CHICAGO
(Chicago,
2018)
Traduzione
di Andrea Branchi
Ponte alle Grazie
Collana Scrittori
pp.
320, ottobre 2018, Euro 18, brossura
Il libro
Chicago a cavallo fra gli anni Venti e Trenta: una città divisa fra il North Side controllato dagli irlandesi e il South Side di Al Capone; sullo sfondo, i vizi e le perversioni dell’alta società, la corruzione dei politici. Mike Hodge, veterano della Prima guerra mondiale e giornalista di cronaca al Tribune, e i suoi colleghi fanno un quotidiano sfoggio di cinismo e si mantengono fedeli al voto fatto alla Verità, per quanto essa sia quasi sempre impubblicabile; e si danno, come tutti, a colossali bevute di alcol di contrabbando. Ma quando Mike si troverà coinvolto nell’assassinio della donna che ama, la sua vita e il fragile equilibrio su cui si reggeva verranno travolti... David Mamet ci catapulta nell’America di cento anni fa con una naturalezza stupefacente. Raffiche di dialoghi spumeggianti, un’incredibile galleria di personaggi memorabili, invenzioni narrative brillanti, una cura dei dettagli che sfida l’attenzione del lettore. Chicago è un romanzo da divorare, un giallo, un noir, ma anche molto di più: una giostra di passioni che possono sconvolgere la vita di un uomo, amore e desolazione, colpa e vendetta, perdizione e riscatto. Mamet si conferma un autentico Maestro della parola: è impossibile non farsi trascinare, impossibile resistere al vortice frenetico di Chicago.
L’autore
David Mamet (Chicago, 1947) è autore teatrale fra i più importanti al mondo, premio Pulitzer nel 1984 per Glengarry Glen Ross. Oltre che al teatro si è molto dedicato anche al cinema sia come sceneggiatore (basti qui ricordare Il postino suona sempre due volte, Il verdetto, Gli intoccabili, le cui atmosfere naturalmente ritornano in Chicago, Sesso & potere, Ronin, Hannibal) sia come regista (il suo esordio La casa dei giochi vinse il premio per la sceneggiatura al Festival di Venezia nel 1987). È anche un prolifico saggista.
L'incipit
Parlow e Mike erano seduti tranquilli nel rifugio di caccia alle anatre. Uno schermo mimetico di erbe di palude e rametti si alzava davanti a loro, e il rifugio stesso era interrato per almeno un metro e mezzo nel terreno soffice, consolidato ai lati con legname di riporto. Era una giornata limpida e il rifugio era asciutto. Erano mollemente appoggiati al bordo del rifugio. Parlow era di gran lunga il cacciatore più esperto, Mike era venuto per la compagnia e per una giornata all’aria aperta. Parlow guardava a ovest e Mike a est. Il vento soffiava da ovest, ma le possibilità erano alla pari: potevano arrivare con il vento a favore, o controvento. Quindici richiami dondolavano nella palude davanti a loro. «Potrebbero venire da qualsiasi parte» pensò Mike. Era un piacere godersi il sole invernale. «Sono geloso, sì, del successo degli altri» disse Parlow, «ma non ho mai invidiato le conquiste di nessuno». «Uh-uh» fece Mike. «Qualche stronzo ha fatto più soldi di me» disse Parlow. «Vendi una storia ad Harper, fotti un critico; ce ne sono di quelli» continuò «che cascano sempre in piedi, dopodiché, chiunque ha a che fare con loro sa che quel tipo è un ‘capetto’. I nomi li conosci. Edmond Harper Gaines, Lucille Brandt Williams, quelli col doppio cognome. , butta giù la prosa, cosa pensa il pubblico dei lettori? «No, non è impossibile che la cultura sia un terreno. Se potenzialmente buono o cattivo non so, ma capace, presumibilmente, di produrre qualche frutto. Di cosa ha bisogno per maturare...?» «Di merda» disse Mike. «Ha bisogno di letame» disse Parlow. «Animale o vegetale». «Scrivilo per la Little Review» disse Mike. «Gli ho mandato il mio articolo sulla Scuola d’Architettura Prairie» disse Parlow. «E?» «Hanno scritto che lo stavano prendendo in considerazione e mi sono vergognato. Ma chi se ne frega; tutto proviene dai giapponesi. Quelli che hanno visitato la terra dei fiori di ciliegio, che hanno inalato le fragranze miste e suggestive di quella terra antica; per quelli, perfino l’inestinguibile desiderio di ritorno è un piccolo prezzo da pagare per esserci stati». «Il desiderio di tornare potrebbe, in teoria, essere placato se sali su una nave del cazzo» disse Mike. «E chi ha il tempo?» disse Parlow. «E poi c’è il mal di mare». «Cosa ti è piaciuto di più del Giappone?» chiese Mike. «Donne piccoline, a un prezzo abbordabile» disse Parlow. «Cos’è che fa girare il mondo? Il mondo è come una ruota per criceti: va avanti grazie alle forze contrarie. Il mondo gira in un senso, mentre tutti corrono nell’altro». «E naturalmente, laggiù» disse Mike «vanno nella direzione sbagliata». «Che brutta cosa da dire» disse Parlow. «Perché sarebbe sbagliata la loro direzione?» «Perché sono nell’emisfero meridionale» disse Mike. «Il Giappone» precisò Parlow «è alla stessa latitudine di Cleveland. Non hai letto il mio libro? «Quel cazzo di libro, a proposito di invidia, era nella selezione della selezione per un Premio Letterario di Tutto Rispetto» disse Parlow.
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