venerdì 18 ottobre 2019

Francesco Masala - IL PARROCO DI ARASOLE' - Il Maestrale



Francesco Masala
IL PARROCO DI ARASOLE‘
(Il Dio Petrolio)
Il Maestrale
Collana Tascabili Narrativa
pp.136, ottobre 2001, Euro 8,00, brossura



Incipit

Tutti sanno cos’è un’eclisse totale di sole. Un prevedibile avvenimento astronomico e, precisamente, la luna che va a mettersi tra la terra ed il sole, ad ogni determinato numero di anni.   Una manifestazione della natura, dunque, proprio come questa cui sto assistendo, dall’alto del campanile di Sarrok, oggi, mercoledì delle ceneri dell’anno del Signore millenovecentosessantuno.  

Eppure, il mio occhio colpito da una anormale luce, il mio orecchio sommerso da un innaturale silenzio, la mia epidermide ferita dal freddo di un insolito crepuscolo, tutte queste inconsuete sensazioni fisiche si vanno traducendo in uno stato di disagio mentale, in un interiore malessere, come una spina che ti fa male, non per il dolore della puntura ma per il timore che ti abbia inoculato un veleno sconosciuto.

Il bianco corpo della luna, fra le rosse braccia del sole, sembra una vergine nuda che va a coricarsi, per la prima volta, col suo legittimo marito, spegnendo, con mano pudica, il paralume acceso sul vasto letto matrimoniale del cielo; oppure, se è lecito mettere in fila una metafora dietro l’altra, il sole e la luna, padre e figlia, amanti incestuosi, accoppiati in una impudica congiunzione cosmica, in un unico mostruoso essere androgino.

Pensare è come fare, per un prete.  A causa delle mie riprovevoli metafore, ora, sono costretto a prendere in considerazione il sospetto che non sia soltanto il freddo improvviso dell’eclisse a farmi rabbrividire, ma che ci sia, anche, qualche relazione tra l’oscurità che va lentamente coprendo la terra e le ombre della mia anima.   C’è, insomma, il veleno della paura che aumenta mano a mano che aumenta il buio dell’eclisse.

Comunque, poggiando bene i piedi sul pavimento della cella campanaria, dico forte a me stesso: – È una chiesa nuova, un campanile nuovo, niente paura, Don Adamo!

(Fra parentesi, mi corre l’obbligo di confessare che da un po’ di tempo in qua e precisamente da quando, per volontà del mio vescovo, sono stato costretto ad abbandonare l’antica parrocchia contadina di Arasolè per la nuova parrocchia industriale di Sarrok, mi capita, spesso, troppo spesso, di parlarmi addosso.

Inoltre, contravvenendo ad una precisa regola di analisi logica, in questi miei interminabili soliloqui, quasi sempre, uso la terza persona, insomma, mi do del Lei. Probabilmente, un rifiuto di identità, una denegazione dell’io ma, a pensarci bene, potrebbe trattarsi di narcisismo, una forma di onanismo cerebrale, una specie di perversione linguistica, un modo di comunicare simile, molto simile, al vizio di far l’amore con se stesso.

Sia lecita un’altra ipotesi: forse, è una maniera di punirsi, simile, molto simile, alle autoflagellazioni medievali. Durante questi lunghissimi caroselli mentali, il mio cervello, la res cogitans, non volendo pensare se stesso, s’inventa un interlocutore, un antagonista, un alter ego.
La prima e la terza persona, l’Io e il Lui, armati di lunghi scudisci, come due ascetici crociati, si affrontano nel deserto della solitudine sacerdotale: la flagellazione, si sa, è più godibile quando è   fatta di frustate che si alternano.
Infine, per chiudere questa parentesi, vorrei assicurare i miei sette lettori, che, qui, non si tratta di alcun sdoppiamento di personalità e, perciò, questo non è il diario di uno schizofrenico ma vuol essere soltanto la trasmissione, in presa diretta, di un’eclisse totale di sole.)

Il libro

La durata di un´eclisse solare incornicia le riflessioni di Don Adamo, solitario dall´alto di un campanile, sradicato dalla originaria comunità contadina di Arasolè e spedito ad amministrare la chiesa del paese-dormitorio di un polo petrolchimico. L´eclisse e la solitudine danno il la ad un monologo al limite del delirio, dove psicosi, nevrosi e complessi privati si mescolano e talvolta s´identificano con il disagio storico di un´intera civiltà, drammaticamente scissa tra un´identità culturale a brandelli ed il nuovo, alienante mondo dominato dal Dio Petrolio. Un monologo al limite del delirio, dove psicosi, nevrosi e complessi privati si mescolano e talvolta s´identificano con il disagio storico di un´intera civiltà.

L’autore

Francesco Masala è nato a Nughedu San Nicolò (SS) il 17 settembre 1916. Ha frequentato le Scuole Elementari nel suo paese natio, il Ginnasio ad Ozieri, il Liceo Classico a Sassari e l'Università a Roma, dove ha conseguito la Laurea in Lettere discutendo, con Natalino Sapegno, la tesi "Il Teatro di Luigi Pirandello". Ufficiale di complemento presso l'81° Reggimento fanteria di Roma, la seconda Guerra Mondiale lo vede impegnato, prima, sul fronte iugoslavo e, poi, sul fronte russo, dove viene ferito in combattimento e decorato al valore militare. Congedato, vincitore di Concorso della Cattedra di Italiano e Storia negli istituti magistrali, ha insegnato per trent'anni, prima a Sassari e, poi, a Cagliari. È stato legato da lunga e amichevole affinità culturale e politica con Emilio Lussu, Aldo Capitini, Giuseppe Dessì e Salvatore Cambosu. Giornalista pubblicista, per cinquant'anni, ha collaborato a giornali e riviste con articoli di critica letteraria, artistica e teatrale. Nel 1951, vince il Premio Grazia Deledda per una raccolta di poesie inedite e, nel 1956, gli viene assegnato il Premio Chianciano per la raccolta "Pane nero". È stato presidente del Premio letterario in lingua sarda "Città di Ozieri" e, nel 1978, fu presidente del "Comitadu pro sa limba", che presentò la "Proposta di legge di iniziativa popolare per il bilinguismo perfetto in Sardegna". Scrittore bilingue, ha pubblicato libri di poesia, di narrativa, di teatro e di saggistica. Le molteplici traduzioni in lingue straniere sono testimonianza dell'universalità del messaggio delle sue opere, pur totalmente estratte dalla sarditudine. Tratto da www.fuedduegestu.it


Nessun commento:

Posta un commento