mercoledì 12 marzo 2025

Eugéne - LETTERA AL MIO DITTATORE - Bottega Errante Edizioni

 
Eugéne
LETTERA AL MIO DITTATORE
(titolo originale Lettre à mon dictateur, Slatkine 2022)
traduzione di Francesca Cosi e Alessandra Repossi
Bottega Errante Edizioni
Collana Radar / 12
marzo 2025
pp. 144
ISBN 9791255670674

La traduzione dell’opera ha ricevuto il sostegno di Pro Helvetia. Fondazione svizzera per la cultura.
Premio svizzero per la Letteratura 2023
Prix des libraires Payot 2023 
Prix du Roman des Romands 2023


Eugène ha sei anni quando si trasferisce in Svizzera insieme ai genitori richiedenti asilo. Nato a Bucarest sotto la dittatura di Nicolae Ceauşescu, è ancora troppo giovane per comprendere quanto il totalitarismo, anche se lontano, influenzerà la sua formazione. A quasi cinquant’anni realizza di dover fare i conti con le proprie radici e, in particolare, col tiranno che ha spinto i suoi genitori ad abbandonare la patria. Vivo o morto, Ceauşescu rappresenta una maledizione, per lui e per i milioni di romeni vissuti sotto il regime, e decide così di indirizzargli una lettera. Con piglio ironico e sottile sensibilità l’autore ripercorre le atrocità della dittatura, ricostruendo una parabola in cui si inscrive anche la sua vita: Lettera al mio dittatore non è solo la storia di Eugène ma quella di tutto il popolo romeno.

L'incipit

Nicolae,
sono nato nel paese che hai tiranneggiato per ventiquattro anni. I miei genitori sono fuggiti dalla tua polizia politica che spiava e terrorizzava la popolazione. Quando avevo sei anni li ho raggiunti in Svizzera, un paese che non si fida dei capi e cambia presidente ogni anno. Sei stato fucilato quando ne compivo venti. Oggi ne ho cinquantadue. Sono trentadue anni che sei nella tomba, Nicolae. Sono diventato una persona che sicuramente non ti sarebbe piaciuta. Le mie storie ricreano l’assurdità del mondo. Adoro l’ironia e ritengo salutare prendere in giro se stessi. A ogni modo per me è un punto d’onore non avere niente in comune con te. Eppure, ti devo qualcosa. Ho un debito. Fastidioso e irritante. All’inizio la nostra storia era bella. Il tuo volto appariva sui manifesti incollati sui muri, sulle palizzate e sui teloni che ricoprivano le facciate dei palazzi. Non c’era viale di Bucarest senza un tuo ritratto. I pedoni, i passeggeri sui tram, gli automobilisti ammiravano le tue imprese. Guidavi un trattore in mezzo a un campo di grano dorato. Liberavi una colomba sopra una fabbrica. Ti chinavi verso un gruppo di scolari che ti baciavano offrendoti un mazzo di rose. Mi sorridevi a tutti gli angoli della strada. A casa, sullo schermo televisivo in bianco e nero, ogni giorno compariva il tuo viso. Nella cabina di pilotaggio di una nave immensa reggevi il timone che il capitano ti aveva umilmente ceduto. Davi ordini a generali dai grossi elmetti che ti ascoltavano con un’attenzione inaudita. Salivi sugli aerei sotto i flash dei fotografi. Scendevi a passo svelto da una lunga automobile nera. Appollaiato sul balcone di un palazzo, salutavi la folla che piangeva di gioia ascoltando i tuoi discorsi. Con un sorriso da predatore, ti mettevi in posa accanto all’orso dei Carpazi che avevi appena abbattuto. Tutti ti amavano e niente ti faceva paura. Avevo l’impressione che Dio fosse un membro della mia famiglia. La propaganda comunista non funzionava solo con i bambini di cinque anni. All’inizio del tuo regno, nel 1965, la tua popolarità non era una finta. Il tuo popolo ti amava davvero. Tre anni dopo, quando Mosca ha mandato i carri armati a schiacciare la Primavera di Praga, la Romania è stata il solo paese del patto di Varsavia a non inviare soldati. Anzi, meglio ancora! Hai condannato pubblicamente la repressione organizzata dal Cremlino: «L’invasione della Cecoslovacchia costituisce un grosso errore e un grave pericolo per la pace in Europa e per il futuro del socialismo nel mondo!» hai gridato dal balcone della sede centrale del Partito comunista romeno, a Bucarest. Una folla immensamente orgogliosa ti ha applaudito. Patto di Varsavia, blocco orientale, URSS, Muro di Berlino… Ti avverto, Nicolae, queste parole puzzano di formalina. Oggi i giovani europei non hanno idea che il continente sia stato tagliato in due per decenni.

Eugéne, (Bucarest, 1969), nome de plume di Eugène Meiltz, scrittore, drammaturgo, paroliere ed editorialista svizzero di lingua francese, di origine rumena. Trascorre i primi sei anni di vita nella capitale rumena e arriva in Svizzera con la famiglia all’età di sei anni. Paroliere del gruppo rock Sakaryn, editorialista del “Nouveau Quotidien” e della Radio Suisse Romande (programma La Soupe est pleine) è un autore molto versatile: scrive infatti romanzi, raccolte di racconti, fiabe, storie per bambini e opere teatrali. Anima laboratori di scrittura e dal 2006 insegna all’Istituto letterario svizzero di Bienne. Tra le sue opere: Pamukalie, pays fabuleux. Vrai guide d’un pays surréel (Autrement, 2003), La Vallée de la jeunesse (La Joie de Lire, 2007; 5° ed.: 2015), Dans un livre, j’ai lu que … (Autrement, 2011), Le livre des débuts (L’Âge d’Homme, 2015), Ganda. Roman (Slatkine, 2018), Le mammouth et le virus (Slatkine, 2020) e il recente Lettre à mon dictateur (Slatkine, 2022), un’ immaginaria lettera al tiranno Ceausescu a trent’anni dalla sua fucilazione, in cui in realtà Eugène racconta, con umorismo e sincerità, il suo percorso di migrante e poi di scrittore. Ha ottenuto diversi riconoscimenti, tra cui il Premio svizzero di letteratura 2023. Vive a Gryon nel Canton Vaud.

Francesca Cosi e Alessandra Repossi traducono a quattro mani da quasi vent’anni letteratura e saggistica da inglese, francese e spagnolo. Sono socie fondatrici del Sindacato Traduttori Editoriali, membri del World Directory of Children’s Book Translators e nel corso della loro carriera hanno vinto numerosi premi, tra cui il Premio nazionale speciale per la traduzione del Ministero della Cultura nel 2021. Hanno lavorato per le principali case editrici italiane traducendo circa duecentocinquanta tra libri e articoli.

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