Jan Grue
LA MIA VITA COME LA VOSTRA
(titolo originale Jeg lever et liv som ligner deres, 2018)
traduzione di Eva Valvo
Iperborea
collana Gli Iperborei / 390
marzo 2025
pp. 240, euro 18
con il contributo di Norla
ISBN 9788870916904
Vincitore del Premio della Critica norvegese, un memoir poetico e sagace su cosa significa vivere in un corpo vulnerabile e una meditazione illuminante sull'essere umano.
Jan Grue è appena diventato padre quando ritira dalla casa dei suoi genitori un intero scaffale di cartelle cliniche. Contengono la sua infanzia narrata dall’esterno, dai medici che gli hanno diagnosticato all’età di tre anni una patologia neuromuscolare e che da allora lo descrivono come un corpo difettoso con un futuro cupo e limitato. Un quadro molto diverso dalla percezione che Grue ha sempre avuto di se stesso e dalla vita che ha vissuto studiando ad Amsterdam e a San Pietroburgo, per poi specializzarsi nell’inclusiva Berkeley e diventare accademico a Oslo, trovare l’amore e avere un figlio. Questo libro è la ricerca di una lingua nuova che possa raccontare la sua storia e cosa significhi vivere in un corpo vulnerabile cercando di «imporre la propria volontà al mondo». È un confronto aperto, schietto e intimo con la propria fragilità e i propri desideri, contro gli stigmi sociali e le istituzioni che ai disabili sanno fornire solo sostegni strumentali, braccia o gambe surrogate per un surrogato di vita, un’esistenza pallida in una realtà rassegnata e senza sogni. È un memoir dirompente nella sua stessa forma ibrida, che intreccia liberamente ricordi poetici e riflessioni fulminanti, attingendo all’arte e al pensiero filosofico, alle intuizioni di Michel Foucault, Jorge Luis Borges, Joan Didion, alle visioni di Wim Wenders, ai versi di Mark O’Brien. Raccontando se stesso, Jan Grue scrive una penetrante meditazione sull’essere umano e ci porta a guardarci dentro, a riconsiderare i nostri limiti, le nostre insicurezze, e le risorse che ciascuno ha nel proprio «viaggio verso l’ignoto».
L'incipit
Ogni tanto mi capita di incontrare persone che mi hanno conosciuto da bambino e non si aspettavano di rivedermi da adulto. Di solito nascondono la sorpresa per educazione. Hanno bisogno di un’apertura nel discorso, di una specie di vuoto, per esprimere ad alta voce il primo pensiero che hanno avuto vedendomi: Sei ancora vivo? Alle scuole medie l’insegnante di religione mi raccontò una storia. Quando era morto il marito si era tagliata i suoi capelli lunghi e poi si era immersa nella vasca da bagno: per lei era stata una forma di purificazione. Dava molto peso ai rituali e a lezione portava una serietà che io, da quattordicenne serissimo, apprezzavo molto. Volevo imparare il più possibile; sentivo di dover fare in fretta. Fu lei a insegnarmi l’espressione fase liminale, che definisce il momento più delicato dei riti di passaggio, quando ci si trova tra due mondi. È la fase in cui un adolescente non è più un bambino ma non è ancora un adulto, quella in cui una persona morente ha abbandonato il mondo dei vivi ma non è ancora entrata a far parte degli antenati. È la fase in cui può andare tutto a rotoli, ma anche quella in cui avviene la trasformazione. È la fase in cui nasciamo. Senza, il mondo non andrebbe avanti. Dopo le medie sono andato al liceo e dopo ancora all’università. A un certo punto ho rincontrato la mia vecchia insegnante a un convegno. Aveva continuato a studiare e scritto una tesi di laurea sulla mitologia norrena, sugli jotunn, sui lati oscuri e pericolosi degli esseri umani. Io avevo vinto una borsa per un dottorato in linguistica e avevo cominciato a concentrarmi sulla retorica, su come si può cambiare la realtà tramite la lingua. Lei si era occupata di storia delle mentalità, di paradigmi di pensiero che non possiamo più abbracciare. In un certo senso i nostri mondi erano tornati a incrociarsi. La mia vecchia insegnante non si è stupita del fatto che stessi facendo un dottorato. La scuola media distava dieci minuti a piedi dalla biblioteca universitaria, dove all’epoca andavo a prendere in prestito libri sullo sciamanesimo delle popolazioni indigene siberiane usando la tessera di mia madre. La mia familiarità con il mondo accademico si sentiva da come parlavo, aveva plasmato l’immagine che davo agli altri. Mi proiettava verso un certo percorso, come l’incipit di un libro indica la direzione che prenderà il racconto. La mia insegnante era però stupita da quanto stessi bene. E questo aveva a che fare con l’altro racconto sul mio futuro, quello che non riguardava il linguaggio, ma il corpo. È una frase che mi rende insicuro. Come ti trovo bene. Eh sì, vero? Mi vesto elegante, ho passato anni a orientarmi tra tagli e stili. A diciotto anni mi sono fatto fare un cappotto su misura. Mi piacciono le giacche con i polsini che si possono sbottonare e le camicie Oxford con il colletto piegato nel modo giusto. Ma non era quello che intendeva lei.
Jan Grue, scrittore e professore del Dipartimento di Sociologia e Geografia Umana all’Università di Oslo, è autore di un’ampia serie di opere di narrativa, saggistica, letteratura accademica e di libri per bambini. La mia vita come la vostra ha ottenuto il Premio della Critica norvegese ed è stato candidato al Premio del Consiglio Nordico. Tradotto con successo in tutto il mondo, il New York Times lo ha inserito tra i migliori libri di nonfiction del 2021. Nello stesso anno Jan Grue ha ricevuto in Svezia il Premio P.O. Enquist.
Eva Valvo, nata da madre danese e padre siciliano, ha fatto studi classici all’Università di Pisa, dove ha discusso la tesi di laurea e poi quella di dottorato in Filologia Latina con incursioni nella scandinavistica medievale. Lavora come traduttrice editoriale e scout freelance dal danese e dal norvegese, con una predilezione per la letteratura per bambini e ragazzi. Tra gli autori tradotti, Jesper Wung-Sung, Jakob Martin Strid, Julie Andem, Håkon Øvreås, Anne Sofie Hammer, Annette Herzog, Bjarne Reuter, Peter Madsen, Jussi Adler-Olsen, Anna Grue. È membro del direttivo nazionale di Strade, sezione sindacale dei traduttori editoriali, che rappresenta anche all’interno del CEATL, il Consiglio Europeo dei Traduttori Letterari. Coordina gli eventi dedicati alla traduzione nei festival palermitani Una Marina di Libri e Festival delle Letterature Migranti, oltre a occuparsi di formazione permanente dei traduttori dalle lingue scandinave.
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