martedì 20 aprile 2021

Paul Mendez - LATTE ARCOBALENO - Blu Atlantide

 

Paul Mendez
LATTE ARCOBALENO
(Rainbow Milk, 2020)
Traduzione di Clara Nubile
Blu Atlantide
pp. 416, febbraio 2021, Euro 18, rilegato in brossura


Il libro

Nell’Inghilterra degli anni Cinquanta, l’ex boxeur giamaicano Norman Alonso cerca, tra mille difficoltà e diffuso razzismo, una nuova vita insieme a sua moglie e ai suoi bambini. Nella stessa regione (la cosiddetta Black Country, nelle Midlands) all’inizio dei Duemila suo nipote, Jesse McCarthy, è alla ricerca del proprio posto nel mondo, e di una vita più vera in cui riconoscersi. Jesse è stato cresciuto senza il padre naturale nella locale comunità dei Testimoni di Geova, un ambiente rigido e chiuso dal quale ancora adolescente viene espulso per aver timidamente manifestato le proprie tendenze omosessuali. Biasimato anche da sua madre e dal nuovo marito di lei, Jesse si trasferisce così a Londra e inizia a frequentare uomini più grandi (soprattutto bianchi) a pagamento. In ognuno di loro, non importa quanto possano essere squallidi e violenti, non importa cosa gli chiedano di fare, Jesse cerca un po’ di amore, qualcuno che lo accetti e gli voglia bene per quello che è. Presto però Jesse si trova a rischiare la propria vita per un incontro sessuale più pericoloso ed estremo del solito, ma nel momento peggiore della sua vita conosce un uomo, uno scrittore, con cui nasce una forte amicizia e una grande attrazione reciproca, anche se questi è tuttora sposato con una donna…

I giudizi

Quando mai ci è capitato di leggere un romanzo su un giovane di colore, gay e Testimone di Geova di Wolverhampton che abbandona a forza la propria comunità per cercare la propria strada a Londra come prostituto? Mendez è uno scrittore eccezionale, coraggioso ed eccitante. In più scrive di sesso in modo straordinariamente esplicito e potente”. Bernardine Evaristo

Sorprendente…il tipo di libro che non sapevi di aspettare. Un romanzo esplosivo che passa dal sesso alla colpa, alla salvezza, il tutto mentre tratta di cosa significhi essere neri, gay, figli, padri, amanti, in una parola cosa significhi essere uomini”. Marlon James

Un romanzo che fa quello che solo i grandi esordi fanno: portare originalità di visione, rinnovare la nostra idea di cosa sia possibile fare in narrativa…un libro di incredibile potenza e grandissimo impatto emotivo”. Alex Preston

Uno dei romanzi di debutto più eccitanti di questi anni”. The Times

L'autore

Paul Mendez è nato nella Black Country, in Inghilterra, nel 1982 e vive a Londra. Latte arcobaleno, suo primo romanzo, è stato accolto dalla critica e dai lettori come una delle opere di esordio più coraggiose e originali della narrativa inglese contemporanea.




L'incipit

20 luglio 1959

Questa è la meglio estate da quando siamo venuti in Inghilterra tre anni fa. Fa caldo, non caldo caldo come in Giamaica, ma oggi non sento una sola nuvola che sorpassa il sole, ed è un sacco di tempo che non cade pioggia. Sto sul prato davanti casa, e respiro. Il cespuglio è gorgoglioso di rose profumate. Mio figlio Robert, gli piace gironzolare qua attorno con l’annaffiatoio, che è grande quasi come lui. Io riesco a sentire quanta acqua butta sopra ogni radice, non so come fa lui a non sentire l’acqua fredda che gli piangiucchia sul piede. È un ometto forte. Si farà alto, già mi arriva quasi al ginocchio. Anche Glorie vuole dare aiuto, ma è troppo piccola e devo stare con l’orecchio teso tutto il tempo casomai le inciampo addosso, o si graffia con le spine. «Non troppa, figliolo», dico a Robert quando sento che l’acqua si piscia a terra in una pozza. «Passa alla prossima». «Ciao, ometto, stai aiutando il tuo papà a innaffiare il giardino?». Il signor Pearce, il mio vicino, mi fa sfantasmare quando s’incammina verso casa sua, sul vialetto. «Di’ ciao al signor Pearce, Robert». «Ciao», gli fa, tutto ometto. Io gli dico: «Buon pomeriggio, signor Pearce, come andiamo oggi?», sapendo che comincerà a parlare, parlare e parlare della sua malattia. «Oh, non butta troppo male, sai. I soliti vecchi acciacchi, i dolori. L’artrite mi sta riducendo a uno straccio, ma non mi lamento. Pure Ethel non sta bene, con le gambe. To’, aspettiamo che il tuo ragazzo si faccia grande così va a farci lui la spesa. Comunque è un po’ soffocante per me, in questa calura. Va bene per voi che venite dalle Indie Occidentali». «Mica tanto», faccio io. «Il mio corpo si è fatto l’abitudine al freddo». Quasi non ci vedo più ormai, ma so che il signor Pearce non esce mai di casa senza il basco, il vecchio giaccone da lavoro e gli stivali, anche se si dev’essere impensionato dalla fabbrica del gas una decina d’anni fa. «Di sicuro hai sentito che sta succedendo giù a Londra con tutte quelle manifestazioni della White Defence League, l’estrema destra, no? Ci siamo dispiaciuti proprio tanto a vedere che sulla vostra porta hanno scritto con la vernice “L’Inghilterra deve restare bianca”, o una roba del genere. Io ed Ethel ne stavamo parlando l’altra sera, e tutti e due siamo d’accordo sul fatto che non ci dispiace assolutamente che state qui. Che siamo tutti uguali, giusto, bianchi e neri, o no?». Non dovrei starmene impiantato sotto il sole, come mi ha detto il dottore, perché mi comincia a pulsare la testa e mi cala il buio sugli occhi, allora mi avvicino di più a casa, verso l’ombra.

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