lunedì 11 luglio 2022

Adrian N.Bravi - L'INONDAZIONE - Nottetempo

 

Adrian N.Bravi
L'INONDAZIONE
Nottetempo
pp. 184, settembre 2015, Euro 13
ISBN 978-88-7452-561-4


Il libro

Morales vive con Clemente, un cane arancione con le orecchie appese, in una soffitta di Río Sauce. Un paese che prende il nome da un fiume e che, dopo un’inondazione, è diventato una distesa d’acqua disseminata di tetti. Tutti gli abitanti lasciano le loro case sommerse tranne Morales che passa le sue giornate a percorrere il paese in barca, a mangiare fagioli neri all’osteria del Turco Hasan e a sorvegliare le mosse di un enorme caimano che si stabilisce nella stanza dei figli. Con l’andare del tempo ha la strana sensazione che i luoghi non siano piú dove li ricordava e che la mappa del paese si sia scomposta, a eccezione del cimitero sommerso dove riposa la moglie. Tutto potrebbe restare eternamente sul fondo del fiume, se su Río Sauce non gravasse la minaccia di una speculazione, e un gruppo di imprenditori, forse cinesi, non si apprestasse a comprare per poco il passato di una cittadina fantasma infestata di coccodrilli. Con la sua lingua incantata Bravi racconta una vicenda a fior d’acqua, in cui tutte le grandi avventure umane, le minacce, le promesse, le nostalgie e gli affetti avvengono nel calibrato silenzio di una vita sospesa.


L'incipit

Nella soffitta di una grande casa appartenuta un tempo al colonnello Juan Ignacio Albarracín, che era morto di peste dopo il suo ritorno dalla guerra del Paraguay, abitava Ilario Morales, un uomo smilzo sulla settantina (basco di nascita ma entrerriano d’adozione), che, nonostante le suppliche di vicini e amici, aveva deciso di non lasciare quel posto per nessuna ragione al mondo. “Se il fiume ha voluto cosí,” diceva indicando i tetti delle case sospesi sulla superficie dell’acqua, “cosí sia”. Si era rifugiato in quella soffitta chiusa da una vita (che usava piú come deposito che come stanza) e, per una strana ragione, aveva salvato solo poche cose dall’acqua che aveva già invaso il piano terra. Quando si era ritrovato con tutta la casa inondata, era rimasto a guardarla pensieroso, senza sapere che fare. Si era appena svegliato nella sua stanza al primo piano e, come al solito, stava per andare giú in cucina, al piano terra, a farsi un mate e aprire le finestre, gesto che ripeteva da anni, forse l’unico della giornata che fosse rimasto invariato nel tempo. Invece, quando aveva cominciato a scendere la prima rampa di scale, si era trovato con tutta quell’acqua imputridita che saliva senza fretta (aveva già divorato il tavolo e le sedie, oltrepassato i fornelli, e di lí a poco avrebbe raggiunto il soffitto, che non era altissimo, ma superava comunque i due metri e trenta o due metri e mezzo). Morales allora si era tolto le scarpe, i pantaloni, la camicia e aveva continuato a scendere giú per i gradini. Sentiva freddo alle gambe, anche se l’acqua era calda e spessa, piena di fango e di odori strani che non aveva mai sentito in vita sua. Alla fine aveva preso il mate, la yerba e poche altre cose che erano in alto sulla credenza, e con quella roba in mano era andato in soffitta (dove in genere saliva per fare qualche lavoretto col legno, riparare il bracciolo di una poltrona, la gamba di un comodino, o per stare per conto suo, come diceva alla moglie: “Vado in soffitta a stare per conto mio”). Aveva liberato una finestra dalle ragnatele e si era affacciato sulla strada. La piena, che era arrivata in silenzio durante la notte, aveva coperto l’intera vallata fino all’orizzonte. Non aveva mai visto niente di simile su quelle terre. Ricordava altre inondazioni, perché abitava a Río Sauce e a Río Sauce tutti sapevano di potersi risvegliare la mattina con mezzo metro di fango dentro casa, lo mettevano per cosí dire in conto, ed era capitato pure che l’acqua avesse rovinato qualche mobile, ma stavolta il fiume sembrava voler costringere la vallata e tutti i suoi abitanti ad assistere a un evento eccezionale. Le piante acquatiche, arrivate con la corrente, si intrecciavano sui muri e sui pali; creavano piccoli isolotti dove si nascondevano vipere, topi e altri animali che non si vedevano da tempo, come quei cuccioli di scimmia urlatrice che erano rimasti intrappolati tra i rami e che, dopo un po’, qualcuno aveva chiuso in una scatola con dei fori, per portarseli via in una barca piena di gabbie e uccelliere.


L'autore

Adrián N. Bravi (Buenos Aires, 1963) vive a Recanati e lavora come bibliotecario presso l’università di Macerata. Nel 1999 ha pubblicato il suo primo romanzo in lingua spagnola e dal 2000 ha iniziato a scrivere in italiano. Di lui nottetempo ha pubblicato La pelusa (2007), Sud 1982 (2008), Il riporto (2011), L’albero e la vacca (in Indies Feltrinelli, 2013, vincitore del Premio Bergamo 2014), L'inondazione (2015). Ha pubblicato anche Restituiscimi il cappotto (Fernandel, 2004), La gelosia delle lingue (EUM, 2017), L'idioma di Casilda Moreira (Exòrma, 2019) e Il levitatore (Quodlibet, 2020). Nel 2012 il cortometraggio di Andrea Papini ispirato al romanzo Il riporto ha vinto la prima edizione del Premio Bookciak 2012. I suoi libri sono stati tradotti in francese, inglese, spagnolo e arabo.

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