CORTO VIAGGIO SENTIMENTALE
Passigli
Collana Le Occasioni
pp.128 , 2019, Euro 9,50, brossura
Incipit
«Con dolce violenza il signor
Aghios si staccò dalla moglie e a passo celere tentò di perdersi nella folla
che s’addensava all’ingresso della stazione.
Bisognava abbreviare quegli
addii ridicoli se prolungati fra due vecchi coniugi. Ci si trovava bensì in uno
di quei posti ove tutti hanno fretta e non hanno il tempo di guardare il vicino
neppure per riderne, ma il signor Aghios sentiva costituirsi nell’animo proprio
il vicino che ride. Anzi lui stesso intero diveniva quel vicino. Che strano!
Doveva fingere una tristezza che non sentiva, quando era pieno di gioia e di
speranza e non vedeva l’ora di essere lasciato tranquillo a goderne. Perciò
correva, per sottrarsi più presto alle simulazioni. Perché tante discussioni?
Era vero ch’egli da molti anni non s’era staccato dalla moglie, ma un viaggio
sino a casa sua, a Trieste, ove essa due settimane appresso l’avrebbe
raggiunto, era cosa di cui non valeva la pena di parlare.
Se ne aveva parlato invece da
molti giorni e continuamente. La decisione era stata difficilissima proprio
perché ambedue l’avevano desiderata e ambedue per raggiungerla sicuramente
avevano creduto necessario di tener celato il loro desiderio.
Avrebbe potuto piangere se si
fosse trattato di un distacco per tutta la vita o almeno per gran parte di
essa. Ma così poteva confessare a se stesso che s’allontanava giocondamente.
Tanto più che sapeva di fare un piacere anche a lei.
Negli ultimi anni la signora
Aghios s’era attaccata di un affetto appassionato ed esclusivo al figliuolo.
Quando questi era lontano essa si sentiva sola anche accanto al marito e più
sola ancora perché del suo dolore non parlava, sapendo che il signor Aghios ne
avrebbe riso. Ma il signor Aghios sapeva di quel dolore, si offendeva di non
poterlo lenire e fingeva d’ignorarlo per non seccarsi. "Una duplice
costrizione!" pensava il signor Aghios che aveva letto qualche opera
filosofica. "Duplice perché mia e sua! "»
Il libro
In una lettera del 28
novembre 1925 a
Marie-Anne Comnène, uno dei critici ai quali si deve la scoperta dell’autore
triestino in Francia, Italo Svevo accenna al "Corto viaggio
sentimentale": «Intanto il lunghissimo serpe di cui Le scrissi (si
intitola "Corto viaggio sentimentale") giace annodato in un
cassetto»; di quel ‘serpe’, Svevo non verrà mai a capo, così che il lungo
racconto rimarrà incompiuto. Come attesta dunque questa lettera, "Corto
viaggio sentimentale" si colloca negli anni produttivi dello Svevo
più maturo, lo Svevo de "La coscienza di Zeno", alla cui stesura si
sovrappone cronologicamente e con il quale condivide straordinaria profondità
ed ampiezza di analisi, oltre ad ineguagliabile umorismo ed ironia. Il breve
viaggio tra Milano e Trieste del signor Aghios – altro alter ego di Svevo dopo
Zeno Cosini – si trasforma così in ‘figura’ esistenziale, in galleria di
personaggi e situazioni, in autobiografia serena e lucidissima, conservando
l’ispirazione che ha dato vita al maggior romanzo sveviano. "Corto
viaggio sentimentale" si colloca quindi a buon diritto tra le
opere fondamentali di uno dei nostri maggiori scrittori del Novecento.
L’autore
Svèvo, Italo. -
Pseudonimo dello scrittore Ettore Schmitz (Trieste 1861 – Motta di
Livenza 1928). È ritenuto uno dei principali esponenti della cultura
mitteleuropea. Nei suoi tre romanzi Una vita (1892, ma con data
1893), Senilità (1898), e La coscienza di Zeno (1923), sono
espressi i tratti salienti della sua opera, derivati in modo stringente dalle
esperienze personali di S. e dalla temperie culturale in cui egli visse,
quali la vocazione squisitamente autobiografica; il carattere
antiletterario della prosa; l'uso di modi espressivi riconducibili al suo
plurilinguismo (al dialetto triestino, al tedesco); la presenza di tematiche e
procedimenti, come il monologo interiore, che l'apparentano alla corrente del
romanzo d'analisi europeo.
Figlio di un commerciante ebreo d'origine tedesca sposato a un'italiana, seguì studi commerciali a Segnitz am Mein (Baviera) e poi a Trieste. E qui, dopo essere stato impiegato in una banca, si dedicò alla gestione della ditta Veneziani, produttrice di vernici sottomarine, di proprietà della famiglia della moglie. Subì, fin da giovane, il fascino della letteratura, con la quale intrattenne sempre, tuttavia, un rapporto conflittuale, considerando tale sua inclinazione come una sorta di malattia, al confronto con l'operosa concretezza incoraggiata dall'ambiente affaristico di cui faceva parte; e la scrittura non fu mai intesa da lui come esercizio estetizzante, ma piuttosto come mezzo per la conoscenza di sé e del mondo. La sua appartenenza, d'altra parte, a un'area culturale come quella triestina, tendenzialmente cosmopolita e legata politicamente a una nazione di lingua tedesca (condizione, quest'ultima, emblematicamente riassunta nel suo stesso pseudonimo), se gli consentì una grande apertura d'orizzonti (la formazione schopenhaueriana e la predilezione per J. P. Richter e la narrativa francese e russa dell'Ottocento; l'amicizia con James Joyce, da lui conosciuto a Trieste come professore d'inglese; i numerosi viaggi all'estero, di carattere non solo commerciale; il contatto ravvicinato con le dottrine di Freud), lo mise altresì in una situazione di marginalità e di estraneità rispetto alla coeva letteratura italiana, e gli fece mancare i riconoscimenti dei suoi stessi concittadini, legati, per ragioni nazionalistiche, alla strenua difesa della purezza della lingua e della tradizione. Morì in seguito a un incidente automobilistico.
(voce dell’Enciclopedia Treccani on line)
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