QUANDO
ERO PICCOLA LEGGEVO LIBRI
(When
I Was a Child I Read Books:
Essays
2012)
Traduzione
di Eva
Kampmann
Minimum Fax
Collana
Sotterranei
pp. 250, aprile 2018, Euro 18, brossura
Il libro
Non
tutti sanno che tra Le cure domestiche, il romanzo di esordio
con il quale Marilynne
Robinson divenne una celebrità negli Stati Uniti, e Gilead, la
sua seconda opera narrativa, premiata con il Pulitzer e primo
capitolo di una magnifica trilogia completata da Casa e Lila,
sono trascorsi ben ventotto anni: dal 1980 al 2008. E non tutti sanno
che in questo trentennio o poco meno la Robinson, ben lungi dal
rimanere inattiva, si è cimentata ripetutamente con il genere
saggistico, regalando ai suoi lettori una serie ininterrotta di
perle.
Spaziando dalla meditazione teologica a riflessioni
illuminanti sulla letteratura, dal ricordo autobiografico alla
disamina di un’intera nazione e delle sue trasformazioni, i
saggi di Quando ero piccola leggevo libri affrontano da
un'angolazione nuova e complementare i grandi temi che sono al centro
della sua narrativa - il clima politico e sociale degli Stati
Uniti, la centralità della fede religiosa e la generosità di
sguardo che ne deriva, la natura dell'individualismo americano e il
mito del West - e compongono il ritratto intimo e ricco di
sfaccettature di un'autrice che è considerata un vero e proprio
classico contemporaneo.
L’autore
Marilynne Robinson (1943) è docente all'Iowa Writers' Workshop e scrive sulle più importanti riviste letterarie. Il suo primo romanzo, Housekeeping (1980; Le cure domestiche, Einaudi 2016) ha vinto il PEN/Hemingway Award per la miglior opera prima e ha creato un enorme seguito di critica e pubblico. Successivamente Robinson ha pubblicato due raccolte di saggi: Mother Country (1989) e The Death of Adam (1998). L'acclamatissimo Gilead (Einaudi, 2008) ha vinto il National Book Critics Circle Award for Fiction 2004 e il Pulitzer Prize for Fiction 2005. Einaudi ha pubblicato nel 2011 Casa e nel 2015 Lila.Nel 2016 vince il premio Letterario Internazionale Mondello per la sezione autore straniero.
L'incipit
Nel corso degli anni dedicati alla scrittura e all’insegnamento, ho tentato di liberarmi di certe costrizioni che sentivo, dei limiti nella portata dell’esplorazione che potevo compiere, o nel tipo di intuizione cui prestar fede. A poco a poco mi sono resa conto che la mia religione, e la religione in generale, poteva e doveva demolire quelle costrizioni, le quali altro non sono che una piccola e ristretta definizione di cosa sono gli esseri umani e di come va intesa la vita umana. E spesso ho sperato che i miei studenti trovassero dei principi religiosi presenti nella cultura che esprimessero un amore autentico per la vita umana e li incoraggiassero al contempo a liberarsi delle medesime costrizioni. Per quelli di noi che hanno un’istruzione, le teorie ammuffite che abbiamo imparato al secondo anno di università e memorizzato in vista di un esame, per poi non ripensarci più consciamente, esercitano un’autorità che ci metterebbe in imbarazzo se ci fermassimo a riflettere. Personalmente, ho studiato in un centro di psicologia comportamentale dove trascorsi un periodo a tormentare ratti. La tesi di laurea prevedeva una specie di esperimento del labirinto, e siccome ricordo che il mio collega ratto non collaborava, o forse era solo incompetente come ratto, o magari stufo di quella storia, non so come feci a superare l’esame. Sono sicura che non ricorsi alla coercizione, dal momento che il roditore e io evitavamo ogni contatto fisico. Ovviamente la corruzione era fondamentale nell’esperimento e non costituiva una nota di biasimo per nessuno di noi due, anche se devo ammettere che il mio era l’Eliot Ness dei ratti per la sua capacità di resistere alla tentazione, tanto per dirne una, dei Cheerios. Forse avrei dovuto provare ad alzare la posta. A ogni modo, l’idea era che il comportamento fosse condizionato dalla ricompensa o dalla sua assenza, e che fosse possibile trarre deduzioni sensate che muovessero dalla dimostrazione diretta del tornaconto del ratto, ben presente nella letteratura sul tema, alla questione senz’altro più complessa della motivazione umana. In seguito ho letto che una femmina di ratto è talmente gratificata se riceve un cucciolo di ratto dal dispensatore di premi che farà tutto quello che le viene chiesto, fino a riempire la sua gabbia di piccoli. A mio parere, questo complica alquanto la definizione di tornaconto, ma la complessità non rientrava tra le preoccupazioni del comportamentismo della mia giovinezza, che era riduzionista nel senso più puro del termine. Non c’era solo il comportamentismo. Riflettevamo anche sulla tesi di Freud secondo la quale gli uomini primitivi di sesso maschile interiorizzavano il padre come super-io divorando letteralmente il poveretto. Da allora in poi ci siamo sentiti tutti in colpa – be’, almeno i compagni maschi del corso. Donde la complessità umana, donde la civiltà. A quell’esame me la cavai meglio. La trama era accattivante.
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