STIRPE
Einaudi
collana Super ET
pp.256, 2015, Euro 13,00, brossura
L’incipit
“Luigi Ippolito si è messo
disteso sul letto rifatto. È vestito di tutto punto, i bottoni della tonaca
brillanti, le scarpe lucidate a specchio. Come sempre è stato e sempre sarà, si
chiama per cognome e nome Chironi Luigi Ippolito e, senza muoversi, si mette in
piedi per guardarsi composto, morto, pronto da piangere. L’Uno sta lì, preciso
a se stesso, l’Altro lo fissa, inquieto, pietrificato, ma turbolento, dritto e
secco come un insulto detto in faccia, tra il letto e la finestra. Che la
fissità dell’Uno è parvenza e la fissità dell’Altro è controllo. Al primo
sguardo si direbbero del tutto identici Luigi Ippolito e Luigi Ippolito, solo
che il primo, quello disteso sul letto, ha l’apparenza imperturbabile del morto
sereno, mentre il secondo, quello che osserva se stesso, in piedi, è rigido e
accigliato come sono rigidi e accigliati gli sguardi perplessi. Così mentre il
primo è immerso nella pace inenarrabile di una resa totale, il secondo
battaglia contro quella invincibile mollezza. Per questo a un certo punto,
rompendo ogni stasi, si avvicina fino quasi a rapirgli il soffio, quasi padre
amorevole che voglia assicurarsi che il neonato ancora respiri. Ma non è per
amore che Luigi Ippolito si piega su Luigi Ippolito, no: l’Altro si piega
sull’Uno per leggergli la vita. E insultarlo anche, che non è quello il momento
di morire e tanto meno di giocare alla morte; e non è quello il momento di
arrendersi. L’Uno ascolta e non si muove, ostinato nella sua farsa di defunto.
Non si muove anche se vorrebbe riprendere se stesso.”
Il libro
È il 1889, eppure si direbbe
l’inizio del mondo. Michele Angelo e Mercede sono poco più che ragazzini quando
s’incontrano per la prima volta, ma si riconoscono subito: «lui fabbro e lei
donna». Quel rapido sguardo che si scambiano è una promessa silenziosa che li
condurrà dritti al matrimonio, e che negli anni verrà rinnovata a ogni nascita.
Dopo Pietro e Paolo, i gemelli, arriveranno Gavino, Luigi Ippolito, Marianna…
La stirpe dei Chironi s’irrobustisce e Nuoro la segue di pari passo: se prima «la campagna e la roccia abitavano insieme agli uomini, che avevano i ritmi dimessi del sole e delle bestie», ora i pastori e i mercanti devono fronteggiare quel fermento di modernità che pare voler travolgere ogni cosa. Le strade cambiano nome e si allargano, accanto alla pesa per il bestiame spuntano negozi e locali alla moda, e se circolano più soldi nascono anche bisogni che prima non c’erano. Come i balconi da ingentilire lungo via Majore, ad esempio, e Michele Angelo – che sa del ferro come nessun altro, ed è capace di toccare la materia con lo sguardo prima di plasmarla – si spezza la schiena in officina per garantire prosperità alla sua famiglia. Ma «la felicità non piace a nessuno che non ce l’abbia», e infatti quei Chironi venuti su dal nulla, così fortunati, sono sulla bocca di tutti.
È l’inizio della stagione terribile: i gemelli vengono trovati morti, i corpicini fatti a pezzi e nascosti in un cespuglio, mentre la Prima guerra mondiale raggiunge anche Nuoro, e bussa alla porta di casa Chironi proprio quando Gavino e Luigi Ippolito – taciturno e riflessivo il primo, deciso e appassionato il secondo – sono in età per essere arruolati…
La voce unica di Marcello Fois squaderna il Novecento con una forza poetica e infallibile, e ci consegna un romanzo che abbraccia in un solo sguardo le storie piccole e quelle grandi, la luce calda dei ricordi d’infanzia e le ombre fitte dell’età adulta. L’epica del quotidiano accompagna le sorti dei Chironi a ogni pagina, seducendo il lettore con un racconto in cui la memoria del sangue – ciò che davvero, sotterraneamente, tiene unita una famiglia – si allea alla potenza della letteratura. E ciascun personaggio sembra quasi a proprio agio, sballottato dalle onde degli anni che s’inseguono, forse perché impegnato a cercare dietro di sé il passato dal quale proviene – umile o nobile, vero o inventato che sia. L’importante è non cedere mai di fronte alle sventure: «perché non c’è genia, da che mondo è mondo, che sia nata forte e invincibile se nutrita di lacrime».
La stirpe dei Chironi s’irrobustisce e Nuoro la segue di pari passo: se prima «la campagna e la roccia abitavano insieme agli uomini, che avevano i ritmi dimessi del sole e delle bestie», ora i pastori e i mercanti devono fronteggiare quel fermento di modernità che pare voler travolgere ogni cosa. Le strade cambiano nome e si allargano, accanto alla pesa per il bestiame spuntano negozi e locali alla moda, e se circolano più soldi nascono anche bisogni che prima non c’erano. Come i balconi da ingentilire lungo via Majore, ad esempio, e Michele Angelo – che sa del ferro come nessun altro, ed è capace di toccare la materia con lo sguardo prima di plasmarla – si spezza la schiena in officina per garantire prosperità alla sua famiglia. Ma «la felicità non piace a nessuno che non ce l’abbia», e infatti quei Chironi venuti su dal nulla, così fortunati, sono sulla bocca di tutti.
È l’inizio della stagione terribile: i gemelli vengono trovati morti, i corpicini fatti a pezzi e nascosti in un cespuglio, mentre la Prima guerra mondiale raggiunge anche Nuoro, e bussa alla porta di casa Chironi proprio quando Gavino e Luigi Ippolito – taciturno e riflessivo il primo, deciso e appassionato il secondo – sono in età per essere arruolati…
La voce unica di Marcello Fois squaderna il Novecento con una forza poetica e infallibile, e ci consegna un romanzo che abbraccia in un solo sguardo le storie piccole e quelle grandi, la luce calda dei ricordi d’infanzia e le ombre fitte dell’età adulta. L’epica del quotidiano accompagna le sorti dei Chironi a ogni pagina, seducendo il lettore con un racconto in cui la memoria del sangue – ciò che davvero, sotterraneamente, tiene unita una famiglia – si allea alla potenza della letteratura. E ciascun personaggio sembra quasi a proprio agio, sballottato dalle onde degli anni che s’inseguono, forse perché impegnato a cercare dietro di sé il passato dal quale proviene – umile o nobile, vero o inventato che sia. L’importante è non cedere mai di fronte alle sventure: «perché non c’è genia, da che mondo è mondo, che sia nata forte e invincibile se nutrita di lacrime».
«Certo Michele Angelo era
arrabbiato contro questa sorte che con una mano dava e con due prendeva, ma lui
non piegava la testa, aveva imparato che certe leghe cedono quando meno te lo
aspetti, basta un colpo in più. Il metallo è cosa viva, lui capisce la mano che
lo forgia.
Capisce il cuore di chi lo lavora».
Capisce il cuore di chi lo lavora».
L’autore
Marcello Fois (Nuoro
1960) vive e lavora a Bologna. Tra i tanti suoi libri ricordiamo Picta (premio
Calvino 1992), Ferro Recente, Meglio morti, Dura madre, Piccole
storie nere, Sheol, Memoria del vuoto (premio Super Grinzane
Cavour, Volponi e Alassio 2007), Stirpe (premio Città di Vigevano e
premio Frontino Montefeltro 2010), Nel tempo di mezzo (finalista al
premio Campiello e al premio Strega 2012), L'importanza dei luoghi comuni (2013), Luce
perfetta (premio Asti d'Appello 2016), Manuale di lettura creativa (2016), Quasi
Grazia (2016), Del dirsi addio (2017 e 2018), il libro in versi L'infinito
non finire (2018) e Pietro e Paolo (2019).
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