Sabato 9 e domenica 10
novembre 2019 presso l'Oratorio Quaroni in via Maqueda 276 a Palermo si terrà la XXV
mostra di libri rari, stampe antiche, fotografie e collezionismo cartaceo.
All'interno potrà ammirarsi una esposizione di manoscritti di viaggiatori in
Sicilia, che essendo in copia unica e inediti rappresentano un contributo
prezioso per la letteratura del viaggio nella nostra isola. La mostra resta
aperta dalle ore 10 alle ore 20.
L 'ingresso è libero.
mercoledì 30 ottobre 2019
Tommy Wieringa - SANTA RITA - Iperborea
Tommy Wieringa
(De heilige Rita, 2017)
Traduzione
di Claudia Cozzi
Iperborea
Collana
Narrativa 312
pp.320, ottobre
2019, Euro 18,50, brossura
Il libro
Dall’autore di Questi sono i nomi un romanzo
maestoso e commovente su un’anima perduta che riesce a riemergere dalle
tenebre.
Agosto 1975. Turbando la
tranquilla, secolare vita rurale di un paesino della pianura olandese, un
piccolo aereo si schianta su un campo di mais dietro la casa di Aloïs e Alice
Krüzen. A bordo c’è un russo in fuga dall’Unione Sovietica. Agonizzante ma vivo,
il pilota è accudito dai Krüzen, ma non appena si rimette in piedi se ne va con
Alice per mano: Aloïs e il figlio Paul, di otto anni, restano soli. Passa il
tempo ma Paul, ormai cinquantenne, è ancora tormentato dal ricordo di quel
russo caduto dal cielo che gli ha portato via la madre. La sua esistenza si sta
consumando tra la casa in cui vive con il padre, la stalla adibita a magazzino
per il suo commercio di cimeli militari, il bar del posto di nuova gestione
cinese e il bordello del sinistro Steggink appena oltre il confine tedesco.
Qui, ad aspettarlo, ci sono sempre le consolazioni dell’amore a pagamento della
«materna Rita», che come lui porta al collo una medaglietta della santa sua
omonima, patrona delle cause perse. Unico vero amico di Paul è Hedwiges,
un’altra anima grigia che per vivere manda avanti l’anacronistica drogheria di
famiglia e che una volta all’anno lo accompagna in vacanza in un qualche
paradiso della prostituzione. E quando Hedwiges e Rita, gli unici punti fermi
di Paul, gli vengono tolti, il precario equilibrio si spezza e la rabbia
esplode. Con la sensualità della sua prosa, e uno sguardo amaro ma capace di
totale empatia, Tommy Wieringa ci sprofonda nella provincia degli ultimi, dove
la modernità arriva sotto forma di nuovissimi smartphone e di cinesi senza
radici che oggi gestiscono un bar e domani chissà, dove la forza dei desideri
indotti è inversamente proporzionale alla possibilità di realizzarli. Il luogo
dove cova il rancore del nostro vivere contemporaneo.
L’autore
Tommy Wieringa, nasce nel 1967 a Goor in Olanda, al
confine con la Germania, e debutta nel 1995 raggiungendo la fama internazionale
nel 2005 con il romanzo Joe Speedboat (Iperborea, 2009). Questi
sono i nomi (Iperborea 2014) è stato finalista del Premio Strega Europeo e
del Premio Von Rezzori, e ha conquistato la critica che l’ha paragonato a
Salinger, John Irving e Paul Auster. Tutti i suoi romanzi sono tradotti in
tutto il mondo.
domenica 27 ottobre 2019
Umberto Fiori - IL CONOSCENTE - Marcos y Marcos
IL CONOSCENTE
Marcos y
Marcos
Gli
Alianti
pp.320, febbraio
2019, Euro 20,00, brossura
Incipit
1.È vero: ci sono giorni che
le vostre parole più care e buone mi suonano come insulti, giorni che dal
mattino alla sera il sole splende contro di me come contro un ritaglio di
lamiera: non mi si parla senza avere diritto in faccia il suo abbaglio
tremendo. Ci sono volte che mi trovate là, fermo, freddo come l’avanzo nel
piatto. Non vi ascolto, non alzo nemmeno gli occhi. È che ho la testa piena di
una scena che ho visto tanti anni fa. 2. Estate. Una grande villa sul mare. Lì,
tra scogli e pinoli, si teneva la Convenzione. Incontri, scambi, battere di
ciglia, docce, equivoci, gare, eventi vari, pause, sbadigli, digrignare di
denti. Gente in mezzo alla gente. Gente, anch’io: uno in più chiamato a
convenire. Un convenuto, un ospite. Un estraneo. Eppure quei mattoni tiepidi,
quelle aiuole di gerani, quelle fontane, quei portici, li sentivo parenti.
Stavo lì come il mondo nella mente. In ogni pavimento riposava un’aria che
sapevo; ogni stipite profumava di luce, di abbondanza. Persino il sentore di
lardo, nelle cucine, era sobrio, solenne. Nel fresco delle stanze, nel legno
bruno dei tavoli, nelle maniglie patinate dagli anni e dalle mani respirava una
calma, un ordine antico e quieto, senza nemici. Un gesto largo, discreto. Ah,
le case dei ricchi. I ricchi veri, voglio dire, come io ne ho incontrati (in
sogno, forse) fin da bambino. I signori. A quelle mura solide e misurate noi
Convenuti stavamo tornando, al termine dei lavori di una giornata rovente,
carichi di mare e vento, di sole, di fatica e di pace. Era l’ora in cui la
volontà finalmente si ferma, tace e si mette in ascolto, l’ora in cui dietro le
forme del mondo che si ritirano dentro la pancia buona dell’ombra, senti una
promessa. Ecco la sera. Ecco il premio che arriva, la ricompensa che il giorno
tratteneva. Noi saremo contenti.
Il libro
Un personaggio riemerso dal
passato. Ridicolo e insinuante, arrogante e mellifluo. ll retro del mondo, i
misteri: la storia italiana del secolo scorso, delle utopie, delle stragi. Un
viaggio lungo le bellezze della penisola, fin ‘dietro le cose’. L’ineffabile,
potentissimo signor Olindo. La malattia, la cura. Un’isola fumante. Una gara di
insulti. Una canoa, un antico bassorilievo. Selva, la femmina che seduce e si
restringe. Il confronto finale.
Il nuovo libro di Umberto Fiori è un racconto in versi falsissimamente autobiografico, un sogno – e per certi aspetti un incubo, un’allucinazione – il cui protagonista porta lo stesso nome e cognome dell’autore. Il suo ambiguo antagonista – il Conoscente: mestatore politico, tuttologo rampante, infine tartufesco ‘guaritore’ – lo lusinga e lo provoca, lo trascina attraverso una serie di incontri che dovrebbero ammaestrarlo, rivelargli ciò che si ostina a ignorare, e finiscono invece per stordirlo e confonderlo. La verità, in questa storia, è un segreto osceno che si esibisce e si sottrae, un enigma di cui il Conoscente pretende di avere in pugno la chiave. ‘Umberto Fiori’ affronta i vari incontri come ci si sottopone a una serie di prove d’iniziazione nelle favole. Solo, senza amici, assediato da un’umanità grottesca e spocchiosa, riuscirà alla fine a sfuggire alla presa del suo mefistofelico terapeuta?
Il nuovo libro di Umberto Fiori è un racconto in versi falsissimamente autobiografico, un sogno – e per certi aspetti un incubo, un’allucinazione – il cui protagonista porta lo stesso nome e cognome dell’autore. Il suo ambiguo antagonista – il Conoscente: mestatore politico, tuttologo rampante, infine tartufesco ‘guaritore’ – lo lusinga e lo provoca, lo trascina attraverso una serie di incontri che dovrebbero ammaestrarlo, rivelargli ciò che si ostina a ignorare, e finiscono invece per stordirlo e confonderlo. La verità, in questa storia, è un segreto osceno che si esibisce e si sottrae, un enigma di cui il Conoscente pretende di avere in pugno la chiave. ‘Umberto Fiori’ affronta i vari incontri come ci si sottopone a una serie di prove d’iniziazione nelle favole. Solo, senza amici, assediato da un’umanità grottesca e spocchiosa, riuscirà alla fine a sfuggire alla presa del suo mefistofelico terapeuta?
L’autore
Umberto Fiori è nato a
Sarzana nel 1949. Vive a Milano. Negli anni ’70 ha fatto parte degli Stormy
Six, uno dei gruppi storici del rock italiano. In seguito ha collaborato con il
compositore Luca Francesconi, per il quale ha scritto due libretti d’opera (Scene e Ballata) e numerosi altri testi. È autore di saggi sulla musica (Scrivere con la voce, 2003) e di un
romanzo breve, La vera storia di Boy
Bantàm (2007). Le sue raccolte poetiche sono: Case (S. Marco dei Giustiniani,
1986) e, per Marcos y Marcos, Esempi (1992), Chiarimenti (1995), Parlare al muro (con immagini del
pittore Marco Petrus, 1996), Tutti (1998), La bella vista (2002) e La poesia è un fischio – Saggi 1986-2006 (2007).
Ultima settimana per visitare la mostra MATITE Bonvini 1909 a Milano
In occasione dei 110 anni di
FBM (Fratelli Bonvini Milano – nome originario della bottega di cartoleria e
tipografia, aperta il 9 luglio 1909 da Luigia e Costante Bonvini), il progetto
culturale Bonvini 1909 dedicato alla scrittura e alla stampa continua a
crescere: dal recupero dell’attività originaria con il restauro conservativo
dei locali storici e delle macchine nel 2014, alla creazione della piccola
libreria indipendente (2016), all’Atelier tipografico su corso Lodi (2017),
ampliatosi nel 2018 al primo piano con lo spazio per workshop, mostre e
progetti speciali. Oggi, con la mostra MATITE, Bonvini 1909 avvia un progetto
di valorizzazione dell’archivio storico e della collezione di cartoleria e
tipografia, a cura di Marta Sironi e con i disegni di Simo Capecchi.
La mostra MATITE intende celebrare una delle invenzioni più antiche dell’espressività umana, strumento di esplorazione e conoscenza, diventata nel tempo simbolo di cultura. Ne percorre la storia attraverso i principali marchi italiani, Presbitero e Lyra di Milano, Fila di Firenze e Fim di Torino e le marche internazionali da sempre distribuite anche in Italia: Schwan, Staedtler, Hardtmuth e Faber-Castell.
Un ampio campionario di un oggetto in gran parte passato dal banco di vendita di FBM: l’archivio lo rivela a tratti e con pochi pezzi, mentre la maggior parte della collezione è stata acquisita da Bonvini 1909 per conservare e raccontare un prodotto industriale che nel Novecento ha raggiunto il suo apice, ancora oggi ricco di narrazioni attraverso la preziosità materiale e la sintesi grafica di etichette e confezioni.
A illustrare il rapporto tra il passato e il presente, i disegni acquerellati di Simo Capecchi, concepiti durante la residenza artistica presso Bonvini 1909. Raccontano quattro storie: la bottega originaria, il Letterpress e l’Atelier 1909, l’Archivio e la collezione, la tipografia di ieri e di oggi.
Conclude il percorso l’entrata in scena di una nuova matita: prodotta in soli mille esemplari da una delle più antiche manifatture francesi, la matita Bonvini 1909 raccoglie il testimone storico e rilancia nel presente nuove storie di scrittura e disegno.
Simo Capecchi (Milano 1964) ha studiato architettura a Venezia e vive a Napoli da trent’anni. Lavora come illustratrice eseguendo reportage visivi dal vero. Tiene workshop di disegno con l’associazione internazionale Urban Sketchers che ha contribuito a fondare. Dal 2015 tiene una rubrica scritta e disegnata sull’ultima pagina del mensile di viaggi Dove.
La mostra MATITE intende celebrare una delle invenzioni più antiche dell’espressività umana, strumento di esplorazione e conoscenza, diventata nel tempo simbolo di cultura. Ne percorre la storia attraverso i principali marchi italiani, Presbitero e Lyra di Milano, Fila di Firenze e Fim di Torino e le marche internazionali da sempre distribuite anche in Italia: Schwan, Staedtler, Hardtmuth e Faber-Castell.
Un ampio campionario di un oggetto in gran parte passato dal banco di vendita di FBM: l’archivio lo rivela a tratti e con pochi pezzi, mentre la maggior parte della collezione è stata acquisita da Bonvini 1909 per conservare e raccontare un prodotto industriale che nel Novecento ha raggiunto il suo apice, ancora oggi ricco di narrazioni attraverso la preziosità materiale e la sintesi grafica di etichette e confezioni.
A illustrare il rapporto tra il passato e il presente, i disegni acquerellati di Simo Capecchi, concepiti durante la residenza artistica presso Bonvini 1909. Raccontano quattro storie: la bottega originaria, il Letterpress e l’Atelier 1909, l’Archivio e la collezione, la tipografia di ieri e di oggi.
Conclude il percorso l’entrata in scena di una nuova matita: prodotta in soli mille esemplari da una delle più antiche manifatture francesi, la matita Bonvini 1909 raccoglie il testimone storico e rilancia nel presente nuove storie di scrittura e disegno.
Simo Capecchi (Milano 1964) ha studiato architettura a Venezia e vive a Napoli da trent’anni. Lavora come illustratrice eseguendo reportage visivi dal vero. Tiene workshop di disegno con l’associazione internazionale Urban Sketchers che ha contribuito a fondare. Dal 2015 tiene una rubrica scritta e disegnata sull’ultima pagina del mensile di viaggi Dove.
Marta Sironi, storica dell’arte con interessi di ricerca per l’illustrazione e la grafica del Novecento, cura l’ordinamento dell’archivio storico FBM. Tra le sue pubblicazioni: le monografie su John Alcorn e Giovanni Pintori (Moleskine, 2013 e 2015) e Il libro bello. Grafica editoriale in Italia tra le due guerre, in uscita per Unicopli.
venerdì 25 ottobre 2019
Gian Mauro Sales Pandolfini - METAFISICHERIE - Edizioni Ex Libris
METAFISICHERIE
Luigi Capuana e la cultura
medianica tra Ottocento e Novecento
Presentazione
di Vittorio Sgarbi
Prefazione di Clementina Giuffrida
Fotografie di Luigi Capuana
Copertina e illustrazioni di Luca Ferracane
Edizioni
Ex Libris | Palermo - Collana Lo zibaldonePrefazione di Clementina Giuffrida
Fotografie di Luigi Capuana
Copertina e illustrazioni di Luca Ferracane
16,00 €,
novembre 2019, brossura
Il libro
Il testo si offre, senza
alcuna pretesa di completezza, quale agevole introduzione all’opera saggistica,
letteraria e fotografica inerente lo spiritismo di Luigi Capuana, per mostrarne
il ruolo di primo piano in stretto legame alla temperie culturale nazionale,
transalpina e statunitense dell’epoca, da Lombroso a D’Annunzio, da Wilde a
Poe, da Zola a Richet.
Il primo nero su bianco di Capuana sullo spiritismo risale a un afoso agosto del 1864, quando, ospite di un certo Poggi a Firenze, magnetizza e fotografa Beppina, la figlia diciottenne posseduta dallo spettro di Ugo Foscolo, del quale desiderava da tempo scriverne la biografia. In verità la sua vocazione per l’occulto è stata assai precoce, ispirata alle conversazioni tra lo zio Antonio e i suoi amici appassionati di medianità o ai racconti dei contadini delle campagne intorno a Mineo. Storie tradizionali di mercanti saraceni, anime foriere di fortuna o sventura, e di nonne, spiriti della casa o streghe che scambiano i bambini.
Tutta l’opera di Capuana è attraversata dalla costante del dubbio, dalla tensione tra realtà e finzione, tra Verismo e Simbolismo, tra certezze della scienza e metafisicherie del possibilismo, tanto da rendere limitante, se non vana, una rigida classificazione del poliedrico scrittore siciliano, ancor oggi noto soltanto come uno tra i massimi esponenti del Realismo letterario.
Il testo è accompagnato da una cospicua galleria di fotografie dello stesso Capuana, dalle illustrazioni del librettista e scenografo palermitano Luca Ferracane e da una ricca bibliografia utile a supportare il lettore in questo affascinante viaggio nel mondo dell’occulto.
Il primo nero su bianco di Capuana sullo spiritismo risale a un afoso agosto del 1864, quando, ospite di un certo Poggi a Firenze, magnetizza e fotografa Beppina, la figlia diciottenne posseduta dallo spettro di Ugo Foscolo, del quale desiderava da tempo scriverne la biografia. In verità la sua vocazione per l’occulto è stata assai precoce, ispirata alle conversazioni tra lo zio Antonio e i suoi amici appassionati di medianità o ai racconti dei contadini delle campagne intorno a Mineo. Storie tradizionali di mercanti saraceni, anime foriere di fortuna o sventura, e di nonne, spiriti della casa o streghe che scambiano i bambini.
Tutta l’opera di Capuana è attraversata dalla costante del dubbio, dalla tensione tra realtà e finzione, tra Verismo e Simbolismo, tra certezze della scienza e metafisicherie del possibilismo, tanto da rendere limitante, se non vana, una rigida classificazione del poliedrico scrittore siciliano, ancor oggi noto soltanto come uno tra i massimi esponenti del Realismo letterario.
Il testo è accompagnato da una cospicua galleria di fotografie dello stesso Capuana, dalle illustrazioni del librettista e scenografo palermitano Luca Ferracane e da una ricca bibliografia utile a supportare il lettore in questo affascinante viaggio nel mondo dell’occulto.
Estratto
Io come il capo delle assise,
giuro, sul mio onore e sulla mia coscienza, che tutto quello che son per
raccontare non ho aggiunto nessuna frangia, neanco una virgola di mio. [...] La
ripetizione, a sazietà, di un dato fenomeno mi rende certo di non aver
osservato male, di non esser caduto in preda di illusioni ottiche o di
allucinazioni di esaltato. [...] I documenti che non provengono dalla mia
personale esperienza, posso garantirli egualmente come esenti di frode; alcuni
perché, nati sotto i miei occhi, fanno parte integrante delle mie ricerche e
dei miei tentativi, altri perché provenienti da persona ben conosciuta e della
cui lealtà e buona fede non è possibile dubitare. [...] Mi pare di fare un
bell’atto di coraggio mettendomi a raccontar fatti e presentar docu-menti
contro i quali so, anticipatamente, di dover trovare armata la diffidenza, la
preoccupazione e, lasciamelo dire, la presuntuosa ignoranza di gran parte del
pubblico. [...] Pei fatti, pei fatti soltanto, son pronto a stender la mano sul
fuoco e a lasciarvela bruciare.
da Spiritismo? -
1884
L’autore
Gian Mauro Sales Pandolfini
[Palermo 1978], antropologo, si occupa di credenze popolari, siciliane e
classiche attinenti la sfera magico-rituale e di fenomeni legati allo
spiritismo medianico e magnetico tra Ottocento e Novecento. Ha contribuito al
disvelamento dell’opera saggistica e letteraria, inerente l’occultismo, di
Luigi Capuana, sostenendo il dialogo interdisciplinare tra antropologia e
letteratura. Già redattore e amministratore multimediale presso diverse case
editrici palermitane, è stato archivista presso la biblioteca del Dipartimento
dei Beni culturali-storico-geografico-antropologici dell’Università degli Studi
di Palermo; ha collaborato e collabora all’allestimento di mostre d’arte
moderna e contemporanea presso diverse istituzioni pubbliche e private; è stato
consulente antropologo e coordinatore editoriale per conto dell’ex Assessore ai
Beni Culturali e all’Identità siciliana della Regione Sicilia Prof. Vittorio
Sgarbi. Scrive per l’organo ufficiale dell’Istituto Euroarabo di Mazara del
Vallo, “Dialoghi Mediterranei”.
giovedì 24 ottobre 2019
Christian Guay-Poliquin - IL PESO DELLA NEVE - Marsilio
Christian Guay-Poliquin
IL PESO DELLA NEVE
(Le
Poids de la niege)
Traduzione di Francesco Bruno
Marsilio
Collana Farfalle
pp.148, gennaio 2019, Euro 17,00, brossura
Il libro
In seguito a un brutto
incidente, un uomo si ritrova nella stanza di una casa in mezzo alla neve. Ha
le gambe paralizzate ed è in balia di un vecchio che non conosce. Il misterioso
signore gli cura le ferite, gli prepara da mangiare e fa quel che può per
riscaldare e illuminare l’ambiente, perché l’energia elettrica è saltata a
causa di un improvviso e generalizzato blackout. Ma nonostante l’apparente
dedizione, il vecchio rimane un enigma per il suo paziente: potrebbe nascondere
qualunque segreto, potrebbe nutrire istinti violenti, potrebbe essere capace di
un gesto inconsulto. Come se non bastasse, inquietanti personaggi dai nomi
biblici fanno visita ai due uomini portando viveri e notizie dal villaggio
vicino, ma neanche loro sembrano persone di cui fidarsi. Con il livello della
neve, sale anche la tensione. Di fatto, quella casa immersa in un mare di
ghiaccio è una trappola senza uscita, proprio come lo era il labirinto per
Dedalo e Icaro. Prigionieri dell’inverno spietato, delle minacce esterne, ma
soprattutto l’uno dell’altro, i due possono solo sperare di procurarsi delle
ali metaforiche e provare a volare. A patto che l’ambizione non si riveli una
condanna. Acclamato da pubblico e critica come la nuova promessa della letteratura
canadese, Christian Guay-Poliquin dà vita a un raffinato thriller psicologico
che in realtà è molto di più: la storia di una guarigione ma anche di una
crescita, di un rapporto tra generazioni che nasce e si evolve in modi
inaspettati e in una condizione ambientale estrema; la storia dell’isolamento
forzato di due persone e di un’intera comunità, che si trova a fare i conti con
bisogni primari e istinti elementari; la storia dell’eterna sfida tra l’uomo e
una natura selvaggia, sublime e ostile, salvifica e fatale.
Nato in Québec nel 1982, è
considerato uno degli autori rivelazione del suo paese. Con Il peso della neve
ha ottenuto tutti i più importanti riconoscimenti letterari canadesi, tra cui
il Governor General’s Literary Award,l’equivalente del premio Strega.
Irmgard Keun - DOPO MEZZANOTTE - L'Orma

Irmgard Keun
DOPO MEZZANOTTE
(Nach
Mitternacht, 1937)
Traduzione di Eleonora Tomassini
L’Orma
collana Kreuzville Aleph
pp.192, 2019, Euro 16,00, brossura con
alette
L’incipit
“A volte apri una busta e ne
salta fuori qualcosa che ti morde o ti punge, anche se non è un animaletto.
Oggi è arrivata una lettera del genere da Franz. «Cara Sanna,» mi scrive
«vorrei rivederti, perciò magari ti vengo a trovare. Per molto tempo non ho
potuto scriverti, ma ho pensato spesso a te, di sicuro lo sai, devi averlo sentito.
Spero che tu stia bene. Ti abbraccio, mia dolce Sanna. Il tuo Franz.» Cos’è
successo a Franz? È malato? Forse sarei dovuta salire subito su un treno e
andare da lui a Colonia. Non l’ho fatto. Ho ripiegato il foglio e me lo sono
nascosto nella scollatura, e adesso è lì che mi gra4a il petto. Sono esausta. È
stata una giornata così di4cile e faticosa, ma ormai la vita si è fatta tutta
così. Non voglio più pensare, non riesco più a pensare… nel cervello ho
soltanto macchie chiare, macchie scure, e vorticano all’impazzata. Vorrei bermi
in santa pace la mia bella birra, ma quando sento l’espressione visione del
mondo so subito che sta per scoppiare un putiferio. Gerti dovrebbe piantarla di
stuzzicare questo SA con la solita solfa che le uniformi dell’esercito del
Reich sono molto più belle e pure i soldati sono tutti uno schianto, e che se
proprio deve andarsi a pescare un militare che almeno sia uno dell’esercito del
Reich. Ovviamente parole simili ronzano come calabroni inferociti intorno a
Kurt Pielmann, lo pungono e gli bruciano 3n nel profondo… se non muore subito
si può star certi che si incarognisce. Di colpo Kurt Pielmann sembra come
malato, e pensare che 3no a poco fa era così contento, che pena. In 3n dei
conti, tre giorni addietro ha guadagnato un’altra stelletta e oggi è venuto da
Würzburg 3no a Francoforte apposta per rivedere Gerti, e anche il Führer.
Infatti oggi il Führer è arrivato in città per 3ssare tutto serio il popolo dal
balcone del Teatro dell’Opera e assistere alla s3lata di una fanfara di soldati
appena rientrati in Renania. Voglio o6rire un altro giro di birra, così ci
distraiamo; chissà se di soldi ne ho abbastanza… .”
Il libro
Germania 1936: due notti
indiavolate, trascorse tra feste eleganti e chiassose birrerie. Una
diciannovenne come tante e con una gran voglia di ridere si ritrova a decidere
della propria esistenza, mentre il rombo della folla, «profondo, roco e un po’
stanco», acclama Hitler che sfila in corteo lungo le strade della città. In un
tempo in cui il desiderio di vita non può che trasformarsi in necessità di
fuga, lo sguardo svagato di Sanna coglie con irriverente grazia intrighi,
tragedie, violenze e amori di un’indimenticabile compagnia di resistenti loro
malgrado. Incontriamo così il malinconico Franz, con il quale Sanna vagheggia
un futuro di tenera libertà, e poi la smaliziata Gerti, con la sua passione
proibita per l’ebreo Dieter, e ancora il mediocre scrittore Algin, i cui
inoffensivi successi attirano d’un tratto l’attenzione della censura, e il
giornalista Heini, fin troppo lucido e affezionato al proprio cinismo.
Con Dopo mezzanotte – scritto nel 1937 allo stesso tavolino su cui
Joseph Roth stava componendo La Cripta dei Cappuccini – Irmgard Keun
ha raccontato in presa diretta, e con un’ironia a maggior ragione stupefacente,
quella meschinità che produce e alimenta i regimi di ogni tempo, regalandoci
un prodigio di densità e leggerezza.
L’autore
Irmgard Keun (1905-1982) è
stata una delle scrittrici più originali del suo tempo ed è al centro ormai
da anni di una riscoperta da parte di critica e pubblico. Compagna di Joseph
Roth, fu spinta alla scrittura da Alfred Döblin che ne ammirava la vivace
intelligenza e l’umorismo fulminante. È autrice di sceneggiature, reportage e
una dozzina di romanzi in cui ha raccontato le contraddizioni della società
europea prima e durante la Seconda guerra mondiale, concentrandosi in
particolare sulla condizione della donna. Le sue opere furono proibite dai
nazisti; per tutta risposta l’autrice fece causa allo Stato per danni.
All’inizio degli anni Trenta, i suoi Gilgi, una di noi e Doris, la ragazza misto seta trasformarono Keun in un caso letterario e la resero una celebrità internazionale. In esilio scrisse Una bambina da non frequentare e Dopo mezzanotte.
All’inizio degli anni Trenta, i suoi Gilgi, una di noi e Doris, la ragazza misto seta trasformarono Keun in un caso letterario e la resero una celebrità internazionale. In esilio scrisse Una bambina da non frequentare e Dopo mezzanotte.
Lina Maria Ugolini - BELLINI NELLA MUSICA DELLE CARROZZE - Kalos
Venerdì 25 ottobre, alle 18,30 al Teatro Bellini di Palermo, si parlerà di «Bellini nella musica delle carrozze» (edizioni Kalós) con l’autrice Lina Maria Ugolini e il giornalista Totò Rizzo, e se ne ascolteranno alcune pagine dall’attore Alfredo Amoroso. Seguirà una visita guidata al vecchio, glorioso Regio Teatro Carolino, poi Bellini.
Lina Maria Ugolini
BELLINI NELLA MUSICA DELLE CARROZZE
Kalos
pp.80, 2019, Euro 10,00, brossura
Il libro
Gli affetti, la formazione artistica, gli amori, i viaggi, le amicizie e le opere del grande compositore siciliano dagli occhi azzurri. Un ritratto di Vincenzo Bellini che da Catania parte seguendo la musica del tempo delle carrozze che lo hanno accompagnato in lungo e in largo nell’Ottocento per i teatri dello Stivale e Oltralpe, fino al ritorno a casa di un’ultima carrozza da Parigi… Pagine che ricreano la poesia di una vita densa e profonda, facendo letteralmente muovere, nell’animazione dei disegni, ruote e cavalli su pentagrammi di note volte a ricordare Bellini come cantore di melodie lunghe, struggenti e immortali.
Illustrazioni di Flavia Filpi
Questo volume è anche un flip book. Il testo è illustrato da una serie di immagini che variano gradualmente da una pagina all’altra. Sfogliandole rapidamente, le illustrazioni prendono vita simulando il movimento.
L’autore
Lina Maria Ugolini (Catania, 1963), figlia e nipote d’arte, unisce all’attività di scrittrice, poetessa e contafiabe quella di musicologa. Forgiatrice di forme e linguaggi è autrice di romanzi, testi per musica, manuali, poesia e saggi di carattere creativo per vari editori. Nell’ambito della divulgazione musicale ha collaborato con il Teatro Massimo Bellini di Catania, la Camerata Polifonica Siciliana, l’Istituto Musicale Bellini di Catania. Come drammaturgo per il Piccolo Teatro di Catania e della Città, la Compagnia GoDoT di Ragusa. Docente titolare di Poesia per musica e drammaturgia musicale presso il Conservatorio “Antonio Vivaldi” di Alessandria.
Amina Sboui - PRIGIONIERE - Baldini+Castoldi

Amina
Sboui
PRIGIONIERE
Storie di donne, delitti d’onore e
Islam
Traduzione
di Raffaella Patriarca
Baldini+Castoldi
Collana Le
Boe
pp.286, dicembre
2018, Euro 18,00, brossura
Il libro
«Ho sempre desiderato
conoscere i motivi per cui una donna arriva a uccidere suo marito, suo
fratello, i suoi figli, il suo innamorato… l’ho visto accadere solo nei film.»
La più controversa attivista
per i diritti umani del mondo arabo racconta le storie terribili ed esemplari
delle sue compagne di carcere, per denunciare la condizione femminile
nell’Islam.
Il libro si apre con un prologo in cui Amina si trova in carcere in attesa di processo per aver postato una sua foto a seno nudo. La prima notte conosce una ragazza, Bessma, che ha assassinato il fratello.
Bessma significa sorriso, ma la ragazza non ha sorrisi sulle su labbra e Amina si chiede cosa può spingere una donna ad ammazzare un fratello, un uomo del suo stesso sangue.
La risposta che le dà Bessna è sconvolgente: per essere libera di amare.
Profondamente turbata, Amina decide di raccontare le vicende delle altre detenute e delle loro storie.
Conosciamo Iman, raggirata da un uomo che prima la seduce e poi l’abbandona, Hana, Nahed, Zohra, Monia, in carcere per avere ucciso i suoi due figli. Mandata in sposa dalla famiglia a un cugino violento che le rende la vita un inferno fin dalla notte di nozze, mette al mondo due bambini che per via del matrimonio tra consanguinei hanno entrambi gravi disturbi mentali. Per salvarli dalla violenza del marito, Monia decide di uccidersi insieme a loro con un potente sonnifero, ma sopravvive.
Sono storie vere, raccolte e raccontate in prima persona da una ragazza che ha fatto della lotta e dell’emancipazione femminile la sua principale ragione di vita. È un viaggio terribile, ma anche commovente e illuminante all’interno delle carceri tunisine e in fondo all’anima di queste donne maltratatte, abusate, sottomesse nell’Islam più fanatico e arretrato, nel quale la condizione femminile è rimasta come congelata nel Medioevo.
Il libro si apre con un prologo in cui Amina si trova in carcere in attesa di processo per aver postato una sua foto a seno nudo. La prima notte conosce una ragazza, Bessma, che ha assassinato il fratello.
Bessma significa sorriso, ma la ragazza non ha sorrisi sulle su labbra e Amina si chiede cosa può spingere una donna ad ammazzare un fratello, un uomo del suo stesso sangue.
La risposta che le dà Bessna è sconvolgente: per essere libera di amare.
Profondamente turbata, Amina decide di raccontare le vicende delle altre detenute e delle loro storie.
Conosciamo Iman, raggirata da un uomo che prima la seduce e poi l’abbandona, Hana, Nahed, Zohra, Monia, in carcere per avere ucciso i suoi due figli. Mandata in sposa dalla famiglia a un cugino violento che le rende la vita un inferno fin dalla notte di nozze, mette al mondo due bambini che per via del matrimonio tra consanguinei hanno entrambi gravi disturbi mentali. Per salvarli dalla violenza del marito, Monia decide di uccidersi insieme a loro con un potente sonnifero, ma sopravvive.
Sono storie vere, raccolte e raccontate in prima persona da una ragazza che ha fatto della lotta e dell’emancipazione femminile la sua principale ragione di vita. È un viaggio terribile, ma anche commovente e illuminante all’interno delle carceri tunisine e in fondo all’anima di queste donne maltratatte, abusate, sottomesse nell’Islam più fanatico e arretrato, nel quale la condizione femminile è rimasta come congelata nel Medioevo.
L’autore
AMINA SBOUI, nota anche come
Amina Tyler, è un’attivista tunisina di ventiquattro anni che, dopo aver
vissuto qualche anno a Parigi in seguito alle violente polemiche generate dalla
sua attività all’interno del gruppo Femen, ora è tornata nella patria d’origine,
a Sidi Bou Said, un villaggio sulle rive del Mediterraneo, dove nella sua casa
ospita una dozzina fra gay, transgender e lesbiche perseguitati per ragioni di
orientamento sessuale. Femminista e blogger da quando aveva solo diciannove
anni, figlia di un medico e di un’insegnante, era una liceale quando ha diffuso
su Facebook una sua fotografia a seno nudo, accompagnata dalla scritta «Il mio
corpo mi appartiene». Dopo lo scalpore generato da questa forma di protesta, la
sua vita è cambiata radicalmente, e questo libro, nato dietro le sbarre del
carcere tunisino dove è finita dopo il suo atto provocatorio e rivoluzionario,
ne è una prova.
martedì 22 ottobre 2019
Natasha Solomons - I GOLDBAUM - Neri Pozza
I GOLDBAUM
Traduzione
di Laura Prandino
Neri Pozza
Collana I
narratori delle tavole
pp.478, 2019,
Euro 18,00, brossura
Incipit
Palazzo Goldbaum era fatto di
pietra, non d’oro.
Il libro
Vienna, 1911. Sulla Heugasse,
costruito con la pietra bianca più bella d’Austria, sorge il palazzo dei
Goldbaum, una famiglia di influenti banchieri ebrei. In città si dice che siano
così ricchi e potenti che, nelle giornate uggiose, noleggino il sole perché
brilli per loro. Ben poco accade, dentro e fuori la capitale, su cui non
abbiano voce in capitolo, e meno ancora senza che ne siano a conoscenza.
Persino nei fastosi palazzi di Casa d’Asburgo.
Rinomati collezionisti di opere d’arte, mobili di squisita fattura, ville e castelli in cui esporli, gioielli, uova Fabergé, automobili, cavalli da corsa e debiti di primi ministri, i Goldbaum, com’è costume delle cosmopolite dinastie reali d’Europa, si sposano tra loro. Perché gli uomini Goldbaum continuino a essere ricchi e influenti banchieri è necessario, infatti, che le donne Goldbaum sposino uomini Goldbaum e producano piccoli Goldbaum.
Anche la giovane, ribelle Greta Goldbaum deve rassegnarsi alla tradizione di famiglia e dire addio alle sue scapestrate frequentazioni nella ribollente Vienna del primo decennio del Novecento, sposando Albert Goldbaum, un cugino del ramo inglese della famiglia.
Per una ragazza della sua estrazione sociale il matrimonio è una delle spiacevolezze della vita da affrontare prima o poi, e con questo spirito Greta lascia Vienna per la piovosa Inghilterra.
A Temple Court, dove si trasferisce, la ragazza si sente estranea persino a se stessa: la nuova famiglia la tratta con rispetto, la servitù con deferenza e Albert è cortese e sollecito. Ma la sua presenza riesce a essere opprimente come una coperta pesante in una nottata troppo calda, e tra i due giovani si instaura una gelida, sottile antipatia. Al punto che Lady Goldbaum, la madre di Albert, decide di donare alla ragazza un centinaio di acri come dono di nozze, un giardino dove sentirsi finalmente libera da ogni costrizione.
Alla silenziosa contesa di Temple Court si aggiunge, però, il fragore di ben altro conflitto: la prima guerra mondiale, il tragico evento che spazzerà via l’intero vecchio ordine su cui l’Europa si era retta per secoli. La corsa agli armamenti è tale che persino gli influenti Goldbaum, benché abituati a lavorare con discrezione dietro le quinte dei governi e delle dinastie reali, non possono alterarne il corso. Per la prima volta in duecento anni, la famiglia si troverà su fronti opposti e Greta dovrà scegliere: la famiglia che ha creato in Inghilterra o quella che è stata costretta a lasciare in Austria.
Attraverso pagine d’inconsueta bellezza Natasha Solomons dona al lettore una struggente storia d’amore e al contempo getta uno sguardo nuovo sulla complessità dell’identità ebraica all’inizio del XX secolo e sul ruolo delle banche nei finanziamenti alla causa bellica.
Rinomati collezionisti di opere d’arte, mobili di squisita fattura, ville e castelli in cui esporli, gioielli, uova Fabergé, automobili, cavalli da corsa e debiti di primi ministri, i Goldbaum, com’è costume delle cosmopolite dinastie reali d’Europa, si sposano tra loro. Perché gli uomini Goldbaum continuino a essere ricchi e influenti banchieri è necessario, infatti, che le donne Goldbaum sposino uomini Goldbaum e producano piccoli Goldbaum.
Anche la giovane, ribelle Greta Goldbaum deve rassegnarsi alla tradizione di famiglia e dire addio alle sue scapestrate frequentazioni nella ribollente Vienna del primo decennio del Novecento, sposando Albert Goldbaum, un cugino del ramo inglese della famiglia.
Per una ragazza della sua estrazione sociale il matrimonio è una delle spiacevolezze della vita da affrontare prima o poi, e con questo spirito Greta lascia Vienna per la piovosa Inghilterra.
A Temple Court, dove si trasferisce, la ragazza si sente estranea persino a se stessa: la nuova famiglia la tratta con rispetto, la servitù con deferenza e Albert è cortese e sollecito. Ma la sua presenza riesce a essere opprimente come una coperta pesante in una nottata troppo calda, e tra i due giovani si instaura una gelida, sottile antipatia. Al punto che Lady Goldbaum, la madre di Albert, decide di donare alla ragazza un centinaio di acri come dono di nozze, un giardino dove sentirsi finalmente libera da ogni costrizione.
Alla silenziosa contesa di Temple Court si aggiunge, però, il fragore di ben altro conflitto: la prima guerra mondiale, il tragico evento che spazzerà via l’intero vecchio ordine su cui l’Europa si era retta per secoli. La corsa agli armamenti è tale che persino gli influenti Goldbaum, benché abituati a lavorare con discrezione dietro le quinte dei governi e delle dinastie reali, non possono alterarne il corso. Per la prima volta in duecento anni, la famiglia si troverà su fronti opposti e Greta dovrà scegliere: la famiglia che ha creato in Inghilterra o quella che è stata costretta a lasciare in Austria.
Attraverso pagine d’inconsueta bellezza Natasha Solomons dona al lettore una struggente storia d’amore e al contempo getta uno sguardo nuovo sulla complessità dell’identità ebraica all’inizio del XX secolo e sul ruolo delle banche nei finanziamenti alla causa bellica.
Natasha Solomons è nata
nel 1980. È autrice di cinque romanzi, tra cui si segnalano: Un perfetto
gentiluomo, La fidanzata inopportuna e La galleria dei mariti
scomparsi, pubblicati in Italia da Frassinelli. Il suo lavoro è stato tradotto
in diciassette lingue. Vive nel Dorset con il marito, il premiato scrittore per
bambini David Solomons, e i loro due figli.
Incontro con l'editore Sandro Ferri di E/O
Incontro con l'editore Sandro Ferri di E/O
Presso Labò, via Carlo Farini
70, Milano
Lunedì 28 ottobre 2019 dalle
ore 19:00 alle 21:00
È impossibile, oggi, parlare
di e/o senza pensare allo straordinario successo della sua autrice Elena
Ferrante. Ma quella di questa casa editrice romana, fondata nel 1979 da Sandro
Ferri e dalla moglie Sandra Ozzola, è una lunga storia di editoria di qualità e
di esplorazione di nuovi territori della narrativa. Lo stesso nome (che sta per
est/ovest) testimonia della vocazione iniziale per la letteratura dell'Europa
dell'est, con autori del calibro di Christa Wolf. Nel corso degli anni e/o ha
"frequentato" la narrativa africana con la collana "I
leoni" fino ad abbracciare la letteratura italiana (senza trascurare la
grande narrativa europea, come il caso letterario de "L'eleganza del
riccio"), da Massimo Carlotto fino, appunto, a Elena Ferrante. Mantenendo
sempre, caso rarissimo in Italia, una totale autonomia e il coraggio di scelte
aziendali coraggiose, come sul versante della promozione e distribuzione o
nella lotta ad Amazon, o innovative, a partire da Europa Books, marchio con
base negli USA e in UK.
Elisabeth Åsbrink - 1947 - Iperborea
1947
Traduzione
di Alessandro Borini
Iperborea
Collana
Narrativa 292
pp.292, marzo
2018, Euro 10,00, brossura
Incipit
Il tempo non va esattamente
come dovrebbe. Il primo gennaio del 1947 il Times scrive che gli inglesi non
possono fare affidamento sui propri orologi. Per essere del tutto certi che il
tempo sia quello che dice di essere si consiglia loro di ascoltare la BBC, che
trasmetterà dei notiziari supplementari su quale sia effettivamente l’ora
esatta. Gli orologi elettrici risentono delle frequenti interruzioni di
corrente, ma anche quelli meccanici vanno controllati. Forse dipende dal
freddo. Forse la situazione migliorerà. Nel corso della guerra sono state
sganciate sulla Gran Bretagna circa 50.000 tonnellate di bombe. Oltre 4,5
milioni di edifici risultano danneggiati. Ci sono centri rurali minori che sono
quasi stati rasi al suolo, come la cittadina portuale scozzese ai cui
bombardamenti è addirittura stato dato un nome: il Clydebank Blitz. Nella città
austriaca di Wiener Neustadt una volta si contavano 4000 edifici. Ora ne
restano intatti solamente diciotto. A Budapest la metà delle case è
inabitabile. In Francia sono stati distrutti, nel complesso, 460.000 edifici.
In Unione Sovietica sono stati completamente annientati 1700 tra centri minori
e villaggi. In Germania le bombe hanno distrutto all’incirca 3,6 milioni di
abitazioni; una casa ogni cinque. La metà delle case di Berlino è inabitabile.
In tutta la Germania oltre diciotto milioni di persone sono senza dimora. Altri
dieci milioni lo sono in Ucraina. Tutti sono costretti a cavarsela con un
accesso limitato all’acqua e sporadico all’elettricità. I diritti umani non
esistono, il concetto di genocidio è sconosciuto ai più. I superstiti hanno
appena cominciato a contare i propri caduti. Molti fanno ritorno a casa senza
trovarla, altri si dirigono dovunque tranne che verso il proprio luogo di
provenienza. Le campagne d’Europa sono state spogliate, depredate e, in seguito
al sabotaggio delle dighe, risultano a tratti allagate. Terreni coltivati,
boschi, fattorie – vita, pane e lavoro di tanti – giacciono sotto la cenere,
ricoperti di fango. Sotto l’occupazione tedesca la Grecia ha perso un terzo
delle proprie aree boschive. Più di mille villaggi sono stati dati alle fiamme.
In Jugoslavia oltre la metà del bestiame è stato ucciso e il saccheggio di
granaglie, latte e lana ha messo in ginocchio l’economia. Gli eserciti di
Stalin e di Hitler non solo hanno seminato devastazione dove avanzavano, hanno
pure ricevuto l’ordine di distruggere tutto ciò che trovavano sul proprio
cammino in fase di ritirata. La tattica della terra bruciata prevedeva che non
si lasciasse nulla alle truppe nemiche. Per usare le parole di Heinrich
Himmler: «Nessuna persona, nessun capo di bestiame, nessun carico di cereali,
nessuna tratta ferroviaria devono essere lasciati alle spalle […] Il nemico
deve trovare un paese totalmente bruciato e distrutto.»* Adesso, dopo la fine
della guerra, tutti vanno in cerca di orologi da polso – c’è chi li ruba, chi
li nasconde, chi li dimentica, chi li perde. Il tempo rimane incerto. Quando
sono le otto di sera a Berlino, a Dresda sono le sette e a Brema invece le
nove. Nella zona russa vige il fuso orario russo, mentre nella propria parte di
Germania gli inglesi introducono l’ora legale. Se qualcuno chiede l’ora, i più
rispondono di non sapere che fine abbia fatto. L’orologio, intendono. Oppure
vogliono dire il tempo?
* Da Il continente selvaggio
di Keith Lowe, trad. di M. Sampaolo, Laterza, Roma-Bari 2015, p. 12. (N.d.T.)
Il libro
1947 è il vertiginoso racconto
di un anno in cui la politica e la grande Storia si fondono con gli eventi
quotidiani. Un anno trascurato e apparentemente insignificante, in cui un
vecchio ordine cade e ne sorge uno nuovo, ma soprattutto l’anno dove inizia il
nostro presente.
Dove comincia il presente?
Quando nascono le forze, i conflitti e le idee che governano la nostra epoca?
Inseguendo le tracce della famiglia che non ha mai potuto conoscere, Elisabeth
Åsbrink ci trasporta in un anno cruciale del ’900, nel momento in cui
l’Occidente, reduce dal Secondo conflitto mondiale, è di fronte a una serie di
bivi e possibilità ancora aperte, e compie scelte decisive per i nostri giorni.
È il 1947 quando scoppia la Guerra fredda, viene istituita la CIA e Kalašnikov
inventa l’arma oggi più diffusa al mondo; l’ONU riconosce lo Stato di Israele e
il figlio di un orologiaio egiziano lancia il moderno jihad. È solo nel ’47
che viene redatta la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, prima
sconosciuti all’umanità quanto il termine «genocidio», coniato da un giurista
polacco che ha perso la famiglia nei Lager. E mentre una rete clandestina di
organizzazioni internazionali mette in salvo i gerarchi del Reich e rilancia
gli ideali fascisti, Primo Levi riesce a pubblicare Se questo è un uomo,
un disilluso George Orwell scrive il profetico 1984 e Christian Dior
crea il suo controverso New Look. In mezzo a tutto questo, tra le masse di
profughi ebrei che attraversano l’Europa in cerca di una nuova vita, c’è il
padre dell’autrice, un orfano ungherese di dieci anni, davanti a una scelta che
deciderà il suo futuro. In un racconto poetico e documentatissimo, che ci cala
nei destini di personaggi d’eccezione e persone comuni, Åsbrink ricompone il
puzzle di un anno emblematico per la sua identità personale e per quella
collettiva. E scavando nei retroscena degli eventi, fino agli istanti in cui la
Storia avrebbe potuto prendere un altro corso, arriva all’origine di quei nodi
che non abbiamo ancora sciolto.
L’autore
Elisabeth Åsbrink (1965) è
una nota scrittrice e giornalista svedese, che vive tra Stoccolma e Copenaghen.
Con il suo primo libro «Och i Wienerwald står träden kvar» nel 2011 ha vinto il premio
August e nel 2013 il prestigioso Ryszard Kapuściński per il miglior reportage
letterario. 1947 è il suo primo libro tradotto in Italia, in corso di
traduzione in 15 paesi.
"Quando Primo Levi diventò il signor Malabaila"

Nelle biografie di Primo Levi manca un capitolo, il capitolo dello pseudonimo. Era l’estate del 1966 e Levi, dopo i successi di Se questo è un uomo e La tregua, si trovò all’improvviso di fronte alla necessità di inventarsi un nome fasullo per poter pubblicare il suo terzo libro, giudicato troppo leggero. Glielo chiedeva il suo editore. Alla fine Levi accettò e scelse di firmare Storie naturali con il nome che campeggiava sull’insegna di un elettrauto di corso Giulio Cesare, a Torino.
In Quando Primo Levi diventò il signor Malabaila Carlo Zanda racconta questo capitolo mancante, restituendo il giusto rilievo a uno snodo esistenziale cruciale, e non soltanto per ciò che comporta la rinuncia alla propria identità per qualsiasi uomo. Vediamo allora Levi recarsi ogni mattina al lavoro di chimico, rintanarsi la notte nello studio per evadere dal tran tran quotidiano, muoversi come un marziano in un mondo, l’editoria, che lo considera un intruso.
In questa vicenda convergono alcuni dei motivi più significativi della biografia umana e letteraria dell’autore de I sommersi e i salvati: il bisogno di non restare chiuso nel ruolo di testimone della Shoah; il conseguente progetto coltivato con tenacia di diventare uno scrittore vero, riconosciuto come tale, capace di inventare storie e personaggi; infine, l’applicazione della dottrina appresa ad Auschwitz, che diventerà la sua regola di vita da individuo libero, per cui «il primo ufficio dell’uomo è perseguire i propri scopi con mezzi idonei, e chi sbaglia paga».
Sullo sfondo, l’ombra dei ripetuti rifiuti (affettivi, razziali, sentimentali…) subìti sin da ragazzo da chi del nome era stato privato ad Auschwitz, come indelebilmente testimoniava il numero tatuato sull’avambraccio sinistro.
Mercoledì 23 ottobre, alle ore 18, Pink Tank si presenta a Roma. Alla libreria Feltrinelli di Piazza Colonna
Mercoledì 23 ottobre, alle
ore 18, Pink Tank si presenta a
Roma. Alla libreria Feltrinelli di Piazza Colonna (Galleria Alberto Sordi) Serena Marchi assieme a
Monica Cirinnà e Marianna Madia parleranno del libro interamente dedicato alle
donne in politica.
Il libro
Da oltre settant'anni le cittadine italiane attendono che la nostra Repubblica esprima finalmente una Presidente del Consiglio o una Presidente della Repubblica, che i partiti riescano a nominare una Segretaria generale (per ora l’unica segretaria di partito è Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia) e che finalmente in Parlamento siedano un numero rappresentativo e congruo di donne.
Qual è il motivo di un tale ritardo che fa precipitare l’Italia agli ultimi posti in Europa (e non solo) quando si tratta di rappresentanza politica delle donne? Quali sono le difficoltà che incontrano le donne italiane quando decidono di impegnarsi in politica? E cosa si aspettano? Serena Marchi lo ha chiesto direttamente a loro: deputate, senatrici, firmatarie di leggi, Presidenti della Camera, attiviste e militanti.
Ha incalzato e riflettuto con loro sulla condizione delle donne e della leadership al femminile nel Belpaese. Non è stato facile convincerle a parlare di come hanno iniziato a fare politica, di cosa sognavano quando erano bambine, di come hanno dovuto combattere per farsi largo in un mondo che non le aveva considerate.
Emanuela Baio, Paola Binetti, Laura Boldrini, Emma Bonino, Mara Carfagna, Luciana Castellina, Monica Cirinnà, Anna Finocchiaro, Mariapia Garavaglia, Elisabetta Gardini, Cécile Kyenge, Marianna Madia, Giorgia Meloni, Rosa Menga, Irene Pivetti, Daniela Santanchè, Elly Schlein e Livia Turco.
La lista di #Pinktank, un serbatoio di pensiero finora inesplorato, è lunga ma per fortuna non esaustiva della rappresentanza politica femminile. Abbastanza però da proporre uno spaccato fondamentale della realtà del nostro paese e capace di indicare una strada verso un futuro che diventa sempre più prossimo.
Il libro
Da oltre settant'anni le cittadine italiane attendono che la nostra Repubblica esprima finalmente una Presidente del Consiglio o una Presidente della Repubblica, che i partiti riescano a nominare una Segretaria generale (per ora l’unica segretaria di partito è Giorgia Meloni di Fratelli d’Italia) e che finalmente in Parlamento siedano un numero rappresentativo e congruo di donne.
Qual è il motivo di un tale ritardo che fa precipitare l’Italia agli ultimi posti in Europa (e non solo) quando si tratta di rappresentanza politica delle donne? Quali sono le difficoltà che incontrano le donne italiane quando decidono di impegnarsi in politica? E cosa si aspettano? Serena Marchi lo ha chiesto direttamente a loro: deputate, senatrici, firmatarie di leggi, Presidenti della Camera, attiviste e militanti.
Ha incalzato e riflettuto con loro sulla condizione delle donne e della leadership al femminile nel Belpaese. Non è stato facile convincerle a parlare di come hanno iniziato a fare politica, di cosa sognavano quando erano bambine, di come hanno dovuto combattere per farsi largo in un mondo che non le aveva considerate.
Emanuela Baio, Paola Binetti, Laura Boldrini, Emma Bonino, Mara Carfagna, Luciana Castellina, Monica Cirinnà, Anna Finocchiaro, Mariapia Garavaglia, Elisabetta Gardini, Cécile Kyenge, Marianna Madia, Giorgia Meloni, Rosa Menga, Irene Pivetti, Daniela Santanchè, Elly Schlein e Livia Turco.
La lista di #Pinktank, un serbatoio di pensiero finora inesplorato, è lunga ma per fortuna non esaustiva della rappresentanza politica femminile. Abbastanza però da proporre uno spaccato fondamentale della realtà del nostro paese e capace di indicare una strada verso un futuro che diventa sempre più prossimo.
lunedì 21 ottobre 2019
Luka Bekavac - VILJEVO - Mimesis
VILJEVO
Traduzione
di Ljiljana Avirović
Mimesis
Collana Elit
- European literature
pp.300, marzo
2018, Euro 10,00, brossura
Il libro
Due sorelle si rifugiano in
una villa abbandonata a Viljevo, piccolo villaggio della Slavonia, in Croazia.
Sono sole e scappano dalla guerra, intorno a loro solo campagna e, in
lontananza, colline. A spezzare quell’isolamento una voce che arriva via radio dall’etere.
La comunicazione, tutta notturna, si perde in una dimensione sospesa tra
finzione e realtà. Anni dopo, nessuno saprà spiegarsi come ciò sia stato
possibile. La prosa di Luka Bekavac si snoda fra narrazione e trattato
scientifico: la forma della radiotrascrizione annulla la categoria
spaziotemporale, riduce la frase ai minimi termini. È lo stile di chi vuole
comunicare la tragedia dei sopravvissuti alla guerra degli anni Novanta.
Sopravvissuti come larve.
L’autore
Luka Bekavac è nato nel 1976 a Osijek (Croazia), nel
cuore della pianura pannonica, regione nota per la sua storia medievale, le
bellezze naturali e purtroppo anche le guerre che qui si sono svolte. Insegna
Letterature comparate all’Università degli Studi di Zagabria e ha scritto
numerosi articoli di filosofia, teoria letteraria, musica, letteratura e cinema
per varie riviste e programmi radio. Lavora anche come traduttore ed è
co-curatore di "Quorum", rivista letteraria che si occupa dei legami
fra cultura popolare, musica e filosofia. Ha pubblicato quattro romanzi,
accolti con favore dalla critica: Drenje (2011), Viljevo (2013),
con cui ha vinto nel 2015 il Premio letterario dell’Unione Europea, Policijski
sat: slutnje, uspomene (2015) e Galerija likovnih umjetnosti u
Osijeku: studije, ruševine (2017). Fra i numerosi riconoscimenti, il
premio “Janko Polic’ Kamov” dell’Accademia croata delle Scienze e delle Arti
(Hazu) e lo “Janko Polic’ Kamov” della Società degli Scrittori croati.
domenica 20 ottobre 2019
Jane Austen - AMORE E AMICIZIA - La Vita Felice
Jane
Austen
AMORE E AMICIZIA
a cura di
Franco Venturi
Traduzione
di C.Ferrari, testo inglese a fronte
La Vita
Felice
Collana Il
Piacede di Leggere 49
pp.132, giugno
2012, Euro 10,00, brossura
Incipit
PRIMA LETTERA
Da Isabel a Laura
Quante volte, in risposta alle mie ripetute suppliche
di dare a mia Figlia un ordinato resoconto delle Disgrazie e della Avventure
della vostra Vita, avete detto "No, amica mia non acconsentirò mai alla
vostra richiesta fino a quando non correrò più il Rischio di sperimentarne di
altrettanto terribili."
Certamente quel momento è ormai prossimo. Oggi voi
avete 55 anni. Se mai una donna può essere ritenuta al sicuro dalla risoluta
Perseveranza di sgradevoli Innamorati e dalle crudeli Persecuzioni di Padri
ostinati, certamente dev'essere in quest'epoca della Vita.
Isabel.
2ª LETTERA
Laura a Isabel
Sebbene io non possa essere d'accordo con voi nel
supporre che non sarò mai più esposta a Disgrazie immeritate come quelle che ho
già sperimentato, tuttavia per evitare l'accusa di Ostinazione o cattiveria,
appagherò la curiosità di vostra figlia, e possa la forza d'animo con la quale
ho sopportato i molti Dolori della mia Vita passata, rivelarsi per lei un'utile
Lezione per sostenerla in quelli che potranno capitarle nella sua.
Laura
3ª LETTERA
Laura a Marianne
Come Figlia della mia più intima amica ritengo che
abbiate il diritto di conoscere la mia infelice Storia, che vostra Madre mi ha
così spesso sollecitata a raccontarvi.
Mio Padre era originario dell'Irlanda e viveva nel
Galles; mia Madre era la Figlia naturale di un Pari di Scozia e di una
ballerina italiana dell'Opera - io sono nata in Spagna e sono stata educata in
un Convento in Francia.
Una volta raggiunti i diciotto Anni fui richiamata dai
miei Genitori al tetto paterno in Galles. La nostra casa era situata in una
delle zone più romantiche della Valle dell'Usk. Sebbene il mio Fascino sia ora
considerevolmente attenuato e alquanto compromesso dalle Disgrazie patite, un
tempo ero bella. Ma per quanto fossi attraente le Grazie della mia Persona
erano la minima parte delle mie Perfezioni. Di tutte le doti tipiche del mio
sesso, ero Padrona. - In Convento, i miei progressi andavano sempre oltre gli
insegnamenti; i miei Risultati erano sorprendenti per la mia Età, e in breve
tempo avevo superato i miei Maestri.
Nella mia Mente, erano riunite tutte le Virtù capaci
di renderla attraente; era il punto d'incontro di ogni buona Qualità e di ogni
nobile sentimento.
Una sensibilità troppo viva per ogni pena dei miei
Amici, dei miei Conoscenti e in particolare per ogni pena che mi riguardasse
personalmente, era il mio unico difetto, se difetto si può chiamare. Ahimè!
come sono cambiata ora! Anche se per la verità le mie Disgrazie non mi toccano
meno di quanto facessero prima, tuttavia ora non provo più nulla per quelle
degli altri. Anche le mie doti, cominciano ad affievolirsi - non sono più
capace di cantare così bene né di Danzare in modo così elegante come un tempo -
e ho completamente dimenticato il Minuetto Di Corte -
Adieu.
Laura
Laura
Il libro
Amore e amicizia, il più
famoso tra gli Juvenilia, è una parodia in forma epistolare dei
racconti romantici; le protagoniste (Laura, Isabel e Marianne) descrivono per
corrispondenza le proprie emozioni amorose con toni forti e violenti
dimenticando il decoro e il buon senso.
La Austen tratterà
approfonditamente questo tema pochi anni dopo con il personaggio di Marianne
Dashwood in Ragione e sentimento. È il romanticismo portato
all’estremo con accenti languidi e un concentrato di sventure che invece di
mettere in rilievo l’eroicità dei protagonisti, ne svelano la mediocrità e
insulsaggine, suscitando sentimenti di ridicolo anziché di stima.
Laura ad esempio, l’autrice
delle 15 lettere indirizzate alla figlia della sua migliore amica, narra “i
molti dolori” della sua vita passata e quindi del suo amore contrastato per
Edward, dell’incontro con la coppia Sophia e Augustus, della serie apocalittica
di disgrazie, colpi di scena a lei occorsi. Già nel 1770, quando l’autrice
aveva soli 15 anni, Jane Austen aveva stabilito, se non come dare forma alla
sua opera creatrice, almeno la direzione verso cui indirizzarla, direzione
totalmente opposta al romanzo sentimentale propriamente detto, dove svenimenti
e disgrazie erano all’ordine del giorno.
Halldóra Thoroddsen - DOPPIO VETRO - Iperborea
DOPPIO VETRO
(Tvöfalt gler, 2015)
Traduzione
di Silvia Cosimini
Iperborea
Collana Narrativa
308
pp.128, aprile
2019, Euro 15,00, brossura
Il libro
Vincitore del Premio della
Letteratura Europea 2017, Doppio vetro è un romanzo sorprendente, una
storia d'amore e rimpianto tra il fuoco e i ghiacci d'Islanda, un inno
struggente alla vita.
Dal doppio vetro delle sue
finestre in un piccolo appartamento nel centro di Reykjavík, un’anziana donna
osserva la vita da cui si sente ormai tagliata fuori ma che continua ad
attrarla, a porle domande, a nutrire la sua «fame di giorni» e il suo desiderio
di appartenere al presente. Vedova con figli che hanno da tempo preso la loro
strada e nipoti ormai cresciuti e sempre più lontani, la sua esistenza subisce
una scossa inaspettata con l’entrata in scena di un uomo. Un coetaneo che forse
ha già incrociato brevemente in gioventù, un ex chirurgo separato dalla moglie
che senza timore le si dichiara e la corteggia, facendole riscoprire l’ebbrezza
della complicità e del sentirsi desiderati. Ma è ammesso, opportuno, o anche
solo possibile innamorarsi ancora alla sua età? Che cos’ha in fondo l’amore da
offrire a due solitudini al tramonto? E perché la passione senile rimane un
tabù, perfino agli occhi di amici e famigliari, qualcosa da negare o deplorare
come un capriccio? Attraverso le emozioni, i pensieri e le paure della
protagonista, in una dimensione sospesa tra la profonda sensibilità e il
disincanto ironico che si maturano con gli anni, ci immergiamo in un’avventura
sentimentale che raramente trova voce in letteratura. Doppio vetro è
un delicato canto d’amore alla vitalità interiore che non si rassegna allo
sfiorire del corpo, un racconto poetico di toccante empatia sullo scarto tra i
ruoli che la società impone a ogni stagione della vita e un sentire che non
invecchia quasi mai con l’età.
L’autore
Halldóra Thoroddsen è nata
nel 1950 e vive a Reykjavík. Scrittrice e poetessa, ha lavorato come
insegnante, grafica e direttore dei programmi della radio islandese. Scrive
poesie, racconti, sceneggiature e romanzi. In corso di pubblicazione in dieci
paesi europei, Doppio vetro è il suo primo romanzo a essere tradotto
in Italia e ha ricevuto il Premio della Letteratura Europea e il Premio della
letteratura femminile islandese.
sabato 19 ottobre 2019
Camilo Sanchez - LA VEDOVA VAN GOGH - Marcos y Marcos
Camilo Sanchez
LA VEDOVA VAN GOGH
(La viuda de los Van Gogh, 2012)
Traduzione
di Francesca Conte
Marcos y
Marcos
pp.192,
settembre 2016, Euro 16,00, brossura
L’incipit
Un’ombra pesante su ogni
gradino della scala è stato l’annuncio: Theo van Gogh entra con il fantasma
della morte attaccato alle scarpe. Johanna lo guarda. In tre giorni è
invecchiato di dieci anni. Quasi non fa caso alla moglie e a malapena saluta il
bambino. Con una cautela estrema, sistema sotto il letto gli ultimi lavori del
fratello, una serie di
rotoli con tele dipinte di
fresco. Quindi, nel bauletto di rovere delle lettere, ne deposita un’ultima,
quella che Vincent van Gogh aveva addosso quando si era sparato un colpo, e poi
si era sdraiato per dormire. Lo scalpiccio degli zoccoli dei cavalli
sull’acciottolato riporta Johanna van Gogh-Bonger alle sue carte. Però, prima
di arrivare alle parole, mette in ordine la casa:
quel piccolo universo ogni
giorno più incerto. Su un tavolino di legno di mandorlo, al quarto piano di
Cité Pigalle numero 8, a
Montmartre, comincia a sfumare la musica della città da sveglia. E mentre
avanza la sera, lei non riesce a distinguere il colore di quel che si avvicina.
Per coincidenza, o quel che sia, inaugura un nuovo quaderno del
suo diario personale con la
notizia della morte del cognato. Scrive. Theo non ha voluto parlare dell’agonia
di Vincent. A stento mi ha riferito che aveva un aspetto tranquillo, nella bara
issata sul tavolo da biliardo della locanda dei Ravoux. E che era stata una
buona idea aver esposto alcune fra le ultime opere intorno al suo corpo di
morto nuovo di
zecca. Sono riuscita a
reprimere la battuta impietosa che mi era passata per la mente: che alla fine ce
l’aveva fatta a ottenere la sua prima mostra personale. Sono rimasta in
silenzio e Theo è andato a dormire. Sono sei ore che dorme il primo, lungo
riposo senza suo fratello nel mondo. Mi sono sempre sentita un po’
intermediaria, un po’ intrusa,
tra i fratelli Van Gogh,
annota sul suo diario Johanna van Gogh-Bonger. Negli ultimi quattro anni, lei
aveva scelto di far finta di niente quando Theo mandava la busta con i
centocinquanta franchi, ogni mese; ed era stata sempre lei a calmare le acque
quando il marito, furioso, minacciava di abbandonarlo al suo destino. “Ci vuole
passione, ma a fuoco
lento” ripete tra sé e sé
mentre cambia il pannolino al figlio e, dal momento che il marito non si muove
dal letto, prende una decisione: sarà lei a redigere il necrologio del cognato
da mandare alla stampa. Poiché Johanna rifugge dalle ipocrisie, l’annuncio
funebre è a nome di Theo, l’unico che si è occupato di tutto sino alla fine.
Con abilità diplomatica,
tuttavia, Johanna indica due luoghi di lutto nell’annuncio: l’appartamento che
divide con il marito, al numero 8 di Cité Pigalle, Montmartre, Parigi e, pur
sentendolo quasi come una concessione, la casa della signora madre dei Van
Gogh, a Herengracht, Leiden, Olanda. Pensa a una cosa a cui non vorrebbe
pensare. Nella lunga e soffocante notte d’estate, a
Parigi, si chiede per la
prima volta se ha fatto bene a permettere che fosse Vincent, in omaggio allo
zio pittore, il nome di suo figlio.
Il libro
Cieli, occhi, corvi,
girasoli: dovunque giri lo sguardo, Johanna vede dipinti di Van Gogh. Splendono
nel buio, la svegliano all’alba; prima del canto degli uccelli, prima dei
rumori di Parigi che riparte.
La gente non li capisce, non li ama. Li usa come fondi d’armadio, per tappare i buchi del pollaio. Van Gogh si spara al petto e con lui se ne va il fratello Theo, inseparabile anche nella morte.
Johanna resta sola con un piccolino nella culla: si chiama Vincent come suo zio.
Lui e i dipinti illuminano il nero che l’ha avvolta.
Vedova giovane, torna in Olanda e si prepara a lottare; le hanno insegnato che bisogna dominare il mare per meritarsi la terra.
Apre una locanda in campagna, fa arrivare da Parigi i quadri di Van Gogh. Dal soffitto al pavimento, li appende in ogni stanza: è il suo omaggio all’artista che sognava una repubblica del colore, il primo museo segreto.
Di giorno Johanna accoglie gli ospiti, cresce suo figlio.
Di notte apre la valigetta che per Theo era sacra e si immerge nelle lettere di Van Gogh. Annota parole, isola passaggi di pura poesia. Le affidano una missione, le indicano la strada. Oltre le porte chiuse, il disprezzo, la selva dei no. Il primo sì è il disegno venduto a un cliente argentino.
La prima mostra la ospita all’Aia una donna senza pregiudizi.
Poi il vento gira, vengono i buoni incontri, gli incroci fortunati; il tempo corre, vola, le mostre si moltiplicano e Vincent van Gogh entra nella Storia.
Johanna, finalmente, può camminare guardando il cielo dopo la pioggia, respirare leggera, aprire altre porte. Tornare a smarrirsi in un sorriso, nel gioco meraviglioso dei corpi.
Una storia vera, bellissima, mai raccontata. La storia della donna che ha consegnato al mondo l’arte di Van Gogh..
La gente non li capisce, non li ama. Li usa come fondi d’armadio, per tappare i buchi del pollaio. Van Gogh si spara al petto e con lui se ne va il fratello Theo, inseparabile anche nella morte.
Johanna resta sola con un piccolino nella culla: si chiama Vincent come suo zio.
Lui e i dipinti illuminano il nero che l’ha avvolta.
Vedova giovane, torna in Olanda e si prepara a lottare; le hanno insegnato che bisogna dominare il mare per meritarsi la terra.
Apre una locanda in campagna, fa arrivare da Parigi i quadri di Van Gogh. Dal soffitto al pavimento, li appende in ogni stanza: è il suo omaggio all’artista che sognava una repubblica del colore, il primo museo segreto.
Di giorno Johanna accoglie gli ospiti, cresce suo figlio.
Di notte apre la valigetta che per Theo era sacra e si immerge nelle lettere di Van Gogh. Annota parole, isola passaggi di pura poesia. Le affidano una missione, le indicano la strada. Oltre le porte chiuse, il disprezzo, la selva dei no. Il primo sì è il disegno venduto a un cliente argentino.
La prima mostra la ospita all’Aia una donna senza pregiudizi.
Poi il vento gira, vengono i buoni incontri, gli incroci fortunati; il tempo corre, vola, le mostre si moltiplicano e Vincent van Gogh entra nella Storia.
Johanna, finalmente, può camminare guardando il cielo dopo la pioggia, respirare leggera, aprire altre porte. Tornare a smarrirsi in un sorriso, nel gioco meraviglioso dei corpi.
Una storia vera, bellissima, mai raccontata. La storia della donna che ha consegnato al mondo l’arte di Van Gogh..
L’autore
Camilo Sánchez è nato a Mar
del Plata e vive a Buenos Aires. Giornalista e poeta, ha collaborato con le più
prestigiose testate argentine – da «Página 12» a «Clarín» a «Ñ» – sia in
qualità di redattore che scrivendo reportage da tutto il mondo. Attualmente
dirige «Dang Dai», rivista di scambio culturale tra Argentina e Cina.
Guardando un documentario
della BBC, è rimasto colpito da un’immagine di Johanna van Gogh-Bonger, citata
fuggevolmente come depositaria dei quadri e delle lettere; durante una lunga
permanenza a New York, esplorando musei e biblioteche, ha scoperto il suo ruolo
fondamentale, mai raccontato, nel difendere dall’oblio l’opera di Van Gogh. Era
la storia che Sánchez aspettava per il suo primo romanzo, La vedova Van
Gogh: un omaggio al pittore straordinario morto solo, suicida, e alla donna che
ha lottato per renderlo, come artista, immortale.
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