Alvaro Enrique
LA MORTE DI UN ARTISTA
(La
muerte de un instalador, 1996)
Traduzione di Gina Maneri
La Nuova Frontiera
pp.160, gennaio 2018, Euro 16,00, brossura
L’incipit
“Si chiamava Simón, ma si
presentava come l’Utopista. Almeno così aveva fatto sedendosi sulla balaustra
l’ultimo giorno della sua vita. Aveva detto: Il mio nome è Simón, ma mi
chiamano l’Utopista. Nessuno l’aveva invitato a sedersi e nessuno gli aveva chiesto
il nome, tantomeno quell’insopportabile e con ogni evidenza mendace
appellativo. Si era accomodato in fondo a una fila di persone che
chiacchieravano sedute con le gambe penzoloni sei piani sopra calle de Niza.
Aristóteles Brumell non si voltò neppure a guardarlo quando Simón si presentò e
si sedette sull’orlo dell’abisso. Lo sdegnoso erede della fortuna
Brumell-Villaseñor era troppo occupato a fare conversazione con un pittore di
recente prestigio per dare retta all’insignificante sconosciuto. Non sono sicuro
– diceva il milionario – che la pittura rappresenti alla perfezione la nostra
sensibilità plastica, ma non dubito della sua permanenza: per i quadri basta
una parete, mentre non rinuncerei mai a uno dei saloni di casa per esporre
un’installazione. Il pittore – seduto tra l’Utopista e Brumell – schioccò la
lingua in segno di disprezzo e rispose cauto: Non lo so, l’installazione magari
ci rappresenta perché diffida del futuro – bevve l’ultimo coscienzioso sorso
dal bicchiere di bourbon – ma quando non ci saranno più sovvenzioni pubbliche
per i giovani artisti finirà anche il genere: non fai installazioni se non hai
una borsa. Ci sono sempre più musei che le comprano, rispose il milionario: se
questo non è scommettere sul futuro, non so che altro possa esserlo, al di là
dei miei gusti da reazionario. Si è quel che si è, disse l’artista, battendo in
ritirata davanti alla smorfia di disgusto con cui Brumell aveva sottolineato la
parola museo. Disse all’ereditiere di scusarlo un momento, si girò timoroso
sulla balaustra, tornò sollevato sulla terrazza e si perse tra la gente”
Il libro
Sebastián Vaca, un giovane
artista di belle speranze, si ritrova in un ricevimento nel quartiere più
esclusivo di Città del Messico. All’improvviso però un pittore in preda
all’alcol, soprannominato l’Utopista, sale in piedi sulla balaustra della
terrazza e cade di sotto. La festa finisce con l’arrivo della polizia. Mentre i
barellieri portano via il cadavere, Sebastián conosce colui che diventerà il
suo mecenate: Aristóteles Brumell. Aristóteles è un personaggio memorabile:
ricchissimo grazie a un cospicuo patrimonio lasciatagli dal nonno, dal suo
illustre antenato non ha ereditato solo i soldi e la passione per l’arte, ma
anche i vizi e soprattutto la capacità di usare gli altri come delle pedine che
dispone, a suo piacimento, in una sorta di gioco machiavellico. Assistiamo
quindi, in un crescendo di humor nero e situazioni surreali, alla caduta verso
l’abisso di Sebastián il quale, credendo di aver trovato sotto l’ala del suo
nuovo e potente amico un luogo sicuro dove esprimere il suo talento, si troverà
invece lui stesso a diventare l’opera d’arte vivente del cinico Aristóteles.
Percorso da una tensione latente che tiene il lettore incollato fino all’ultima
pagina, La morte di un artista mostra la decadenza dell’uomo in una
società cinicamente elitaria abituata a imporre il suo punto di vista e i suoi
capricci.
La pubblicazione in Italia di La morte di un artista,
è un'occasione preziosa per approfondire la conoscenza di Álvaro Enrigue, uno
dei più interessanti e originali narratori latinoamericani contemporanei. - La
Repubblica
L’autore
Álvaro Enrigue è nato a Città
del Messico, nel 1969, e vive a New York, dove insegna alla New York
University. È autore di quattro romanzi e due raccolte di racconti. Nel 2013
con Morte improvvisa (Feltrinelli) si è aggiudicato il premio
Herralde e il premio Elena Poniatowska. La morte di un artista è il
suo romanzo di più grande successo.
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