lunedì 14 ottobre 2019

Oreste Del Buono - RACCONTO D'INVERNO - minimum fax


Oreste Del Buono
RACCONTO D’INVERNO
Minimum fax
Collana Classics
pp.156, settembre 2019, Euro 12,00, brossura


L’incipit

“Tommaso entrò e chiuse la porta. Dopo la camminata col freddo notturno, nello stanzone gli sembrava di soffocare, l’aria era viziata da un tanfo di sudicio, di corpi e di panni non lavati, un odore di miseria e di rassegnazione. Sulle travi del soffitto bruciava il riverbero rosso della stufa, il lume a petrolio agonizzava appeso ad una trave, in quella luce incerta e fumosa i corpi degli altri, seduti sulle panche, intorno alla stufa, si disegnavano oscuri ed animaleschi. «Buonasera ragazzi», disse Tommaso, era contento di essere al valico, dopo di avere creduto che la strada non dovesse più finire, sugli ultimi passi aveva pesato come una paura il frusciare degli abeti. Una delle ombre si alzò, venne avanti. Era Attilio, e Tommaso si avvertiva riconoscente per quell’incontro, per quel saluto. «Come va?», disse Attilio, «come va con l’amore?» Tommaso aveva buttato il berretto sulla branda, si tolse la giacca grigioverde, poi batté ancora i piedi per liberare le suole dalla neve. Si mise a sedere sulla panca: «Non è niente», disse, «proprio non avevo niente, è stata soltanto paura. Il risultato di tanti mesi senza uno straccio di donna». Gli altri ridevano, sentiva il riso di Federico, di Luciano; e si eccitava, come se provasse gioia nel ritrovarsi tra loro dopo una giornata di assenza. Attilio era chinato su di lui, gli porgeva una tazza di smalto, «La zuppa», diceva, «ti ò preso la zuppa. Ormai è fredda, saprà d’acido, ma pensa che è stata lei a cucinartela». «Tutta invidia», diceva lui, «mi invidiate perché mi sono fatto la donna, lo so come siete». Il freddo della notte gli si scioglieva di dosso, vicino alla stufa, stese le mani verso lo sportello socchiuso. Le vede diventare rosse, come intrise di sangue, e chiude gli occhi, vorrebbe abbandonarsi a questo torpore. Ma lui è prigioniero, e prigionieri sono gli altri, questa è soltanto una storia di soprusi e miseria, le nostre sensazioni, i nostri sentimenti sono ancorati ad una triste passività. «Pensate ragazzi», dice Tommaso e gli piacerebbe inventarsi una storia, crearsi una figura, mentre riposa le membra affaticate nel calore del fuoco, «pensate ragazzi», dice, «che lei è arrivata l’altro ieri, e ieri sera era tutto già fatto, stamani mi è toccato andare dal dottore. Uno non fa niente e poi ingentilisce. Quando ieri sera mi sono visto quel sangue sulle mutande, ò chiesto a Attilio: possibile che lei sia vergine? E il sangue era mio. Uno arriva a dubitare, a dimenticarsi di certe cose».”

Il libro

Il campo è quello di Gerlospass, sulle Alpi austriache. Tommaso, insieme a un gruppo di prigionieri polacchi, ucraini e italiani, lavora alla creazione di una linea elettrica tra il Tirolo e il Salisburghese. Tirano su i pali del telegrafo nella neve, sotto un cielo livido e inclemente. Le giornate hanno l’odore asprigno dei mantelli bagnati, le scarpe sono basse e rotte, le labbra dolenti come i muscoli. Alla sera, gli stanzoni si riempiono del fumo delle stufe. Fuori dai vetri corre l’urlo delle abetaie lungo i pendii lisciati dalle tormente e di notte si sente il tonfo delle imposte. Ogni tanto del pane raffermo e una tazza di caffè di ghiande danno un po’ di sollievo alle gambe stroncate. Ma non si aspetta più nulla. Si guarda soltanto l’assurdo candore della neve e si pensa che l’inverno non sia più una stagione, ma uno stato dell’anima, una sorte chiusa, come se la prigionia durasse da sempre e la vita, ormai, fosse stata recisa.
Oreste Del Buono è tra i primi in Italia a raccontarci l’esperienza del lager, con una lingua ruvida e urgente ma di grande espressività, e quasi in presa diretta: Racconto d’inverno, scritto sulla base di una breve novella, uscì alla fine del 1945. Ma la sua testimonianza trascende la Storia e finisce per illuminare una condizione umana universale, quel senso di smarrimento che allora fu avvertito da molti scrittori europei: l’assistere stranieri al muto dolore del mondo e alla sua insensatezza; l’impossibilità di tornare alle parole di prima, dopo l’esperienza della guerra e della deportazione; il tradimento di tutte le attese e di tutte le speranze.

L’autore

Oreste Del Buono (1923 – 2003), nato all’isola d’Elba, è stato tra gli scrittori più eclettici e atipici del Novecento italiano. Per oltre mezzo secolo, firmò un gran numero di opere di narrativa e di saggistica, e svolse un’incessante attività editoriale, di traduttore e di pubblicista presso le più importanti case editrici e testate nazionali. Dal 1971 al 1981 diresse il mensile Linus, contribuendo a diffondere in Italia i fumetti dei Peanuts e il genio poetico di Charles Schulz. Racconto d’inverno fu il suo esordio letterario.

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