martedì 12 luglio 2022

Gert Hofmann - LA PARABOLA DEI CIECHI - Racconti Edizioni


Gert Hofmann
LA PARABOLA DEI CIECHI
(Der Blindensturz, 1985)
Traduzione di Tiziana Prina
introduzione di Luciano Funetta
postfazione di Micheal Hofmann
Racconti Edizioni, collana Scarafaggi
pp. 144, settembre 2019, Euro 14
ISBN 978-88-99767-44-0


Il libro

Sono pochi i racconti che hanno saputo inabissarsi nelle possibilità narrative scandagliate dalla Parabola dei ciechi. A metà degli anni ’80, a circa quattrocento anni di distanza dall’omonimo dipinto di Bruegel, Gert Hofmann si propose di scrivere una genealogia teatrale del quadro, una sua messa in scena che raccontasse il diventare arte dei personaggi, seguendo l’assurda idea che si potesse spiegare un’immagine a partire dall’incespicante prospettiva di un gruppo di ciechi. Così, ascoltando l’eco di un’Europa dilaniata dalle guerre di religione, brancolando senza guida nelle Fiandre di Pede-Sainte-Anne, assistiamo alla continua interrogazione e sofferenza di questo «noi» impacciato che, ignaro del perché, si dirige dal «pittore» per farsi ritrarre nella posa che la parabola biblica e il proverbio fiammingo imporrebbero: Quando un uomo cieco ne guida un altro, ambedue cadranno nella fossa. Bruegel e Hofmann ne immaginano sei, aggiungendo anelli a una catena di capitomboli che quella prima persona plurale sembrerebbe moltiplicare all’infinito, fino ad abbracciare l’intera umanità. Noi, i ciechi, ascoltiamo i lamenti di un mondo straziato, gattoniamo per uscire dai fossi, siamo inseguiti dai corvi, ci fidiamo e veniamo traditi dai consigli di chi ci accompagna, spesso li travisiamo, siamo costretti a cacare in pubblico, ci rendiamo ridicoli, siamo attori di un grande equivoco, l’esistenza. E per far sì che questa caduta pieghi di un poco la sua traiettoria – e si faccia parabola – non ci rimane che vederci per quello che siamo e farci immortalare nell’opera d’arte. Correndo il rischio di trasformare la verticale in cerchio, di girare in tondo alla cieca, di cadere per l’eternità, in attesa della fine, scambiando un equivoco per un altro.


L'incipit

Nel giorno in cui dobbiamo essere dipinti – è già di nuovo un altro giorno! - ci strappa dal nostro sonno un bussare al portone del fienile. No, non è qualcosa che batte dentro di noi, proviene da fuori, dagli altri. Che c'è ? gridiamo e a fatica rientriamo in noi. Siamo in un sogno. Sopra di noi le nuvole, siamo distesi in parte sopra e in parte sottoterra nel solco appena tracciato di un campo infinito. Una gamba già affonda nel terreno, l'altra è ancoraa fuori.

Intorno a noi, in fiocchi grandi e bianchi, di cui serbiamoancora vivo il ricordo, cade nelle dolci pieghe del paesaggio la neve, e copre tutto: le erbacce, l'aratro, gli alberi, così come tutti gli altri oggetti che da tempo abbiamo abbandonato, ma che probabilmente ci sono ancora. Copre infine anche l'altra gamba, che sino all'ultimo si stagliava nel cielo come una pietra scura. Meno male che è finita, pensiamo, siamo sottoterra. Cominciano a dimenticarci. E ora con il loro bussare ci traggono di nuovo a sé verso l'alto. Si, gridiamo strisciano in su, perché ci disturbate ancora ?


L'autore

Gert Hofmann (Limbach, 1931 – Erding, 1993) è stato uno scrittore e drammaturgo tedesco, transfuga dalla Germania dell’Est, che nel corso della sua prolifica carriera ha vinto l’Alfred Döblin Preis, l’Ingeborg Bachmann Preis, l’Hörspielpreis der Kriegsblinden e il Literaturpreis der Stadt München.

In italiano erano stati pubblicati Un uomo da evitare (Marcos y Marcos, 1989), La delazione (Theoria, 1990) e Casanova e l’attrice (Guanda, 1993). Hofmann è stato capace di «mettere a nudo il mistero della fangosa Europa», nelle parole di Luciano Funetta che firma l’introduzione a La parabola dei ciechi (Racconti, 2019).




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