domenica 15 giugno 2025

Reinhard Kaiser-Mühlecker - BRACCONIERI - Carbonio

 
Reinhard Kaiser-Mühlecker
BRACCONIERI
(titolo originale Wilderer, © S. Fischer Verlag GmbH, Frankfurt am Main 2022)
traduzione di Alessandra Iadicicco
Carbonio editore
Collana Cielo Stellato / 67
giugno 2025
pp. 272, € 21.00
 
 
Una fattoria vicino a un’autostrada, che forse conduce alla città di Wels, nel centro dell’Alta Austria o forse alle campagne dell’Innviertel, ai confini con la Baviera, dove per molto tempo si portavano i maialini per l’ingrasso.
È qui che vive Jakob Fisher, un giovane agricoltore quanto mai dedito al lavoro. Dorme quattro ore al giorno, per il resto è assorbito dalle infinite incombenze necessarie a mandare avanti la fattoria. La notte, altrimenti troppo lunga, cerca le ragazze su Tinder, ma più per ingannare la noia dell’insonnia che per la curiosità di incontrarle davvero. 

Sin da ragazzino Jakob prende tutte le decisioni da solo vista l’abulia dei genitori con cui pure vive. Tra loro è «come se non esistesse alcun legame, … una truppa messa insieme a casaccio, … viaggiatori sotto la misera tettoia di una fermata in attesa dell’autobus che non arrivava». Jakob è il minore di tre figli ed è l’unico a essere rimasto a casa, Alexander si è trasferito a Vienna con la moglie e lavora in un ministero, Luisa è itinerante, in balìa delle sue relazioni sentimentali, sempre problematiche e sempre lontane – in Svezia ha lasciato la sua prima figlia a vivere con il padre, in Germania è nato il suo secondo figlio –, e fa base prevalentemente ad Amburgo.
Jakob ha poco più di vent’anni ma sembra già vecchio tanto è schivo, cupo, guardingo, soltanto la solitudine e la ritualità silenziosa della fattoria gli danno sollievo. Certo, paga il prezzo di non mischiarsi al mondo ma in fin dei conti è meglio perché ne avvertirebbe troppo il disagio.
Fino a quando non conosce Katja, un’artista di Salisburgo di qualche anno più grande, arrivata nella zona con una borsa di studio. Di primo acchito, Jakob la considera una perdigiorno, ma a poco a poco l’interesse che lei gli dimostra smorza la diffidenza. La proposta di Katja –che è in crisi con la pittura–, di prenderla come stagista nella fattoria per due settimane, lo spiazza ma tentare non costa nulla e gli farebbe risparmiare un mucchio di tempo se controllasse il mangime per i polli, l’approvvigionamento idrico e il sistema degli scarti nei pollai, accertandosi della solidità delle recinzioni anti-volpe e magari piantando anche gli arboscelli di abete. Katja apprende in fretta e ottimamente ed è entusiasta del nuovo lavoro che la fa sentire utile. E poi ha un buon carattere, va d’accordo con tutti, anche con Luisa, di passaggio alla tenuta in una delle sue sgraditissime improvvisate.
Katja parte ma ritorna. E resta. È l’inizio di un cambiamento inaspettato per entrambi, ma ancora di più per Jakob che altrimenti continuerebbe «a lasciarsi trascinare dal destino».
Katja dimostra incredibili doti manageriali e un’efficace intraprendenza. Insieme ricostruiscono la fattoria, trasformandola in un’azienda biologica moderna e redditizia, si sposano e hanno un figlio, e Jakob sembra rinascere nell’intimità di un legame che gli promette una via d’uscita dalla solitudine. 
Eppure, dietro questa superficie di armonia, palpita un’energia sotterranea e ostile, un’inquietudine sorda, una minaccia persistente.
Le ombre che abitano Jakob non si lasciano domare: riaffiorano nei suoi accessi d’ira, nel rancore viscerale verso la sorella, nel non sapere mostrare a Katja i suoi sentimenti, un’incapacità che Katja sopporta sempre peggio.
Chi è davvero Jakob?
Un uomo marchiato dall’isolamento della vita nei campi, l’unica dimensione in cui si riconosce davvero?
Oppure un individuo disturbato, spezzato da antichi traumi che lo inchiodano a un’eredità di colpa e non-detto?
Sta nel continuo attrito tra chiaroscuri, tra ciò che salva e ciò che corrode, la bellezza potente di Bracconieri, uno degli ultimi romanzi di Reinhard Kaiser-Mühlecker, ritenuto a ragione tra le voci più influenti della letteratura di lingua tedesca contemporanea. Questioni seminali come la colpa, le origini, l’identità trovano nella sua poetica una profondità sontuosa senza uguali.
Maestro nell’arte di capovolgere l’ordinario, di estrarre dal quotidiano un senso di sinistra fatalità e, insieme, di rovistare negli anfratti più reconditi dell’animo umano alla ricerca di qualche traccia di redenzione, Kaiser-Mühlecker ci consegna un grande romanzo, perturbante come un thriller e lirico come un’elegia.


L'incipit
Albeggiava; potevano essere le quattro del mattino, o appena più tardi. Per un momento pensò che sì, poteva essere più tardi, una giornata caliginosa, coperta, ma il meteo non aveva annunciato un cambiamento dell’alta pressione che perdurava da settimane. Nella penombra che regnava nella sua stanza c’era un tremolio, un movimento inafferrabile perché le foglie del tiglio che arrivavano f ino alla finestra si muovevano; tirava un vento leggero, allora forse era davvero un cambiamento improvviso del tempo che alla fine poteva annunciarsi anche a un’ora così mattiniera? Queste impressioni attraversarono vaghe la sua mente, come se arrivassero da lontano e non avessero nulla a che fare con lui. E anche quando aprì il cassetto del comodino e ci infilò la mano era come se il gesto fosse staccato da lui. Non girò neanche la testa, non guardò nemmeno da quella parte. Il metallo era giusto un po’ freddo. L’effetto era piacevole, acquietante, anche quando se lo premette contro la tempia. Trattenne il fiato, distese il dito e premette il grilletto.
Fece clac. Un suono vuoto, tedioso, e lui soffiò di nuovo fuori l’aria trattenuta. Com’era possibile? Per tutta la vita sempre solo questo suono. In fondo era impossibile, proprio impossibile, come se con un dado, per quanto spesso lo si lanci, non uscisse mai il sei, oppure l’uno, mai un determinato numero, mai quello che si aspettava. Sospirò, si tolse la rivoltella dalla tempia, girò il tamburo un po’ di volte e ripose di nuovo l’arma nel cassetto senza richiuderlo.
Era fine luglio, finalmente sereno, finalmente caldo dopo la primavera fresca e piovosa; poteva alzarsi, lavoro ce n’era e non era neanche stanco sebbene fosse andato a letto a mezzanotte, ma non ne aveva voglia. Il suono gli rimase impresso: quel suono vuoto, tedioso che lo accompagnava già da metà della sua vita, che anzi era diventato il suono della sua vita. A undici o dodici anni aveva trovato in una vecchia borsa su in solaio la rivoltella che doveva essere stata del nonno e in cui era infilata una sola cartuccia. Dal primo più rapido batticuore gli sembrò che fosse destinata a lui, a nessun altro che a lui. A intervalli di settimane, al massimo di mesi, riecco quel suono vuoto, tedioso, snervante: clac… Non temeva che qualcuno potesse beccarlo; da quando si era trasferito nella stanza di sopra, che prima era stata di suo fratello, nessuno ci entrava più. E anche se qualcuno lo avesse colto sul fatto, non se ne sarebbe preoccupato, sarebbe stato quasi non vero, quasi irreale, sia per lui sia per quell’altro.
Come se fino a quel momento le sue orecchie fossero rimaste serrate, tappate, sigillate dal sonno, d’un tratto adesso gli arrivò il rombo dell’autostrada e udì i rami del tiglio grattare sul vetro, un raschiare, a tratti uno stridere e, da giù di sotto, il ronfare del cane. Solo a quel punto percepì tutte le solite cose, prima non ci aveva fatto caso, perché uno difficilmente fa caso alle solite cose, ogni giorno le stesse, e perché quella sensazione che lo aveva spinto a infilare la mano nel cassetto aveva interrotto il suo legame con il mondo. Qualcosa lo aveva riallacciato di nuovo. Non il vuoto clac; e nemmeno il fatto che quella sensazione era svanita. Tra le solite cose si era mescolato un che di nuovo che lui non riusciva a classificare; un suono, come qualcosa che raspa sulla pietra e, quando si interruppe, Jakob ancora non riusciva a immaginare che cosa potesse essere, constatò solo che ora anche l’eco del ronfare era cessato. Si tirò su a sedere e buttò indietro la coperta. Come mai si era svegliata? Suo padre stava facendo le pulizie? In quel momento la porta di casa si aprì e in effetti si udì la voce di suo padre, poi di nuovo silenzio. Jakob si mise in ascolto; ed ecco che sentì le unghie di Landa sulle piastrelle dell’atrio.
(…)

Nato e cresciuto in Alta Austria, Reinhard Kaiser-Mühlecker (1982) ha studiato Agricoltura, Storia e Sviluppo internazionale a Vienna. Dopo lunghi soggiorni in Argentina, Bolivia, Svezia e Germania, è tornato a vivere nel piccolo comune di Eberstalzell, dove tuttora gestisce l’azienda agricola di famiglia, affiancando l’attività di scrittore.  Ha vinto numerosi premi tra cui spiccano, nel 2022, il rinomato Bayerischer Buchpreis con Bracconieri e, nel 2024, l’Österreichischer Buchpreis, il maggiore riconoscimento letterario austriaco, con Campi ardenti di prossima pubblicazione per i tipi di Carbonio Editore.
È autore di dieci romanzi e di una raccolta di tre racconti lunghi.


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