sabato 12 ottobre 2019

Boris Vian - AUTUNNO A PECHINO - Sellerio


Boris Vian
AUTUNNO A PECHINO
(L’Automne à Pekìn)
Traduzione di Doriana Cornelati
Sellerio
collana La Memoria 437
pp.340, 1999, brossura con alette
attualmente fuori catalogo


L’incipit

“Svogliato Amadis Dudu camminava lungo la viuzza, la più lunga delle scorciatoie che portavano alla fermata dell'autobus 975. Ogni giorno, poiché scendeva prima della sua fermata mentre la vettura era in moto, doveva pagare tre scontrini e mezzo; tastò la tasca del gilè per sentire se ne aveva ancora. Sì. Sopra un mucchio di immondizie vide un uccello che, beccando tre scatole di latta vuote, ne cavava le note dei Battellieri del Volga; di fermò, ma l'uccello, dopo una nota falsa, schizzò via, indispettito, brontolando nel becco parolacce da uccello. Amadis riprese a camminare cantando il seguito, ma anche a lui sfuggì una stecca e buttò là una bestemmia.”

Il libro

Può un autobus che percorre una mattina le strade di una città francese trasportare il suo unico passeggero in un mondo parallelo? Certamente, se il conducente si chiama Boris Vian, che in tal modo ci introduce in un'altra dimensione, dove si trova l'Exopotamia, paese misterioso e desertico, in cui strani personaggi ruotano attorno a un'assurda impresa ingegneristica - la costruzione di una ferrovia che non conduce in nessun posto - fin dall'inizio votata al fallimento. L'automne à Pékin, in cui (è bene dirlo) non si accenna minimamente nè alla stagione autunnale né alla Cina, fu giudicato arduo alla sua comparsa perfino dagli amici di Vian, ma riletto oggi, a distanza di mezzo secolo, ci appare come uno degli esempi più limpidi e originali del suo stile. Il viaggio in Exopotamia si snoda come una ricerca, una quête spirituale o alchemica, in fondo alla quale tuttavia non c'è la verità ma la catastrofe. Contiene forse un amaro riferimento autobiografico - Vian era ingegnere metallurgico - o, più in generale, il riflesso di un senso di disperazione e di inutilità che egli sotterraneamente percepiva e celava sotto una vernice grottesca direttamente derivante dalla lezione di Alfred Jarry. 

(Angelo Barbato, risvolto di copertina)

L’autore

Durante la sua breve vita, consumata febbrilmente nella Parigi notturna del secondo dopoguerra prima che un attacco cardiaco lo stroncasse, Boris Vian (1920-1959) ha svolto un’attività multiforme. É stato ingegnere, trombettista jazz, compositore, chansonnier, critico musicale, commediografo, attore, giallista, traduttore, autore di fantascienza e altro ancora. La sua opera, complessa e volutamente dispersa in mille filoni, attende ancora una sistematizzazione che le renda piena giustizia. In traduzione italiana ricordiamo una scelta del Teatro (Torino, 1978, con una penetrante introduzione di Guido Davico Bonino) e i romanzi, tra cui L’écume des jours del 1947 (La schiuma dei giorni, Milano, 1992) e L’arrache-coeur del 1953 (Lo strappacuore, Milano, 1993).

Nessun commento:

Posta un commento