domenica 11 aprile 2021

Nawal El Saadawi - UNA FIGLIA DI ISIDE - Nutrimenti

Nawal El Saadawi 

UNA FIGLIA DI ISIDE
(A Daughter of Isis, 2015)
Traduzione dall'inglese di Roberta Bricchetto
Nutrimenti
Collana Greenwich 118
pp. 288, marzo 2021, Euro 18, brossura


Il libro

Questo libro coraggioso ci parla di una civiltà in cui le donne sono considerate una sfortuna in famiglia, subiscono la cliteridectomia, sono obbligate a sposarsi bambine… Un libro che tutti dovremmo leggere”.
Doris Lessing

Se provo a ricordare cosa è successo quando sono venuta al mondo, tutto quello che so è che sono nata donna. Sentivo dire che Dio crea il maschio e la femmina, e che, molto prima che nascessi, le neonate venivano sepolte vive. Poi, dall’alto, un verso discese nel Corano, e diceva così: ‘E se alla femmina sepolta viva si chiede per quale peccato sia stata uccisa…’. Fossi nata a quell’epoca sarei stata una di quelle neonate. Questo mi dicevano quando avevo quattro anni.”
La memoria e le parole sono le armi che Nawal El Saadawi utilizza per ribellarsi a una società in cui la nascita di una femmina equivale a una sventura. Una società in cui l’interpretazione del Corano è monopolio degli uomini, in cui le bambine subiscono la cliteridectomia, sono costrette a sposarsi in tenera età ed educate a servire gli uomini in silenzio. Una figlia di Iside è il racconto dell’infanzia e della gioventù della femminista più famosa nel mondo islamico. Una testimonianza appassionata. La storia di una emancipazione possibile.


L'autore

Scrittrice e psichiatra egiziana, Nawal El Saadawi si laurea al Cairo nel 1955. Il primo libro, Woman and Sex, nel 1972 le costa la cacciata dal Ministero della Sanità e la persecuzione delle autorità religiose. Da allora scrittura e impegno civile diventano per lei inseparabili e si traducono in alcuni dei libri più scioccanti scritti sull’oppressione delle donne arabe, come Woman at Point Zero (tradotto in Italia con il titolo Firdaus) e The Fall of Imam. Viene arrestata nel 1981 e rilasciata solo dopo l’assassinio di Sadat. Negli anni Novanta è costretta all’esilio perché il suo nome compare nella lista della morte di un gruppo fondamentalista. L’ultima persecuzione nel 2001, quando solo una grande mobilitazione internazionale la salva da un processo per apostasia e dal divorzio coatto chiesto, contro la volontà sua e di suo marito, da un avvocato integralista. Nel 2004 ha ricevuto il premio Nord-Sud assegnato dal Consiglio d’Europa alle personalità che si sono battute per la difesa dei diritti umani.


L'incipit

Fu mia madre a insegnarmi a leggere e scrivere. Scrissi per prima la parola Nawal, il mio nome. Ne amavo la forma e il significato: il dono. Quel nome divenne parte di me. Immediatamente dopo imparai a scrivere il nome di mia madre, Zaynab, che accostavo al mio in modo da renderli inseparabili. Vederli scritti uno accanto all’altro mi piaceva, ma soprattutto amavo quello che significavano. Non passava giorno senza che mia madre mi insegnasse a scrivere nuove parole. Volevo più bene a lei che a mio padre, finché lui un giorno separò i nostri due nomi e al posto di Zaynab scrisse il proprio. Non riuscivo a spiegarmene la ragione. Quando glielo chiesi rispose: “È la volontà di Dio”. Era la prima volta che sentivo pronunciare la parola ‘Dio’ e venni a sapere che viveva nei cieli. Ma ciò nonostante non riuscivo ad amare l’uomo che aveva separato il mio nome da quello di mia madre, che l’aveva cancellata, come se avesse cessato di esistere. Dentro di me, il responsabile di quel misfatto era diventato Dio. Cominciai a pensare che Dio fosse ingiusto, cosa che mio padre si affrettò a smentire. Eppure non riuscivo a capacitarmi, quindi decisi di scrivere una lettera a Dio per chiedere spiegazioni. Era la prima lettera che scrivevo in vita mia e cominciava con le seguenti parole: “O Dio, se davvero sei giusto, perché tratti mia madre e mio padre in modo diverso?”. Dal momento che mio padre ripeteva che il Corano era il libro di Dio, mi ero convinta che l’avesse scritto di suo pugno. Fu la mamma a informarmi che Dio non scrive e non legge. E da allora smisi di scrivergli. Cominciai invece a indirizzare le lettere a mio padre, perché avevo capito che tra lui e Dio doveva esserci un rapporto, un legame, anche se non ne ricevette nessuna, perché all’ultimo finivo puntualmente per bruciarle.


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