Amina
Sboui
PRIGIONIERE
Storie di donne, delitti d’onore e
Islam
Traduzione
di Raffaella Patriarca
Baldini+Castoldi
Collana Le
Boe
pp.286, dicembre
2018, Euro 18,00, brossura
Il libro
«Ho sempre desiderato
conoscere i motivi per cui una donna arriva a uccidere suo marito, suo
fratello, i suoi figli, il suo innamorato… l’ho visto accadere solo nei film.»
La più controversa attivista
per i diritti umani del mondo arabo racconta le storie terribili ed esemplari
delle sue compagne di carcere, per denunciare la condizione femminile
nell’Islam.
Il libro si apre con un prologo in cui Amina si trova in carcere in attesa di processo per aver postato una sua foto a seno nudo. La prima notte conosce una ragazza, Bessma, che ha assassinato il fratello.
Bessma significa sorriso, ma la ragazza non ha sorrisi sulle su labbra e Amina si chiede cosa può spingere una donna ad ammazzare un fratello, un uomo del suo stesso sangue.
La risposta che le dà Bessna è sconvolgente: per essere libera di amare.
Profondamente turbata, Amina decide di raccontare le vicende delle altre detenute e delle loro storie.
Conosciamo Iman, raggirata da un uomo che prima la seduce e poi l’abbandona, Hana, Nahed, Zohra, Monia, in carcere per avere ucciso i suoi due figli. Mandata in sposa dalla famiglia a un cugino violento che le rende la vita un inferno fin dalla notte di nozze, mette al mondo due bambini che per via del matrimonio tra consanguinei hanno entrambi gravi disturbi mentali. Per salvarli dalla violenza del marito, Monia decide di uccidersi insieme a loro con un potente sonnifero, ma sopravvive.
Sono storie vere, raccolte e raccontate in prima persona da una ragazza che ha fatto della lotta e dell’emancipazione femminile la sua principale ragione di vita. È un viaggio terribile, ma anche commovente e illuminante all’interno delle carceri tunisine e in fondo all’anima di queste donne maltratatte, abusate, sottomesse nell’Islam più fanatico e arretrato, nel quale la condizione femminile è rimasta come congelata nel Medioevo.
Il libro si apre con un prologo in cui Amina si trova in carcere in attesa di processo per aver postato una sua foto a seno nudo. La prima notte conosce una ragazza, Bessma, che ha assassinato il fratello.
Bessma significa sorriso, ma la ragazza non ha sorrisi sulle su labbra e Amina si chiede cosa può spingere una donna ad ammazzare un fratello, un uomo del suo stesso sangue.
La risposta che le dà Bessna è sconvolgente: per essere libera di amare.
Profondamente turbata, Amina decide di raccontare le vicende delle altre detenute e delle loro storie.
Conosciamo Iman, raggirata da un uomo che prima la seduce e poi l’abbandona, Hana, Nahed, Zohra, Monia, in carcere per avere ucciso i suoi due figli. Mandata in sposa dalla famiglia a un cugino violento che le rende la vita un inferno fin dalla notte di nozze, mette al mondo due bambini che per via del matrimonio tra consanguinei hanno entrambi gravi disturbi mentali. Per salvarli dalla violenza del marito, Monia decide di uccidersi insieme a loro con un potente sonnifero, ma sopravvive.
Sono storie vere, raccolte e raccontate in prima persona da una ragazza che ha fatto della lotta e dell’emancipazione femminile la sua principale ragione di vita. È un viaggio terribile, ma anche commovente e illuminante all’interno delle carceri tunisine e in fondo all’anima di queste donne maltratatte, abusate, sottomesse nell’Islam più fanatico e arretrato, nel quale la condizione femminile è rimasta come congelata nel Medioevo.
L’autore
AMINA SBOUI, nota anche come
Amina Tyler, è un’attivista tunisina di ventiquattro anni che, dopo aver
vissuto qualche anno a Parigi in seguito alle violente polemiche generate dalla
sua attività all’interno del gruppo Femen, ora è tornata nella patria d’origine,
a Sidi Bou Said, un villaggio sulle rive del Mediterraneo, dove nella sua casa
ospita una dozzina fra gay, transgender e lesbiche perseguitati per ragioni di
orientamento sessuale. Femminista e blogger da quando aveva solo diciannove
anni, figlia di un medico e di un’insegnante, era una liceale quando ha diffuso
su Facebook una sua fotografia a seno nudo, accompagnata dalla scritta «Il mio
corpo mi appartiene». Dopo lo scalpore generato da questa forma di protesta, la
sua vita è cambiata radicalmente, e questo libro, nato dietro le sbarre del
carcere tunisino dove è finita dopo il suo atto provocatorio e rivoluzionario,
ne è una prova.
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