Toscano, quarantenne e indicato come una delle voci più interessanti della giovane poesia italiana, Marco Corsi mostra d’essere entrato nella piena maturità di autore. Illustrando il suo lavoro, aveva affermato in una intervista: «Mi interessa una prospettiva che permette il dialogo tra passato e futuro». In piena sintonia con le intenzioni, queste pagine rappresentano il punto di attrito fra un passato remoto e un avvenire in cui chi scrive non ci sarà più. L’attualità, allora, sembra visionariamente proiettata in una sorta di «dopo». E come il tempo si risquaderna e si dilata, lo stesso avviene per uno spazio fatto di luoghi, dove le città visitate diventano un ambiente unico: strano, onnicomprensivo, instabile. Con la sua scrittura Marco Corsi mostra la propria autonomia dai modelli novecenteschi e, facendo leva su un lessico dallo spettro amplissimo e sugli innumerevoli rinvii alla sua memoria di lettore appassionato, costruisce una narrazione globale, dilagante, trascinante. Dove l’autore ha il coraggio poetico di riversare la propria vita presente, forse anche un’esistenza pregressa e ormai fossile, forse il suo e il nostro futuro.
DUE POESIE dalla raccolta
L’ACQUAZZONE
Penso a quando anche noi lasceremo questo mondo
insieme a quelli che sono già andati e che ci lasciano
di ora in ora dentro l’acquazzone —
e che ogni cosa lentamente scivolerà verso il suo principio
finché saremo un barlume di pensiero
spersi nel buio di erbe cattive:
quelle piante addossate le une alle altre
per arrivare prime alla luce. Allora penso
all’acquazzone che ci ha cancellati
e penso e ardo e spero che tutte le parti divise
galleggino di nuovo insieme — terre di nuovo emerse:
uno intero di tutti
e a tutti sempre manca qualcosa per essere interi.
E penso allora di scivolare anch’io con te dentro l’acquazzone
dove siamo cosa ancora più viva
insieme ai morti che ci hanno preceduto
e penso e spero che resteremo vivi nel mondo
dove siamo stati per poco quella luce d’oro
che arde e rischiara
quando cessa di battere con gioia
l’acquazzone.
*
WUNDERKAMMER
Sia per sempre pace in cielo e in terra
per questo nodo di luce che portiamo
in fondo agli occhi
distante un mare, un’isola, una benedizione
sempre per sempre rammemoranti
colori e puntine di metallo a ferire gli occhi —
e in quanti stadi si misura
l’irritazione della pelle sulla nuca?
La mirra vergine, il cinnamomo, la canna aromatica, cinquecento
sicli di cassia, un hin d’olio d’oliva e le api che escono dalla tua
bocca.
Questa è la gloria dell’essere umano
amato non amato, altrove amato e non amato
come il sudore dei corpi che raggelano.
Sto per vomitarti dalla mia bocca come un’ape.
Penso a quando anche noi lasceremo questo mondo
insieme a quelli che sono già andati e che ci lasciano
di ora in ora dentro l’acquazzone —
e che ogni cosa lentamente scivolerà verso il suo principio
finché saremo un barlume di pensiero
spersi nel buio di erbe cattive:
quelle piante addossate le une alle altre
per arrivare prime alla luce. Allora penso
all’acquazzone che ci ha cancellati
e penso e ardo e spero che tutte le parti divise
galleggino di nuovo insieme — terre di nuovo emerse:
uno intero di tutti
e a tutti sempre manca qualcosa per essere interi.
E penso allora di scivolare anch’io con te dentro l’acquazzone
dove siamo cosa ancora più viva
insieme ai morti che ci hanno preceduto
e penso e spero che resteremo vivi nel mondo
dove siamo stati per poco quella luce d’oro
che arde e rischiara
quando cessa di battere con gioia
l’acquazzone.
*
WUNDERKAMMER
Sia per sempre pace in cielo e in terra
per questo nodo di luce che portiamo
in fondo agli occhi
distante un mare, un’isola, una benedizione
sempre per sempre rammemoranti
colori e puntine di metallo a ferire gli occhi —
e in quanti stadi si misura
l’irritazione della pelle sulla nuca?
La mirra vergine, il cinnamomo, la canna aromatica, cinquecento
sicli di cassia, un hin d’olio d’oliva e le api che escono dalla tua
bocca.
Questa è la gloria dell’essere umano
amato non amato, altrove amato e non amato
come il sudore dei corpi che raggelano.
Sto per vomitarti dalla mia bocca come un’ape.
Marco Corsi (nella foto di Dino Ignani) è nato in Toscana nel 1985 e vive a Milano dove lavora nell’editoria. Ha curato alcune rassegne e pubblicato diversi contributi dedicati alla poesia italiana contemporanea. Sue poesie sono apparse su importanti riviste e blog letterari. La sua prima silloge, Da un uomo a un altro uomo, nel 2015 è stata inclusa nel Dodicesimo quaderno italiano (Marcos y Marcos). Nel 2017 ha inaugurato la collana «Lyra giovani» di Interlinea con Pronomi personali; del 2022 è La materia dei giorni pubblicato da Manni Editori. Ha vinto diversi premi, tra cui il Premio Cetonaverde Poesia sezione giovani.
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