venerdì 11 ottobre 2019

Alvaro Enriquez - LA MORTE DI UN ARTISTA - La Nuova Frontiera


Alvaro Enrique
LA MORTE DI UN ARTISTA

(La muerte de un instalador, 1996)
Traduzione di Gina Maneri
La Nuova Frontiera

pp.160, gennaio 2018, Euro 16,00, brossura


L’incipit

“Si chiamava Simón, ma si presentava come l’Utopista. Almeno così aveva fatto sedendosi sulla balaustra l’ultimo giorno della sua vita. Aveva detto: Il mio nome è Simón, ma mi chiamano l’Utopista. Nessuno l’aveva invitato a sedersi e nessuno gli aveva chiesto il nome, tantomeno quell’insopportabile e con ogni evidenza mendace appellativo. Si era accomodato in fondo a una fila di persone che chiacchieravano sedute con le gambe penzoloni sei piani sopra calle de Niza. Aristóteles Brumell non si voltò neppure a guardarlo quando Simón si presentò e si sedette sull’orlo dell’abisso. Lo sdegnoso erede della fortuna Brumell-Villaseñor era troppo occupato a fare conversazione con un pittore di recente prestigio per dare retta all’insignificante sconosciuto. Non sono sicuro – diceva il milionario – che la pittura rappresenti alla perfezione la nostra sensibilità plastica, ma non dubito della sua permanenza: per i quadri basta una parete, mentre non rinuncerei mai a uno dei saloni di casa per esporre un’installazione. Il pittore – seduto tra l’Utopista e Brumell – schioccò la lingua in segno di disprezzo e rispose cauto: Non lo so, l’installazione magari ci rappresenta perché diffida del futuro – bevve l’ultimo coscienzioso sorso dal bicchiere di bourbon – ma quando non ci saranno più sovvenzioni pubbliche per i giovani artisti finirà anche il genere: non fai installazioni se non hai una borsa. Ci sono sempre più musei che le comprano, rispose il milionario: se questo non è scommettere sul futuro, non so che altro possa esserlo, al di là dei miei gusti da reazionario. Si è quel che si è, disse l’artista, battendo in ritirata davanti alla smorfia di disgusto con cui Brumell aveva sottolineato la parola museo. Disse all’ereditiere di scusarlo un momento, si girò timoroso sulla balaustra, tornò sollevato sulla terrazza e si perse tra la gente”

Il libro

Sebastián Vaca, un giovane artista di belle speranze, si ritrova in un ricevimento nel quartiere più esclusivo di Città del Messico. All’improvviso però un pittore in preda all’alcol, soprannominato l’Utopista, sale in piedi sulla balaustra della terrazza e cade di sotto. La festa finisce con l’arrivo della polizia. Mentre i barellieri portano via il cadavere, Sebastián conosce colui che diventerà il suo mecenate: Aristóteles Brumell. Aristóteles è un personaggio memorabile: ricchissimo grazie a un cospicuo patrimonio lasciatagli dal nonno, dal suo illustre antenato non ha ereditato solo i soldi e la passione per l’arte, ma anche i vizi e soprattutto la capacità di usare gli altri come delle pedine che dispone, a suo piacimento, in una sorta di gioco machiavellico. Assistiamo quindi, in un crescendo di humor nero e situazioni surreali, alla caduta verso l’abisso di Sebastián il quale, credendo di aver trovato sotto l’ala del suo nuovo e potente amico un luogo sicuro dove esprimere il suo talento, si troverà invece lui stesso a diventare l’opera d’arte vivente del cinico Aristóteles. Percorso da una tensione latente che tiene il lettore incollato fino all’ultima pagina, La morte di un artista mostra la decadenza dell’uomo in una società cinicamente elitaria abituata a imporre il suo punto di vista e i suoi capricci.

La pubblicazione in Italia di La morte di un artista, è un'occasione preziosa per approfondire la conoscenza di Álvaro Enrigue, uno dei più interessanti e originali narratori latinoamericani contemporanei. - La Repubblica

L’autore

Álvaro Enrigue è nato a Città del Messico, nel 1969, e vive a New York, dove insegna alla New York University. È autore di quattro romanzi e due raccolte di racconti. Nel 2013 con Morte improvvisa (Feltrinelli) si è aggiudicato il premio Herralde e il premio Elena Poniatowska. La morte di un artista è il suo romanzo di più grande successo.

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