzville Aleph
febbraio 2025
pp. 84, € 14,00
ISBN 9791254761144


Talvolta, la sera, si lamentava di non aver passatempi e, sentendo levarsi un po’ di chiasso per strada, esclamava: «Ah, mio Dio, magari fosse scoppiato un bell’incendio!».

Animata da un irrefrenabile zelo domestico, zia Henriette parrebbe un perfetto angelo del focolare, se non fosse che ama troppo le feste e i pettegolezzi. Si è sposata tardi perché avere spasimanti è un gran divertimento e trovare qualcuno che le andasse a genio era difficile. Dopo esser stata corteggiata da una famiglia intera, ora condivide la cura della casa con il fratello del marito, un burbero studioso «nemico giurato della musica, degli scherzi e della convivialità». Questo, però, non le impedisce di organizzare sfrenati balli in maschera…
Nel 1835 i fratelli Grimm tremarono di fronte alla pubblicazione di Zia Henriette, romanzetto satirico a puntate, narrato da un sedicente nipote, che metteva alla berlina il rispettabile stile di vita di una borghesia assai compiaciuta di sé. Sotto i nomi di Johannes e Wilibald era facile per i contemporanei riconoscere i celebri Jacob e Wilhelm Grimm, che godevano di un immenso successo grazie alle loro Fiabe del focolare, mentre in Henriette era ritratta, con ogni evidenza e con una punta di veleno, Dorothea Wild, la moglie di Wilhelm.
Grande fu lo scandalo, anche perché l’autore di quello sfacciato libello era Ferdinand Grimm, fratello minore e famigerata «pecora nera» della famiglia, che qui si dimostrava un perfido e talentuoso caricaturista.

L'incipit
Mia zia Henriette è universalmente considerata una donna eccellente, e io affermo che sia la migliore sulla faccia della Terra. Avrà pure le sue particolarità e stranezze, ma d’altronde chi ne è privo? E quel che vale per uno deve valere anche per un altro. Le zie sono personaggi importanti. Drammi e romanzi in cui interpretano spesso ruoli di primo piano avrebbero ben poca vita senza di loro. Ce ne sono di buone e di cattive, di perfette e di imperfette, e dai versi di un bonario poeta riportati qui addietro si potrebbe dedurre che ne esistano persino di invidiose. Henriette ha tante facoltà, e infatti è assai facoltosa. Se sprofondo nella miseria, mi viene in soccorso e mi onora di nuovi panciotti e candidi fazzoletti di seta: non per nulla sono il suo fedele nipote. Per un torno di anni non avevo frequentato la zia. L’avevo vista l’ultima volta che era ancora una fanciulla di vent’anni, agile e ilare, lesta e snella come una cinciallegra. E infatti all’epoca tutti la chiamavano proprio così: «cinciallegra». Assai carina, o forse qualcosa di più, assai bella, la signorina si distingueva per il seno e per il vitino che non mancavano di attrarre gli sguardi. In tutta la città non si potevano scovare braccia meglio tornite delle sue. L’argento le squillava nella voce. Aveva lineamenti dolci, delicati, pieni di spirito, che non conquistavano tanto a un primo fuggevole sguardo, quanto a un’osservazione più attenta. E negli occhi, che non erano né grandi né azzurri né castani, bensì neri, viveva e riluceva un’anima bella. Henriette non provava alcuna inclinazione a contrarre presto il sacro vincolo del matrimonio, atteggiamento che dà prova di una personalità davvero, ma davvero, degna d’ogni lode. «Non mi voglio sposare» dichiarava talvolta con leggerezza, ma era facile capire cosa in verità intendeva: non c’era un uomo che le andasse a genio. Uno le pareva troppo alto, con un imperioso cipiglio marziale, un altro invece era troppo basso e con l’occhio fisso da capra. Questo le sembrava saccente e troppo di buona famiglia, quell’altro era insignificante e purtroppo senza famiglia…

Ferdinand Philipp Grimm (1788-1845) fu scrittore, redattore e studioso del folclore europeo. Fratello minore di Jacob e Wilhelm, collaborò con loro alla raccolta delle Fiabe del focolare e delle Leggende tedesche.
Animato da uno spirito vagabondo e bohémien, spesso in rotta con la famiglia, viaggiò per la Germania, fu attore dilettante e lettore onnivoro. Pubblicò sotto pseudonimo racconti della tradizione popolare tratti da antichi volumi e dalla viva voce di narratrici e narratori. A Berlino frequentò la scena letteraria intrattenendosi con autori del calibro di Ludwig Tieck, Jean Paul e Heinrich Heine.
I suoi scritti e la sua figura sono stati di recente riscoperti dopo quasi due secoli di oblio.


Elias Jahshan, a cura di - ARABə E QUEER - Tamu

 
ARABə E QUEER

Storie lgbtq+ dal mondo arabo

(titolo originale This Arab is Queer: An Anthology by LGBTQ+ Arab Writers, Saqi Books; 2022)
a cura di Elias Jahshan
traduzione di Giorgia Sallusti
prefazione di Sandra Cane
Tamu edizioni
settembre 2024
pp. 261, euro 17
ISBN 9791280195579


Arabə e queer è la radicale affermazione di esistenza di una comunità che si riconosce nell’ampia costellazione Lgbtqi+ e condivide radici nei paesi arabi e nella loro diaspora. Le storie di vita qui raccolte vanno oltre il resoconto della discriminazione subita da istituzioni o famiglie conservatrici: sono «storie di amore e orgoglio, cuori infranti ed empatia, coraggio e ironia». Le pressioni sociali, le battaglie, i desideri riguardo a sessualità e genere prendono una forma particolare, in cui essere nerə o musulmanə ha un ruolo inatteso; le proiezioni dell’Occidente bianco in tema di libertà e diritti rivelano tutta la loro inconsistenza.
L’intensità della narrazione, fatta di vulnerabilità, di strategie e legami affettivi complessi, permette di avvicinarsi ai sentimenti profondi alla base della richiesta di riconoscimento della comunità araba queer, che prende spazio in questo libro, per la prima volta, in forma collettiva.

Elias Jahshan è giornalista e scrittore palestinese-libanese-australiano. È stato editor di «Star Observer», la più longeva pubblicazione Lgbtq+ australiana, e membro del direttivo dell’Arab Council Australia. Il suo breve memoir Coming Out Palestinian è contenuto nell’antologia Arab Australian Other: Stories on Race and Identity (Picador, 2019). Scrive per diverse testate tra cui «The Guardian», «SBS Voices», «My Kali» e «The New Arab». Nato e cresciuto a West Sydney, ora vive a Londra.

domenica 23 febbraio 2025

Hara Rota - RYOKAN - Peacock

 
Hara Rota
RYOKAN
piccolo manifesto giapponese

Casa editrice Peacock
prima edizione in 500 copie
con foto applicata a mano in copertina
febbraio 2024
pp. 70, euro 19
ISBN  9791281715080


"lavorare immersa nel profumo dei libri e del caffè l'ha portata a scoprire un nuovo modo di scrivere. Il risultato è una lettura semplice, veloce, onirica e moderna, che racchiude un mondo da scoprire
 THE ASAHI SHIMBUN  - The  New  York Times Tokyo 

"Essere  Felici è la vera ribellione", un manifesto quasi autobiografico,  porta il lettore in un viaggio introspettivo attraverso i ricordi d'infanzia di una giovane ragazza in una tranquilla cittadina di montagna. Estraniata dalla frenesia urbana di Tokyo, esplora la magia e la spiritualità di quei giorni passati, scoprendo il vero significato della felicità e dell'appartenenza.    
 
Hara Rota, giovane scrittrice italo giapponese, vive a Tokyo, sempre spensierata, lavora in una libreria caffè nel quartiere di Shimokita immersa dal profumo dei libri.    
 


Luigi Scorrano - LETTERE SALENTINE - ETS

 
Luigi Scorrano
LETTERE SALENTINE
Poeti e narratori del Novecento

A cura di Antonio Montefusco e Antonio Resta
ETS
2024
pp. 224, euro 23
ISBN 9788846769848
 
«C’è qui, tra “temi svolti” in una loro compiutezza e tracce di percorsi volutamente parziali, la linea di svolgimento tracciata nella mia terra da una dignitosa civiltà letteraria. Questa, se non ha prodotto opere straordinarie, ha pur contribuito a definire modi e forme di vita dai quali è scaturito il disegno netto e l’espressione inconfondibile di un linguaggio».
Così, da Vittorio Bodini, Girolamo Comi e Michele Saponaro, fino ai più recenti Salvatore Toma e Antonio Verri, si profila una schiera di autori e di opere che trovano il loro rilievo e la loro collocazione storico-letteraria nelle pagine di Luigi Scorrano, critico acuto e garbato.
 
dalla Premessa
Le carte “salvate” in questo libro non sono state sottratte a un qualche fortunale cartaceo e raccolte come frammenti per mezzo dei quali far intravedere un insieme perduto: sono parti di un edificio che il lettore potrà ricostruire aggiungendo i tratti che crederà mancanti e riterrà opportuno utilizzare per integrare i silenzi di queste pagine. C’è qui, tra “temi svolti” in una loro compiutezza e tracce di percorsi volutamente parziali, la linea di svolgimento tracciata nella mia terra da una dignitosa civiltà letteraria. Questa, se non ha prodotto opere straordinarie, ha pur contribuito a definire modi e forme di vita dai quali è scaturito il disegno netto e l’espressione inconfondibile di un linguaggio. Si spiegano con queste convinzioni le modalità di questa premessa; agli scritti che vi sono raccolti si è conservata la fisionomia che avevano quando furono pubblicati nelle sedi, e nei tempi, subito dopo qui indicati. Non aver aggiornato dati e date vuol costituire il minimo di ‘storicizzazione’ (se non sembri ambizioso o presuntuoso) con cui queste pagine oggi, e in un meditato insieme, si ripropongono.

Luigi Scorrano ha insegnato per lungo tempo presso le scuole secondarie superiori, in particolare a Casarano, città che gli ha concesso la cittadinanza onoraria nel 2015. A Tuglie, suo paese di residenza, Scorrano è stata una figura politica di riferimento nel quadro della sinistra progressista di impianto socialista, assumendo anche la funzione di assessore alla cultura e impegnandosi in politica fino a epoca recente. Allievo di Aldo Vallone, ne divenne un assiduo collaboratore pubblicando con lui uno dei più fortunati commenti alla Divina Commedia di Dante. Da questa collaborazione sono nati molti saggi danteschi, che hanno guadagnato a Scorrano una notevole considerazione nel mondo accademico (è stato a lungo redattore di una delle principali riviste del settore, L’Alighieri); una impressionante mole di saggi è dedicata alla memoria dantesca negli autori contemporanei. All’attività di critico e saggista, Scorrano ha unito una variegata produzione letteraria: questa produzione, in parte inedita o pubblicata su sedi appartate, si colloca in generi letterari diversi, che vanno dal racconto alla poesia alla riscrittura dei classici. (scheda da Musicaos Editore)

venerdì 21 febbraio 2025

Ludovica Morrone - SHOJO BUNKA - Editrice La Torre

 
Ludovica Morrone
Shōjo bunka
La cultura delle ragazze in Giappone dalla riforma scolastica del 1872 al Salone di Ōizumi
Società Editrice La Torre
2025
pp. 216, ill. in b/n, euro 18,50
ISBN 978-88-96133-74-3

Durante l’era Meiji (1868-1912) il Giappone abbandonò il sistema feudale per intraprendere un processo di modernizzazione che trasformò profondamente la società. Grazie alla riforma del sistema scolastico del 1872, l’istruzione femminile si diffuse influenzando industria, moda ed editoria e le giovani giapponesi, vestite in abiti moderni e immerse nella vita sociale, incarnarono il volto di un Giappone che si apriva al mondo e guardava al futuro. Questo libro racconta il loro ruolo nel cambiamento culturale di un’epoca, riflettendo su come istruzione, moda e intrattenimento abbiano contribuito a ridefinire l’identità femminile in Giappone in un percorso di graduale emancipazione che dalla seconda metà dell’Ottocento e attraverso le guerre arriva fino agli anni Settanta del Novecento.

Ludovica Morrone (Roma, 1995) è laureata in Lingue e Civiltà Orientali presso l’Università di Roma “La Sapienza”. Nel 2020 ha ottenuto una borsa di studio per l’ammissione ai corsi della Nanzan Daigaku di Nagoya dove ha acquisito competenze bibliografiche e metodologiche che ha impiegato per perfezionare le sue ricerche nell’ambito degli shōjo studies. Membro del­l’As­sociazione Italiana per gli Studi Giapponesi, lavora come traduttrice freelance dal giapponese per alcune delle più importanti case editrici di manga in Italia e gestisce con successo un canale tematico su Instagram dedicato alle diverse espressioni della shōjo bunka.


Sergio Trombetta - DANZA RUSSA DEL NOVECENTO - Gremese

 
Sergio Trombetta
DANZA RUSSA DEL NOVECENTO
Dalle avanguardie ai grandi affreschi danzati

Gremese
collana Biblioteca delle arti
gennaio 2024
pp.204, ill. , € 24
ISBN 9788866921943


Dopo la Rivoluzione d’ottobre (1918), le autorità sovietiche cercarono di assoggettare anche la danza e il balletto – come tutte le arti – ai loro propositi di rivoluzione culturale e rieducazione delle masse. Le pressioni ideologiche, però, non spensero la creatività di coreografi, danzatori e musicisti. Piuttosto, furono l’innesco di un fermento che negli anni e nei decenni successivi li avrebbe portati a sviluppare nuovi linguaggi espressivi, oltre ad arricchire di nuove messe in scena il patrimonio classico.
Questo volume prende le mosse dalle avanguardie antiaccademiche degli anni Dieci e Venti, per addentrarsi poi nella grande stagione del drambalet, il balletto drammatico che declinava in danza il realismo socialista e che sarebbe sfociato nel capolavoro Romeo e Giulietta (1940) di Sergej Prokof’ev, coreografato da Leonid Lavrovskij. Da lì, lungo gli anni del dopoguerra e del “disgelo” subentrato alla morte di Stalin, l’autore rintraccia percorsi e protagonisti della danza russa del secondo Novecento: dal fondamentale apporto di Jurij Grigorovič, per quasi un trentennio direttore del balletto del teatro Bol’šoj, alle tournées che in Occidente celebravano étoiles straordinarie come Galina Ulanova, Maja Pliseckaja, Ekaterina Maksimova e Vladimir Vasil’ev.
Ed è in Occidente che il racconto si conclude. In particolare a Parigi, città simbolo di quella caratteristica “migrazione” che sin dal primo Novecento vide molti talenti russi espatriare alla volta di nuove e più libere ribalte espressive. Nella Ville Lumière, il genio creativo di Sergej Djagilev, Vaclav Nižinskij, Michail Fokin e George Balanchine diede frutti di immenso valore e contribuì a diffondere nel mondo il mito del balletto russo.

Sergio Trombetta, già giornalista per la «Gazzetta del Popolo» e «Stampa Sera», è recensore e critico di danza per «La Stampa» e «Danza&Danza», e ha collaborato con «L’Espresso». Curatore dell’edizione italiana de I grandi danzatori russi di Gennady Smakov (Gremese), ha scritto due biografie dedicate a Vaclav Nižinskij e a Rudolf Nureyev.

Rinaldo Ottone - IL BACIO DELL'ENIGMA - Marietti 1820

Rinaldo Ottone
IL BACIO DELL'ENIGMA
La radice affettiva della sapienza

prefazione di Giovanni Cesare Ragazzu
Marietti 1820
collana I Gufi
febbraio 2025
pp. 84, euro 11
ISBN 9788821152085

Può accadere nella vita di scontrarsi con una domanda che s’impone per la sua radicale portata esistenziale e, nel contempo, per la sua altrettanto radicale irresolubilità: un vero enigma che non si lascia sciogliere. Questo volume offre un’agile riflessione sul senso dell’enigma e su come l’uomo l’ha affrontato. Dalla mitologia greca al labirinto rinascimentale fino ad approdare a un testo scritto nel 1762 da Carlo Gozzi e poi ripreso da Friedrich Schiller, un testo che, nel libero adattamento di Andrea Maffei, è diventato una delle opere liriche più rappresentate al mondo: la Turandot di Giacomo Puccini.

Rinaldo Ottone, filosofo e teologo nato ad Auronzo di Cadore nel 1961, è insegnante stabile all’Istituto superiore di scienze religiose del Veneto Orientale e all’omologo Istituto di Trento. Insegna anche alla Facoltà Teologica del Triveneto, all’Università Pontificia Salesiana e all’Università LUMSA di Roma. Tra le sue pubblicazioni: Il tragico come domanda. Una chiave di volta della cultura occidentale (Glossa 1998); La chiave del castello. L’interesse teologico dell’empatia di Gesù (EDB 2018); Jesu dulcis memoria (Glossa 2018).



Umberto Cutolo - EBBREZZE - Jimenez

 
Umberto Cutolo
EBBREZZE
Da Noè al colibrì, da Hemingway al Martini: la bevuta che cambia la vita

Jimenez
dicembre 2024
pp. 147, euro 15
ISBN 9788832036879

Quante volte un momentaneo stato di ebbrezza ci ha fatto cambiare definitivamente vita? Che ruolo ha avuto questo piacevole stordimento su scelte che altrimenti mai avremmo compiuto? In quali occasioni questa ebbrezza, leggera e beata, ha aperto una sliding door che ha segnato la nostra o l’altrui esistenza? Partendo dall’esperienza personale — l’incontro con un cocktail Martini alla fine degli anni Sessanta in una Roma spensierata e gaudente — l’autore riscopre proprio nella diffusa ebbrezza — alcolica e creativa — di quei giorni il fil rouge con la “generazione perduta” raccontata da Hemingway e con le conseguenze di quel particolare stato (e, per antitesi, del suo rifiuto da parte delle generazioni successive), in una scorribanda incalzante di aneddoti, citazioni, riflessioni nelle quali si riscopre il significato dell’ebbrezza nella vita di tutti i giorni, così come nell’arte di tutti i tempi, nella natura che ci circonda (anche gli animali si ubriacano), nella politica, nella filosofia e perfino nella religione: cos’altro è se non un punto di svolta per l’umanità, quello che avviene quando Noè, sbarcato dall’Arca, dopo il Diluvio universale, si libera di tutta quell’acqua per inebriarsi di vino?
 
Umberto Cutolo, autore di saggi e romanzi, si è distinto con la serie comico-poliziesca “I delitti della Costiera” (Edizioni Clichy): Omicidi all’acqua pazza (2017), La scapece assassina (2018), Capitoni coraggiosi (2019). Giornalista professionista dal 1968, è stato direttore responsabile dell’AdnKronos e dei mensili dell’Aci, L’Automobile Club e HP Trasporti. È stato anche capo ufficio stampa del ministero per il Mezzogiorno e del ministero per i Trasporti e docente di Comunicazione presso l’Istituto Diplomatico.

giovedì 20 febbraio 2025

Nicola Gabriele - PONTI DI CARTA - Carocci

 
Nicola Gabriele
PONTI DI CARTA
Giornalismo e potere nella Sardegna dell’Ottocento

prefazione di Laura Pisano
Carocci editore
collana Biblioteca di testi e studi
dicembre 2012
pp. 224, euro 21
ISBN 9788843067718
 
Ponti tra l’isola e il continente, strumenti di collegamento tra mondi e culture distanti e profondamente differenti, ma anche capaci di accompagnare la Sardegna attraverso un repentino processo di trasformazione che in pochi decenni la vide passare dal feudalesimo alla modernità. Questo, e molto altro, sono stati i giornali che circolarono in Sardegna nell’Ottocento. Fragilissimi, come la carta di cui erano realizzati, ma forse per questo ancora più preziosi, perché testimoniano e documentano in modo dettagliato, con il ritmo della quotidianità, i profondi cambiamenti che la società sarda stava attraversando entrando a far parte del nuovo Stato unitario. Quei fogli e quelle gazzette, controllati prima dalla censura e poi dal governo o da consorterie che se ne servirono per fini politici ed economici, seppero ritagliarsi anche spazi di libertà di espressione e di pensiero, aprendosi alla cultura mediterranea, europea ed extraeuropea. Il volume traccia un profilo di molti giornalisti e pubblicisti che animarono la stagione pre e postrisorgimentale, ricostruendo i caratteri più rilevanti di una stampa che contribuì a diffondere un senso di appartenenza, di “italianità”, prezioso per il processo di integrazione della società isolana all’interno della nuova dimensione rappresentata dallo Stato nazionale.
 
Nicola Gabriele è docente di Lettere e dottore di ricerca in Storia moderna e contemporanea, collabora con il Dipartimento di Storia, Beni culturali e Territorio dell’Università di Cagliari. È autore di volumi e saggi storici; tra le sue pubblicazioni: Modelli comunicativi e ragion di Stato. La politica culturale sabauda tra censura e libertà di stampa (1720 – 1852) (Polistampa 2009), Scegliere la patria. Classi dirigenti e Risorgimento in Sardegna (Donzelli 2011), Lealtà ecclesiastica e politica unitaria. Luigi Amat di San Filippo, vita e politica di un cardinale di Pio IX (am&D 2012).


mercoledì 19 febbraio 2025

Éric Chevillard - PALAFOX - Prehistorica

 
Éric Chevillard
PALAFOX
(titolo originale Palafox, Minuit 1990)
traduzione e cura di Gianmaria Finardi
Prehistorica editore
collana Chevillardiana
2024
pp. 200, euro 17
ISBN 9788831234283
 
Vediamo spuntare Palafox da un uovo che Algernon Buffoon, pedante ambasciatore inglese in pensione, si sta accingendo a mangiare per colazione, per lo stupore dei commensali.
Certo, a prima vista, tutto lascia pensare che Palafox sia un pulcino; al massimo uno struzzo, dalle lunghe zampe e il collo smisurato. Un comune cucciolo di giraffa allora, col pelo giallo maculato, sì uno di quei leopardi silenziosi e temibili mangiatori d’uomini; un altro squalo assetato di sangue, una seccante zanzara con la sua tromba caratteristica, di qualsivoglia elefantino… ma presto si inizia a dubitarne. Palafox gracida, ci lecca la faccia, e le nostre certezze vacillano.
Romanzo di scintillante ironia, una sfida lanciata al lettore che, come gli altri personaggi, sarà letteralmente chiamato ad acciuffarlo. Dietro un velo di umorismo, Palafox incarna la quintessenza della letteratura che -lungi da mode e ricette- dimostra di sapersi ancora muovere splendidamente sul terreno della fantasia e dell’invenzione pura.
Un romanzo di fulgida intelligenza e umorismo, probabilmente il più divertente di Chevillard.” The Times

L'incipit
Si scapsula un uovo, o cosa, come nominare la delicata operazione che consiste nel farne saltare il quarto superiore, ritenuto superiore, con l’ausilio di un cucchiaino da caffè? Si scavezza, scapotta, scalotta un uovo? Non ne sapevano niente i tre commensali, che archiviarono la questione con un gesto della mano, un gesto tecnico mirabile, breve e preciso, mai la parola maestria sarà stata impiegata meglio. Si complimentarono vicendevolmente quando a sua volta, ma lui beccandolo e senza fare il furbo, Palafox ruppe il suo guscio. Eppure la sua intenzione non era quella di uscire, no, non così presto, voleva giusto ingrandirsi un po’, giusto appropriarsi del locale attiguo. Crescere in un uovo, arriva il giorno in cui non si può più. Palafox cominciava a mancare di spazio. Attorno al tavolo, in compenso, disponevano di un margine di manovra confortevole, troppo distanti gli uni dagli altri per piantarsi accidentalmente una forchetta nell’occhio, infastiditi persino dalle bottiglie. Venne evocata la guerra, poi la conversazione deviò sul prossimo matrimonio, e s’imperniò sulle uova quando Palafox fece irruzione. Tuttavia, allungando il braccio, Maureen poteva benissimo e molto facilmente cavare un occhio al padre, o al futuro marito, in caso di improvviso disaccordo su questo o quel soggetto. E a Chancelade sarebbe bastato un gesto per 7cavare un occhio, a scelta, al futuro suocero o alla futura moglie, anzi al futuro suocero e poi alla futura moglie, o all’inverso, per prima cosa alla futura moglie e solamente allora al futuro suocero. Algernon malgrado il sangue che lo accecava poteva rispondere e, colpo su colpo, cavare un occhio alla figlia e poi al futuro genero, o all’inverso, ma nulla di simile si verificò, per fortuna, ci si intendeva sull’essenziale. Chancelade doveva partire per il fronte. Non importa, Maureen lo aspetterà. Algernon era troppo vecchio per battersi. Invidiava il suo giovane amico. Il matrimonio avrà luogo al suo ritorno, una volta sconf itto il nemico. Si farà qualcosa di intimo. A meno, oh! sì, che non si affitti un castello per l’occasione. Si potrebbe dunque fare qualcosa di sontuoso. Maureen ne voleva tre, il primogenito si chiamerà Algernon. C’era, del resto, tutto il tempo di pensarci. Almeno per il momento, torniamo sulla terra, a Chancelade piacevano le uova fresche? Le acquistavano ogni mattina da un produttore locale, a prezzo di fabbrica. Non avevano per così dire lasciato la regione. Molto, Chancelade ne andava matto letteralmente, cascavano a fagiolo, delle uova fresche.

Éric Chevillard è nato nel 1964 a La Roche-sur-Yon e, come recita non senza ironia il suo sito, “ieri il suo biografo è morto di noia”. Si tratta indubbiamente di uno dei massimi scrittori francesi contemporanei, che ha saputo suscitare il vivo interesse di critica e pubblico, anche all’estero. Ideatore del fortunatissimo blog letterario, L’Autofictif, ha nel corso degli anni ottenuto diversi e prestigiosi premi, come il PRIX FÉNÉON, Il PRIX WEPLER, il PRIX ROGER-CAILLOIS, il PRIX VIRILO e il PRIX VIALATTE per l'insieme della sua opera. Molti dei suoi capolavori sono tradotti, in inglese, spagnolo, tedesco, russo, croato, romeno, svedese e cinese. Nel 2013, la traduzione di un suo romanzo, Préhistoire (1994; Prehistoric Times), si è aggiudicata il Best Translated Book Award – premio statunitense assegnato dalla rivista “Open Letters” e dall’università di Rochester. Ha scritto oltre venti opere - volendo menzionare solo i romanzi - pubblicate dalla leggendaria casa editrice francese Les Éditions de Minuit, diventata grande con Samuel Beckett e il Nouveau Roman. Sul riccio è il primo testo in assoluto pubblicato da Prehistorica Editore, tutti sono stati tradotti da Gianmaria Finardi.

Gianmaria Finardi, il traduttore di questo libro, è dottore della ricerca in letteratura francese ed editore. I suoi lavori si concentrano principalmente sulla semiotica e l’ermeneutica, per estendersi alla critica letteraria, sino agli aspetti teorici della traduzione. È autore del blog di Prehistorica Editore, Incisioni del traduttore. È il traduttore, in Italia, di tutte le opere di Éric Chevillard.



L’editore 'Il ramo e la foglia' intervista l’autore: Alessandro Conforti


Sta per uscire con Il ramo e la foglia edizioni la tua raccolta di racconti "La mula e gli altri", con sottotitolo "Faccende semiserie di provincia", potresti presentarti brevemente ai nostri lettori?
 Purtroppo no. Il fatto è che non ho ancora assolto a quella terribile prescrizione della Pizia di tremila anni fa, "conosci te stesso", e allora non so come fare a presentarmi agli altri. Potrei magari rappresentare qualche fatto della mia vita, ma si pone il problema della scelta. Mi scoccerebbe dover sorvolare su "cani, gatti, uccelli, cianfrusaglie del passato, amici e sogni ", perт non conta forse piщ un sogno del mio impiego? Alcune cianfrusaglie piщ dell'etа? Il passato non si presenta, il presente non passa mai. Si presentino gli altri, se vogliono; io non gli crederò.
Perché scrivi, e in particolare racconti?
 Domanda all'apparenza banale, in realtа cervellotica. La prima risposta che mi viene è che scrivo perchè mi piace, ma mi rendo conto che questo porta solo a riformulare il quesito: perchè mi piace scrivere?
Immagino che sia perchè mi è sempre piaciuto molto leggere, e a un certo punto ho voluto provare a leggermi, a vedere se mi sarei piaciuto come scrittore. A volte si, a volte no. Quando non mi piaccio evito di proporre quel che ho scritto a riviste o editori, ma a volte mi piaccio subito per poi non piacermi col tempo. Pazienza, bisogna imparare a sopportarsi.
Il racconto è quasi una scelta obbligata, nel senso che quando scrivo tendo a immergermi nella materia narrata in modo da non riuscire a riemergerne con serenitа fin quando non sono arrivato a quella che per me è la stesura finale. E' un'esperienza affaticante perché non vivi appieno quel che ti capita - di bello o di brutto -. Quindi con un racconto riesco a mettere un "punto" un po' prima, e a respirare meglio. Poi dopo un po' me ne arriva un altro e devo scriverlo per forza, anche se ne farei a meno.
Riguardo alle tue letture, quali sono gli autori o i titoli che ti hanno appassionato, che in qualche modo possono averti influenzato nella scrittura di questi racconti?
Per dare una risposta sensata, consiglierei di dare un'occhiata alle note a fine volume, dove indico alcune opere e autori che hanno influenzato i racconti di questa raccolta. Sicuramente c'è Malerba, la sua "scoperta dell'alfabeto" è alla base di questa mia antologia. Ma ci sono anche l'immenso Gianni Rodari e Giuseppe Pontiggia. Voglio però citare qui anche una scrittrice non italiana che mi ha insegnato per prima come la letteratura possa essere il mezzo principale, forse l'unico che ho trovato, a cambiare prospettiva. Non poteva che essere una donna, è Marion Zimmer Bradley, autrice di "Le nebbie di Avalon".
Dimenticavo Cesare Pavese, un pensatore di cui secondo me non abbiamo ancora afferrato tutta la grandezza; le sue opere potrebbero essere centrali per riflettere sul ruolo del maschio nella nostra societа. C'entra molto con l'ultimo racconto della raccolta, "la luna rideva", e non solo nel titolo.
Ne voglio dire ancora una: Lalla Romano. "La penombra che abbiamo attraversato" è qualcosa di sublime, ma in quanti leggono questa scrittrice?
Qual è lo stile compositivo a cui ti attieni?
Leggendo mi capita, a volte, di incontrare testi di cui intravedo uno schema, una sorta di griglia compositiva. Non sono le letture che mi piacciono, le trovo noiose e prevedibili. "Il viaggio dell'eroe" va saputo per poterlo dimenticare, per seguire altri percorsi. Senza agenzie turistiche, magari.
Una volta a un corso di scrittura (terrificante, per fortuna avevo vinto una borsa di studio e non ho dovuto pagarlo di tasca mia) la docente, nota scrittrice, ci invitava, quando progettavamo il nostro scritto, a ricordare sempre, al netto delle nostre inclinazioni, che "c'è mondo lа fuori". Si dimenticava di aggiungere la cosa più importante: "dimenticatelo".
Cosa ti ha spinto a scrivere "La mula e gli altri"? Perché questo titolo? Quali sono i temi che tratti? Ossia, di quali "faccende" tratti?
Come dicevo, i racconti mi arrivano, e non so neanche capire da dove. Ovviamente non mi arriva il racconto fatto e finito (sarebbe bello), ma uno spunto, l'idea principale. Che poi и quella che io chiamo ispirazione. Il resto è tutto un lavoro un po' da malati, da ossessivi.
C'è il tema del ricordo, fortissimo, e anche quello della libertа, irraggiungibile. Irraggiungibile perché siamo incatenati a una societа che ci guida le mani e le parole con una coercizione talmente abile da apparire invisibile. Le galline del primo racconto sono la sintesi anche di questo.
"La mula" è una dei protagonisti di questi racconti, ma и anche un racconto; "gli altri" possono essere sia gli altri personaggi sia gli altri racconti. Possiamo essere anche noi che leggiamo e ci interroghiamo sul mistero che questa mula macilenta esprime.
Pensate che all'inizio il libro doveva intitolarsi "Oceano". Quanta pretesa.
Quanto tempo hai impiegato per scrivere questi racconti? Ci racconti la genesi del libro?
Direi due o tre anni, con lunghe pause tra un racconto e l'altro. Scrivere è difficile e in mezzo ci sono stati tanti altri racconti, che sono rimasti inediti oppure che non ritenevo adeguati a questa antologia. E' un po' lo stesso percorso che ha avuto il mio primo libro, "Le nove spine". Io tra l'altro ho bisogno di lasciare i racconti a riposo per un po' di tempo, uno o due mesi, prima di riprenderli in mano per rivederli o, eventualmente, cestinarli. E' come se avessi la necessitа di dimenticarli e riprenderli in mano da semplice lettore. A volte sono molto critico rispetto a quel che ho scritto, altre volte piacevolmente stupito. Ve l'ho detto, c'è un po' di malattia in tutto questo, una persona perfettamente sana non scriverebbe nulla.
Infatti scriviamo in tantissimi.
Che cosa ti aspetti da questa pubblicazione?
Cerco di non avere aspettative perché ogni aspettativa reca con sè lo spettro della performance e del giudizio. Quel che vorrei и incontro, dialogo, scambio. Non mi interessa cambiare il mondo, ma sarebbe bello se il mondo, dopo aver letto il libro, desse a me l'opportunitа di cambiare.
Ci sono dei lettori a cui pensi che il libro possa particolarmente interessare?
Beh, si. Credo che se a un lettore stia piacendo questa intervista, ci sono buone probabilitа che apprezzerа il libro. Per per verificare questa mia supposizione possiamo provare con un argomento a contrario: a voi è piaciuto il mio libro, altrimenti non mi avreste pubblicato: vi piace l'intervista?
Cosa può convincere un lettore incerto a leggerti?
Il processo di scelta della lettura è qualcosa di profondamente personale e sono certo che gli slogan servano a poco. Gli consiglierei semplicemente di dare uno sguardo alla copertina, una lettura delle bandelle e della quarta. Se può farlo, di tenere in mano il libro qualche minuto, di aprirlo. Poi deve ascoltarsi un po', capire quel che il volume gli ha detto o gli ha taciuto, e decidersi. Nonostante un mondo che suggerisce il contrario, continuo a credere che un libro non sia un prosciutto; e forse и un male perchй sospetto che il mercato dei prosciutti sia molto più florido. Lo auguro ai salumifici, almeno.
Hai qualcosa da aggiungere?
Si. Sarebbe bello se qualcuno che leggerа il libro avrа voglia di farmi sapere cosa ne pensa, quali emozioni ha sentito, poter avere un dialogo con lui o lei. La mia email и confortiletterari@libero.it. Ho anche i social ma li evito.