domenica 22 giugno 2025

Daniel Schreiber - IL TEMPO DELLA PERDITA - add

 
Daniel Schreiber
IL TEMPO DELLA PERDITA
(titolo originale Die Zeit der Verluste. Hanser Berlin, Berlin 2023)
traduzione di Barbara Ivančić
add editore
giugno 2025
pp. 128, euro 16
ISBN 9788867835331
 

Prima o poi, nel corso della vita, siamo tutti costretti a sperimentare e a confrontarci con dolori che non sappiamo accettare e spiegare: lutti, addii, distacchi. Accade con i nostri cari, ma anche con la perdita di certezze che stiamo vivendo in questi anni. I meccanismi che mettiamo in atto per superare lo sconforto sono allo stesso tempo personali e molto simili, perché c’è qualcosa che accomuna ogni esperienza di dolore. Il libro di Daniel Schreiber nasce e si costruisce nel solco di queste tracce.
Muovendosi in una Venezia vigile e silenziosa, l’autore affronta la perdita del padre, e lo fa alla luce dell’esperienza globale dello smarrimento di un intero pianeta che si sta trasformando e di cui la città lagunare è da sempre simbolo letterario e concreto. Il tempo della perdita è un testo che scava nel senso del distacco e lo fa grazie alla bellezza sfuggente di una città, alla ricerca di un approdo e alla riflessione sul senso dell’esistenza.

Un estratto
Il dolce mormorio delle onde che si infrangono sugli scogli. Grida di gabbiani in lontananza. Rombo di motori che prima aumenta e poi si affievolisce. Quando apro gli occhi, la luce che arriva dalla finestra è soffusa. Vorrei continuare a dormire. Sprofondare ancora nel letto che mi riporta al profumo di bucato dell’infanzia. Sprofondare ancora nell’oblio. Ma, mezzo sveglio come sono, temo di non riuscirci. Eppure, quando torno ad aprire gli occhi, l’alba ha già ceduto il posto alla luce del giorno. Il fruscio dell’acqua si è intensificato, e così le grida dei gabbiani, i rumori dei vaporetti, dei taxi e delle barche che approvvigionano i supermercati e portano via la spazzatura. Singole voci qua e là si dicono qualcosa in italiano. Cerco di non muovermi, quasi potessi fermare il tempo per qualche attimo. Avverto una certa gratitudine dentro di me. Non devo chiedermi in quale città e in quale albergo mi trovo. Sento di essermi riposato. La notte precedente, il rumore dei motori mi aveva tenuto sveglio, nulla di strano, visto che nel movimentato anno e mezzo che mi stavo lasciando alle spalle anche il sonno era venuto meno. Quel sonno affidabile che si dà per scontato fino a quando, appunto, viene a mancare.
Facevo molta fatica ad addormentarmi e spesso mi risvegliavo nel cuore della notte. Anche quando riuscivo a dormire un po’ più a lungo, al risveglio provavo un senso di pesante stanchezza. Cerco di ricordarmi da quanto tempo non mi sentivo così rilassato, e inorridisco nel rendermi conto che è da tanto che mi sveglio sempre con lo stesso pensiero. Se non altro, dovrebbe essere un buon segno che, quel pensiero, oggi sia arrivato più tardi del solito. Mentre mi guardo attorno nella stanza della foresteria del Palazzo, mi accorgo di quanto mi sia familiare, nonostante ci abiti da appena qualche giorno. Le lenzuola a scacchi, i tendaggi vecchio stile, la finestra ovale che ricorda l’occhio di un toro, la scrivania scura con la lampada in vetro di Murano color verde tormalina – tutto è immerso in un’atmosfera rassicurante. Può darsi dipenda dall’odore di pulito che aleggia nell’aria o dagli inconfondibili rumori della città. Forse anche dal fatto che questo soggiorno segna, come spero, la f ine di un lungo periodo di inquietudine. Per un anno e mezzo ho dato fondo a tutte le energie. Ero stato in viaggio quasi ogni settimana per letture e incontri pubblici, trascurando molte delle cose che so essere importanti per il mio equilibrio. Avevo smesso di incontrare le persone a me vicine e di rispondere ai messaggi personali, anche quando a cercarmi erano amiche, amici o i miei familiari. Non badavo più a quello che mangiavo, salvo poi accusarmi di autocommiserazione nei momenti di debolezza, nel tentativo di rafforzare così il mio senso di disciplina. Mi sentivo sempre più estraneo a me stesso, alle emozioni, ai pensieri. La spossatezza era diventata una condizione perenne e nei suo culmine. Perciò avevo cancellato tutti gli appuntamenti e mi ero ritirato, dando solo qualche sporadico segnale di vita. Il soggiorno veneziano doveva rappresentare l’inizio di una nuova fase. Lo smarrimento è la sensazione che più mi appartiene in questo periodo. Mi sembra di vivere in un mondo che mi è noto e che continua a funzionare in base a regole che conosco piuttosto bene, solo che ora mi si presenta con un volto nuovo. Se tento di descriverlo, anche le parole mi sfuggono. Questo mondo non è alla mia portata. Sulle prime mi fa cenni incoraggianti, ma poi mi volge le spalle, scuotendo tristemente la testa. mesi precedenti questa fase aveva raggiunto il suo culmine. Perciò avevo cancellato tutti gli appuntamenti e mi ero ritirato, dando solo qualche sporadico segnale di vita. Il soggiorno veneziano doveva rappresentare l’inizio di una nuova fase. Lo smarrimento è la sensazione che più mi appartiene in questo periodo. Mi sembra di vivere in un mondo che mi è noto e che continua a funzionare in base a regole che conosco piuttosto bene, solo che ora mi si presenta con un volto nuovo. Se tento di descriverlo, anche le parole mi sfuggono. Questo mondo non è alla mia portata. Sulle prime mi fa cenni incoraggianti, ma poi mi volge le spalle, scuotendo tristemente la testa.

Daniel Schreiber vive a Berlino e lavora come critico d’arte per diverse testate internazionali. È autore di una biografia di Susan Sontag (2007) e di due saggi acclamati dalla critica, Sober (2014) e Home (2017). Con add editore ha pubblicato Soli, uscito nel 2023, tradotto anche negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Olanda e in Corea del Sud.

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