mercoledì 10 settembre 2025

Paul Guillibert - SFRUTTARE I VIVENTI - Ombre Corte

 
Paul Guillibert
SFRUTTARE I VIVENTI
Un'ecologia politica del lavoro

(titolo originale Exploiter les vivants. Une écologie politique du travail, Editions Amsterdam, agosto 2023)
traduzione di Gianfranco Morosato
prefazione di Maura Bengiamo ed Emanuele Leonardi.
Ombre Corte
collana Ecologiche
giugno 2025
pp. 120, euro 13
ISBN 9788869483066
 

«L’ecologia comincia in casa» è lo slogan che usano le organizzazioni che sostengono una crescita verde. Come individui, siamo chiamati a farci agenti della transizione ambientale. Chi resiste al cambiamento, in particolare i più poveri, sono trattati come negazionisti climatici. La necessaria trasformazione degli stili di vita e dei metodi di produzione sarebbero invece prerogativa degli abitanti delle città, istruiti e illuminati. È uno scenario dicotomico: da una parte le classi popolari si allontanano dall’impegno ecologico; dall’altra l’ecologia appare appannaggio dei ceti più agiati. Per uscirne, Paul Guillibert discute il grande assente del pensiero ecologico: il lavoro. Sostiene che sono le forme di sfruttamento del lavoro (salariato, servile, domestico), nelle piantagioni coloniali, in casa o in fabbrica, a dare forma all’ecocidio. È lo sfruttamento degli esseri umani, ma anche lo sfruttamento dei viventi. Rimettere la produzione capitalistica al centro della crisi significa costruire nuove alleanze tra lavoratori ed ecologisti, tra umani e non. Una sintesi originale che guarda all’ecologia politica attraverso la lente dei rapporti di dominio, per costruire un’ecologia veramente emancipatrice. Prefazione di Maura Bengiamo ed Emanuele Leonardi.

La Prefazione di Maura Bengiamo ed Emanuele Leonardi.
Negli ultimi trent’anni, l’attenzione verso la crisi ecologica ha conosciuto una straordinaria espansione all’interno delle scienze umane e dei saperi accademici, spaziando dalla sociologia alla storia, dal diritto alla filosofia. Questo interesse crescente non è casuale: si radica infatti nell’emergere della crisi climatica come problema politico e di governo, che ha reso evidente e tangibile l’intreccio profondo tra questioni ambientali e dinamiche sociali. Tuttavia, questa presa di coscienza non si è limitata a svelare connessioni preesistenti – si pensi al grande ciclo di lotte contro la nocività, specialmente nel Lungo Sessantotto italiano, o ancora al potenziale ecologista dei processi di decolonizzazione – ma ha anche trasformato il ruolo di questa co-appartenenza nel contesto delle strategie di valorizzazione capitalistica.

L’ecologia politica si è distinta come campo d’indagine privilegiato per analizzare i rapporti di potere che strutturano le criticità ambientali e le mettono in forma da un punto di vista socio-economico.[1] Recentemente, tale spazio di confronto è stato attraversata da un intenso dibattito che ha osservato due tendenze contrapposte: da un lato, l’assimilazione “dall’alto” del danno bio-sferico, riconfigurato come inedita opportunità di mercato – nel tentativo, evidente per esempio nell’ambito della governance climatica, di trasformare una crisi del capitale in una crisi per il capitale. Dall’altro lato, si è registrata una significativa moltiplicazione, “dal basso”, di movimenti sociali e sindacali che – rivendicando giustizia sociale ed ecologica – tentano con alterne fortune di costruire alleanze politiche ai più disparati livelli, da quello municipale a quello transnazionale. Tradizioni critiche come il pensiero decoloniale e l’ecofemminismo hanno ulteriormente rafforzato questa seconda tendenza, che conseguentemente insiste sulla necessità di nuovi approcci epistemici e ontologici per (ri)pensare le relazioni tra società e ambiente.
 
È in questo quadro che si colloca la riflessione proposta in questo volume da Paul Guillibert, brillante filosofo della Sorbona, punto di riferimento dell’eco-marxismo a Parigi e già autore di un’importante monografia su temi affini a quelli di cui stiamo discutendo.[2] Il nucleo del discorso verte sul problema dell’emancipazione, pensata a partire dalla questione del lavoro: un tema classico della critica marxista, qui però riletto alla luce delle pratiche di dominio socio-ecologico che condizionano l’attività produttiva e intensificano lo sfruttamento della forza-lavoro.
 
In questo scenario, ci preme sottolineare, l’ecologia politica non si limita a elaborare una critica delle politiche ambientali ripiegate sugli strumenti di mercato. Piuttosto, essa si configura come vera e propria critica ecologica dell’economia politica. Il suo scopo, infatti, è comprendere lo sviluppo dei regimi socio-tecnici di sfruttamento e l’articolazione della composizione di classe in relazione al degrado ambientale. Inoltre, essa ambisce a individuare nel rapporto tra produzione e riproduzione la leva storica di una trasformazione radicale.
 
La questione che il volume affronta è cruciale e può essere riassunta così: come ripensare questo rapporto in un contesto in cui lo stesso ordine capitalista sembra aver scoperto la funzione produttiva della riproduzione sociale e una nuova, “arcana” forma-merce agisce all’interno della società? Dalla proliferazione microbica ai “servizi” ecosistemici, la vita stessa appare essere sempre più incorporata nella sfera finanziaria e più in generale nella creazione di valore. Ciò evidentemente offusca i confini rigidi tra sfera della produzione e della riproduzione, che pure erano stati fondamentali per lo sviluppo del capitalismo moderno. Di più: promuovendo astrazioni funzionali della natura, dell’incertezza e del rischio, il capitalismo “verde” mostra la posta in gioco ontologica che lo contraddistingue e che s’incarna nel tentativo di definire ciò che la realtà in effetti è – vale a dire di forzarla nelle maglie strette della logica del valore.
 
Se la domanda è radicale, la risposta che il volume propone è inequivocabile: poiché lo sfruttamento del lavoro è il cuore pulsante della crisi ecologica, attenuarne gli effetti richiede sì un attacco diretto al meccanismo che estrae plusvalore, a partire però da una comprensione per così dire più-che-umana della produzione, in grado di contrapporre al capitale forme conflittuali di interdipendenza multi-specie. Come già osservava André Gorz,[3] la questione ecologica non può essere trattata come un problema di mera gestione razionale delle risorse; essa impone una riflessione radicale sulla transizione verso una società profondamente diversa. Paul Guillibert, in questo libro, contribuisce a tale progetto offrendo strumenti teorici utili al ripensamento delle relazioni ecologiche del lavoro, in vista di una sua possibile liberazione. Si tratta di un’agenda politica alternativa che, attraverso l’ecologia, ridefinisce la classe come uno spazio di convergenza, in cui si riconosce una radice comune – l’accumulazione del capitale incarnata nell’ideologia della crescita – a diverse forme di violenza: coloniale, estrattivista, di genere. L’autore, inoltre, elabora una notevole interpretazione sistemica della crisi ecologica contemporanea, da cui si evince che qualsiasi soluzione immaginabile richieda in prima battuta il superamento dell’imperativo del profitto a ogni costo, nelle sue forme combinate di produttivismo, patriarcato e colonialismo.
 
Resta da chiedersi, in conclusione, se la funzione di questo libro, pubblicato in Francia nell’estate del 2023 e qui tradotto oggi, risulti modificata in un contesto che, nel frattempo, è rapidamente mutato. Crisi geopolitiche, violente convulsioni di un mondo orientato alla multipolarità, ritorno in pompa magna delle retoriche di guerra: tutte queste dinamiche – e altre ancora – hanno oscurato e spazzato via il dibattito ambientalista, mentre questioni come repressione, tardo fascismo e genocidio del popolo palestinese inducono alcuni correnti di pensiero a derubricare i conflitti ecologici (locali o globali che siano) a lotte secondarie.
 
Contro questa tentazione del ridimensionamento, a noi sembra più urgente che mai riconoscere il nesso tra giustizia ecologica e giustizia sociale. In vertenze avanguardistiche, come per esempio la ex-GKN e Mondeggi (fattoria senza padroni) in Toscana, riscontriamo la costruzione di una proposta realmente emancipatrice, in grado di contrastare il mood reazionario in cui siamo immerse, e che mira a eliminare autonomia e capacità di azione collettiva per facilitare il mantenimento delle pratiche storiche di dominio – di classe, genere e “razza” – nel tentativo di rilanciare un ciclo di crescita basato sull’esclusione sociale e su una narrazione che non distingue tra i responsabili della crisi e le sue vittime. Resistere a questo stato di cose è una necessità primaria: in questo senso, la riflessione di Guillibert non ha perso nulla della sua utilità.
 
Note
 
[1] Luigi Pellizzoni (a cura di), Introduzione all’ecologia politica, Il Mulino, Bologna 2023.
[2] Paul Guillibert, Terre et capital: pour un communism du vivante, Editions d’Amsterdam 2021.
[3] André Gorz, Ecologia e libertà (1977), Orthotes, Napoli 2015.

Paul Guillibert è dottore di ricerca e insegnante di filosofia. Sviluppa una critica ecologica del capitalismo basata su una storia ambientale del pensiero marxista. In Francia oltre ad Exploit lei vivants, ha pubblicato Terre et capital. Pour un communisme du vivant (Amsterdam 2021).


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