L'ATTENTATO
(Nezemaljski izraz njegovich ruku, 2017)
Traduzione dal croato di Ljiljana Avitović
Nutrimenti
Collana Greenwich 121
pp. 192, aprile 2021, Euro 18, brossura
Il libro
Sarajevo,
28 giugno 1914: l’arciduca d’Austria Francesco Ferdinando viene
ucciso con un colpo di pistola da Gavrilo Princip. È il casus belli
della Grande Guerra, la scintilla che dà inizio al primo dei due
conflitti mondiali destinati a insanguinare il Novecento e che
segnerà gran parte della successiva storia europea.
I due
protagonisti di quell’episodio – il carnefice e la vittima –
non possono essere più diversi tra loro, e non solo per ragioni di
rango: da una parte, un giovane casto e idealista, che scrive poesie
e patirà in prigione la mancanza dei libri più che gli stenti;
dall’altra, un uomo ostinato e poco colto, divenuto erede al trono
quasi per caso, che si è inimicato l’imperatore e la corte
viennese sposando la donna che morirà insieme a lui nell’attentato.
Intorno al loro fatale e tragico incontro, si muove un flusso
magmatico di destini – vite di poeti, pazzi, cospiratori, martiri,
regnanti, scrittori, assassini, filosofi – che trasforma la
ricostruzione dei fatti di Sarajevo in un racconto multiforme, capace
di assolvere uno dei compiti privilegiati della letteratura:
interrogare la storia per comprendere gli uomini.
Con L’attentato
Miljenko Jergović scrive uno dei suoi romanzi più personali,
implicito omaggio alla sua città natale, Sarajevo, storia di una
terra divisa e martoriata, la Bosnia, ritratto di una generazione
perduta di ribelli e sognatori, la stessa di cui fece parte anche il
premio Nobel Ivo Andrić.
“Jergović
ricostruisce con affascinante facilità il giorno fatale in cui il
secolo del caos ebbe realmente inizio (e, siamo onesti, non è ancora
finito), combinando la forma del thriller, la polposa morbidezza
delle storie di perdenti e antieroi, il sapore del romanzo on the
road e il succo del saggio politico e del reportage
giornalistico”.
Jutarnji list
L'autore
Miljenko Jergović è nato a Sarajevo nel 1966, ma risiede da molti anni a Zagabria. È autore di una trentina di opere tra romanzi, raccolte di racconti e antologie poetiche, ed è considerato uno dei maggiori scrittori di area slava, tradotto e premiato in numerosi paesi. Molti suoi libri sono stati pubblicati in Italia, tra cui Le Marlboro di Sarajevo, I Karivan, Buick Riviera, Freelander e Volga, Volga; ha anche ricevuto il premio Grinzane Cavour per Mama Leone. Da Buick Riviera è stata tratta nel 2008 la pellicola omonima, premiata come miglior film al Festival del cinema di Sarajevo e come miglior sceneggiatura al Festival del cinema di Pola. Con Ruta Tannenbaum ha vinto il premio Meša Selimović per il miglior romanzo scritto in lingua bosniaca, croata, serba e montenegrina.
L'incipit
Erano già passate le dieci di sera quando a Obljaj, alla porta dei Princip, bussò un gendarme, loro parente, intimandogli di presentarsi immediatamente alla stazione di polizia di Grahovo perché “Gavro ucciso Verdinand”. Grahovo è uno dei luoghi più sperduti della Bosnia, al confine tra la Turchia ottomana e la Dalmazia veneziana, sicché ci vollero più di dieci ore affinché la notizia del terribile avvenimento di Sarajevo giungesse ai genitori. Da tempo erano state informate Londra e Parigi, gli spari di Sarajevo erano rimbombati fino in America, si stavano radunando i quartier generali degli eserciti, i telegrafi ronzavano e nei salotti e nelle corti del mondo occidentale e orientale si discuteva molto seriamente su chi fosse l’attentatore e quali i possibili motivi, quando il gendarme svegliò dal sonno Marija detta Nana e Petar, per dir loro cosa aveva fatto Gavrilo. Che cosa abbiano pensato in quel momento, se abbiano provato paura o, invece, siano stati orgogliosi – com’è stato supposto nella celebrata mitologia sugli eroi di san Vito e il loro martirio –, non lo sapremo mai. Nana aveva messo al mondo nove figli, cinque maschi e quattro femmine. Sei di loro erano morti a causa di malattie infantili. Vivevano in una vecchia casa delle cooperative, la stessa in cui un tempo erano vissuti insieme tutti i Princip, per quell’occasione sostituiva il pope Ilija, fece un errore e scrisse che la data di nascita era il 13 giugno anziché il 13 luglio. Che abbia sbagliato perché i nomi dei due mesi si assomigliano, o che avesse un motivo tutto suo per farlo, sta di fatto che la data errata di nascita, da sola, avrebbe potuto comportare per Gavrilo Princip la pena di morte, anziché una lunga reclusione, poiché secondo le leggi austroungariche sarebbe stato maggiorenne nel momento in cui aveva commesso il crimine.
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