Pegah Moshir Pour
TEHERAN
Il fascino millenario e l'inquietudine contemporanea
Paesi edizioni
collana Città Geopolitiche
marzo 2025
pp. 160, euro 14
ISBN 9791255410898
Un libro che racconta la trama intricata di un Paese ostaggio di una Rivoluzione degenerata nella sottomissione totale di un popolo. Un testo che ha il pregio di concentrarsi soprattutto sulla società iraniana, riannodando quei fili di lana che a poco a poco, come recita il proverbio persiano, diventano tappeto.
L'incipit
Sono un simbolo, un’icona, forse. Ma queste sono solo parole. Io sono altro. Sono ciò che rimane quando il tempo si dissolve e la memoria si trasforma in leggenda. Non sono mai stato creato, non davvero. Mi sono rivelato. Non sono un dio, né un profeta. Non sono un eroe, nemmeno un antieroe. Sono nato in un’epoca in cui gli uomini guardavano il cielo e vi trovavano risposte, non domande. Quando il vento che sferzava i deserti portava con sé il volere degli dèi, e ogni pietra, ogni fiore, ogni granello di sabbia era carico di significato.
Mi chiamano Faravahar, ma il mio nome non è importante. È ciò che rappresento a definirmi. Immaginami: sono una figura umana con le braccia tese, una mano volta a insegnare e l’altra a tenere il cerchio della lealtà, ali spiegate, sotto due code che divergono, in equilibrio tra il bene e il male, e al centro la vita. Sono un sigillo antico, un mistero irrisolto, un simbolo che oggi, in un’epoca smarrita, molti sono tornati a interrogare. Ma non sono un uomo. Sono l’anima degli iraniani, il loro spirito, quella scintilla di luce che brilla nei momenti più bui. Sono la saggezza che a volte dimenticano di ascoltare, la voce che parla quando il mondo tace. Le mie ali sono immense, ma leggere come il respiro. Sono fatte di piume, e ogni piuma ha una storia. Tre file, ordinate e precise. La prima racconta i pensieri che nascono puri, non ancora corrotti dal dubbio. La seconda rappresenta le parole, quelle buone; non sono solo un atto di gentilezza, ma una forza creatrice. La terza fila è dedicata alle azioni, a quei gesti che rendono il mondo un posto più giusto, più bello, più vivo. Pensare bene, parlare bene, agire bene, le mie ali sono i princìpi, guidano chi sa ascoltare. Sono sentieri, non comandi. Ho una storia, ma la mia storia è più di un semplice racconto: è la forma che ho preso lungo un cammino, attraverso i luoghi, i racconti e le memorie. L’Iran è la mia casa, e i suoi popoli sono il mio eco. Veglio sulle vite degli iraniani. Mi sentono, ma non mi vedono del tutto. Eppure io sono quello che hanno già incontrato, li osservo. C’è una promessa, forse, che nessuno ha mai fatto ma che continua a pulsare nel cuore di chi vive, nel cuore di chi sa che la vera domanda non è mai dove stiamo andando ma come camminiamo, come scegliamo di essere mentre ci muoviamo. E io sono tutto questo, in un passo, in un battito, in una parola che non si è ancora detta. Sono Faravahar, custode dell’identità di un popolo, sono il loro passato inciso nella pietra, il loro futuro ancora da scrivere. Sono il segno dello Zoroastrismo, la più antica religione dell’Iran, e la mia forma rappresenta l’equilibrio tra corpo, mente e spirito. Sono il guardiano silenzioso di una storia che si snoda tra millenni e che pulsa ancora oggi nelle vene di questa terra. Sono incastonato nei gioielli, appeso alle pareti delle case, impresso sulla pelle, custodito nei libri e nei cuori e portato al collo come un ciondolo sacro. Sono Faravahar, per gli iraniani rappresento il ricordo di ciò che è eterno, un invito a vivere in armonia con se stessi e con il mondo. Osservo la storia di questo Paese da tempi immemori. Ho visto Ciro il Grande tracciare i confini di un impero che parlava cento lingue, e ho sentito i versi di Ferdowsi tenere in vita un popolo, quando la spada non bastava più. Ho attraversato i secoli, dalle rivoluzioni del Novecento alle voci soffuse delle strade di Darband, dove i giovani parlano d’amore e libertà, tra il rumore dell’acqua e il profumo del tè chai.
Pegah Moshir Pour è nata in Iran nel 1990 e si è trasferita in Italia con la famiglia quando aveva nove anni. È cresciuta tra le storie del Libro dei Re e i versi della Divina Commedia . Oggi è consulente e attivista per i diritti umani e digitali. Racconta l’Iran su la Repubblica e si distingue come una delle voci più importanti nella battaglia per l’emancipazione delle donne iraniane e non solo. La notte sopra Teheran è il suo romanzo d’esordio (Garzanti, 2024).
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