Doris Lessing
LE PRIGIONI IN CUI SCEGLIAMO DI VIVERE
Cinque lezioni sulla libertà
(titolo originale Prisons We Choose to Live Inside, 1986)
traduzione di Maria Baiocchi
minimumfax
giugno 2025
pp. 88, euro 12
ISBN 9788833895994
«Quando sembra che tutto vada liscio – e mi riferisco alle vicende umane in generale – all’improvviso si assiste a una qualche orrenda ondata di primitivismo e la gente torna a comportamenti barbarici. È di questo che intendo parlare nelle presenti cinque conferenze, di quanto e quanto spesso siamo dominati dal nostro passato selvaggio, come individui e come gruppi. Eppure, anche se a volte sembriamo impotenti, andiamo accumulando, e anche molto rapidamente – troppo rapidamente per assimilarle – le informazioni che ci riguardano, non solo come individui, ma come gruppi, nazioni e membri della società. È spaventoso vivere in un’epoca come la nostra in cui è difficile pensare all’essere umano come a una creatura raziocinante. Dovunque ci volgiamo vediamo brutalità, stupidità, tanto che sembra che non ci sia altro che questo – ovunque una discesa nella barbarie, una discesa che non siamo in grado di controllare».
Vincitrice del Nobel per le sue opere narrative, in questi brevi saggi Doris Lessing si concentra sul sottile filo che separa l’esercizio della libertà da quello della brutalità. Cercando risposte alla domanda che da secoli tormenta gli uomini – Dove finisce la nostra libertà e comincia quella del vicino? – e alle infinite domande che ne scaturiscono – È lecito esercitare l’autorità in nome di una causa nobile? Perché le brave persone commettono atti ignobili quando stanno «ubbidendo agli ordini»? Perché è così difficile sottoporre a un esame critico rigoroso le idee del nostro gruppo di appartenenza? – la scrittrice mette in luce il pericoloso ritorno al primitivo che caratterizza i rapporti individuali e il dibattito pubblico nella nostra epoca, e affronta il tema della libertà e della responsabilità personale in un mondo sempre più soggetto alla retorica politica, alla polarizzazione acritica, all’emotività di massa e alle fideistiche convinzioni che abbiamo ereditato dal passato e che siamo riluttanti a mettere in discussione.
Tre continenti convivono nelle pagine e nella vita di Doris Lessing: Asia, Africa ed Europa. Un intreccio di corpi e luoghi che fa della sua opera letteraria una matassa di fili multicolori, anche quando il referente primario della sua scrittura sembra essere il solo universo femminile. Nata a Kermanshah, in Iran, nel 1919, e trasferitasi quasi subito, nel 1924, in Africa – nella Rhodesia del Sud, l’attuale Zimbabwe –, Doris Lessing ha trascorso una buona parte dell’infanzia e della sua giovinezza in una tenuta di campagna, a contatto con la decantata natura africana, ma anche con una società che offre le prime scintille del conflitto razziale in cui sprofonderà qualche anno più tardi la Rhodesia. Memoria di quegli anni sono, infatti, i libri Racconti africani e Sorriso africano. Quattro visite nello Zimbabwe.
Nel 1949 si trasferisce a Londra, dove vive tuttora, ma la sua residenza europea è movimentata, tra le altre cose, dall’impegno civile verso la Resistenza Afghana, i Mujahidin. Nel 1986 si reca in Pakistan per verificare di persona le condizioni dei profughi e per parlare con i capi dei Mujahidin; ne nasce un libro a metà strada tra reportage e romanzo: Il vento disperde le nostre parole.
Il resto della produzione letteraria di Doris Lessing è legato a intense, anche se spesso melanconiche, storie di ragazze e di donne, quasi tutte con un evidente fondo autobiografico, che rivendicano il diritto all’affettività, ad una vita più consapevole nel conflitto e nella quotidianità.
Nel 2007 ha ricevuto il Premio Nobel per la Letteratura.
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