Donald
Antrim
I CENTO FRATELLI
(The hundred Brothers)
Traduzione di Matteo Colombo
Minimum fax
pp.194, giugno 2011, Euro 9,00, brossura
L’incipit
“I miei fratelli, Rob, Bob,
Toni, Paul, Ralph, Phil, Noah, William, Nick, Dennis, Christopher, Frank,
Simon, Saul, Jim, Henry, Seamus, Richard, Jeremy, Walter, Jonathan, James,
Arthur, Rex, Bertram, Vaughan, Daniel, Russel e Angus; Herbert, Patrick e Jeffrey,
nati da parto trigemino; i gemelli identici Michael e Abraham, Lawrence e
Peter, Winston e Charles, Scott e Samuel; ed Eric, Donovan, Roger, Lester,
Larry, Clinton, Drake, Gregory, Leon, Kevin e Jack – tutti nati lo stesso
giorno, il ventitré maggio, benché a orari diversi e in anni distinti – e il
caustico grafomane Sergio, le cui feroci opinioni appaiono con regolarità nelle
primissime pagine dei mensili più conservatori, per non parlare degli schermi a
cristalli liquidi che di notte rilucono sulle fulgide postazioni informatiche
di innumerevoli frequentatori di forum dalla vista appannata (tra i quali
nostro fratello è affettuosamente, elettronicamente noto come il Serger).”
Il libro
Immaginate un ibrido fra
l’estetica dark di Tim Burton, la comicità provocatoria dei Monty Python,
la scrittura pirotecnica dei maestri del postmoderno: il risultato è I
cento fratelli, a detta di molti il miglior romanzo di Donald Antrim,
autore americano inclassificabile e geniale, oggetto di dichiarata
ammirazione da parte di coetanei illustri come Jonathan Franzen, David
Foster Wallace e Jeffrey Eugenides, e insieme a loro lanciato dal New
Yorker come uno dei «venti scrittori per il nuovo secolo». Nell’enorme
biblioteca diroccata di un’antica villa, cento fratelli (diversi
per età, professione, interessi, carattere, ma uniti da un’infinità
di piccole perversioni e devianze psicologiche) si riuniscono per
cenare insieme e ritrovare l’urna delle ceneri del padre, temporaneamente
smarrita. In un claustrofobico tourde force, esilarante e tragico al
tempo stesso, seguiamo le loro vicende dal tramonto all’alba, fra
scambi di insulti, formarsi e sciogliersi di alleanze, incontri di
football improvvisati, scricchiolii sui soffitti, dobermann scatenati e un
tasso alcolico in crescita perenne, finché le tensioni familiari non
si scioglieranno in una sublime e sanguinaria conclusione.
L’autore
Donald Antrim, nato nel 1958
da una famiglia protestante del sud della Florida, ma newyorkese d’adozione, è
stato decisamente consacrato come vera e propria star surrealista. I suoi
racconti sono apparsi su Harper's magazine, The New Yorker e Paris
Review.
Di frequente paragonato ad
altri grandi scrittori americani, Antrim stesso dichiara in un’intervista
rilasciata a bold type, la rivista letteraria online di Random House, la
casa editrice che lo pubblica in America: «Donald Barthelme è un paragone
frequente, e non ho niente da obiettare a proposito. Ho letto le sue storie da
ragazzo ed è stato uno degli scrittori che mi ha fatto venire il desiderio di
scrivere. Pynchon è un’altra figura centrale. Poi John Cheever. Grace
Paley. Per un certo periodo i miei punti di riferimento sono stati
commediografi come Harold Pinter e Joe Orton. Orton in particolare è stato
fondamentale per me. Altri romanzieri importanti sono Fielding, Smollett,
Faulkner e più di recente Henry Greene».
È autore dei romanzi Votate Robinson per un mondo migliore, I centro fratelli, Il verificazionista (editi da minimum fax) e del memoir La vita dopo (Einaudi). Nel 1999 il New Yorker lo ha incluso fra i «venti scrittori per il nuovo secolo», e nel 2000 Il verificazionista è stato segnalato fra i «libri dell’anno» dal New York Times.
È autore dei romanzi Votate Robinson per un mondo migliore, I centro fratelli, Il verificazionista (editi da minimum fax) e del memoir La vita dopo (Einaudi). Nel 1999 il New Yorker lo ha incluso fra i «venti scrittori per il nuovo secolo», e nel 2000 Il verificazionista è stato segnalato fra i «libri dell’anno» dal New York Times.
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