venerdì 28 febbraio 2025

Matteo Miavaldi - UN'ALTRA IDEA DELL'INDIA - add

 
Matteo Miavaldi
UN'ALTRA IDEA DELL'INDIA
Viaggio nelle pieghe del subcontinente

add editore
febbraio 2025
pp. 288, euro 20
ISBN 9788867835126
 
Scardinare la narrazione che negli anni si è cristallizzata attorno all’India non è un’impresa semplice. Celebrato come culla di spiritualità e nonviolenza, terra di rinascita e misticismo, complice il fascino di illustri testimonial come i Beatles, il Paese resta spesso ingabbiato in un’immagine preconfezionata. Ispirandosi al disincanto analitico che guidò Alberto Moravia nel suo viaggio in India del 1961, Matteo Miavaldi ci accompagna in un percorso che smonta questa lettura.
Con il ritmo vivace di un’indagine sul campo, punteggiata di incontri e aneddoti, l’autore si addentra nei meccanismi più subdoli della propaganda orchestrata dal primo ministro Narendra Modi, al potere da oltre un decennio. Ci svela così il lato più oscuro dell’universo indiano, un’ombra lunga nata assieme alle riflessioni sul destino di un’India ancora coloniale, che alla molteplicità di culture, lingue e religioni oppone la supremazia di un gruppo solo, quello hindu.
Oggi che la democrazia più popolosa del mondo, e la quinta economia a livello globale, mostra la sua faccia meno rassicurante, questo viaggio reportage getta uno sguardo acuto su come la potenza indiana si prepara a tracciare la sua strada per il futuro, in campo politico, economico e tecnologico.

L'incipit dell'Introduzione
«Questi stanno ammazzando l’India di cui mi sono innamorato.» Gautama Baba è seduto di fronte a me a un tavolo dello Shiva Restaurant, nel quartiere Assi di Varanasi. È uno di quei ristoranti aperti a colazione, pranzo, cena, col menu lungo tre pagine fitte: cucina unta e bisunta dell’India del Nord, street food dell’India meridionale, chow mein e cucina cinese che è cinese solo di nome, pizza e «maccaroni spaghetti». Per gli standard di Varanasi, la città più sacra dell’induismo e tra le destinazioni preferite del turismo di massa indiano, qui i prezzi sono ancora abbordabili. Motivo per cui, dalla mattina alla sera, allo Shiva Restaurant la clientela non manca mai. L’altro motivo è che dentro ci sono sia i ventilatori sia l’aria condizionata: è un ristorante ac, che in India non descrive solo la climatizzazione del locale, ma è sinonimo di lusso. Da quando ci siamo conosciuti, alla fine di maggio 2024, un giorno sì e uno no Gautama Baba e io per pranzo ci siamo dati appuntamento allo Shiva Restaurant: arriviamo, ordiniamo due «fresh lime soda, sweet and salted» e prima di tutto parliamo del tempo. Non perché siamo a corto di argomenti, ma a fine maggio 2024 Varanasi è al centro di un’ondata di calore eccezionale: fuori dal cono refrigerato del nostro tavolo ci sono quarantotto gradi, percepiti cinquantadue. In sostanza, è un altro modo per chiedergli, meno indelicatamente, se queste condizioni atmosferiche sono compatibili con la sua vita ascetica e, soprattutto, con la sua età. Gautama Baba ha quasi ottant’anni. È alto, magrissimo, carnagione bianco caucasica, occhi azzurri, barba e capelli lunghi e bianchi, un paio di grossi dreadlock in testa. Gira per la città vestito con una lungi1 arancione, una gamcha a scacchi che fa da asciugamano per il sudore e turbante a coprire la testa, una borsa di tela a tracolla dove tiene quasi tutto quello che possiede: gli occhiali da vista, un vecchio cellulare, uno smartphone e diversi sacchetti di plastica per gli avanzi di cibo da distribuire ai cani randagi. Ha lasciato il Nordamerica all’inizio degli anni Settanta, è arrivato in India, ha bruciato il passaporto e non se n’è mai più andato. Il fatto che sia un Baba – detto male, ma per capirsi, un «santone» hindu – e che però sia anche occidentale, qui non è motivo di stupore. Anzi, dice molto di una tradizione religiosa che da qualche decennio si è aperta a adesioni non propriamente ortodosse, come quella di un giovane viaggiatore approdato dall’altra parte dell’oceano e sedotto dal percorso spirituale dei sannyasin, i rinuncianti: chi, come Gautama Baba, decide di distaccarsi dai beni materiali e dalle emozioni – o almeno ci prova – per perfezionare la comprensione del mondo spirituale. Lui ha conosciuto il suo guru nella città santa di Haridwar a metà degli anni Settanta, ha ricevuto l’iniziazione una quarantina d’anni fa e da più di trenta vive a Varanasi, dove non solo lo conoscono tutte le persone del quartiere, ma anche tutti i randagi, che lo scortano in giro per la città vecchia da quando mette piede fuori casa a quando rientra. Per quanto il caldo sia pesante, si tira avanti, dice, perché «maggio è terribile, ma giugno è impossibile, quindi c’è ancora tempo per stare peggio». E tanto a questa età si esce poco, si mangia poco e si dorme ancora meno. «Non è vero quello che ti dicono quando sei giovane, che la vecchiaia porta saggezza, esperienza, pazienza. La vecchiaia è una merda.»

Le presentazioni del libro

Un’altra idea dell’India | Testo | Firenze
28 febbraio 2025 15:00 - 15:45
Un’altra idea dell’India | Libreria Spazio Sette | Roma
7 marzo 2025 18:30 - 19:30
Un’altra idea dell’India | La Libreria del Golem | Torino
10 marzo 2025 18:30 - 19:30
Un’altra idea dell’India | Libreria Verso | Milano
11 marzo 2025 19:00 - 20:00
Un’altra idea dell’India | Libreria Arcadia | Rovereto
12 marzo 2025 19:00 - 20:00
Un’altra idea dell’India | Due Punti Libreria | Trento
14 marzo 2025 18:00 - 19:00

Matteo Miavaldi  scrive di India e Asia meridionale per testate come «il manifesto» e «Lucy». Ha lavorato come producer con Chora Media ed è stato coautore del podcast Altri Orienti. Dal 2010 collabora con il collettivo di giornalisti e sinologi China Files. Il suo ultimo libro è I due marò, tutto quello che non vi hanno detto (Edizioni Alegre, 2013).

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