domenica 11 aprile 2021

Juliet Escoria - LA SQUILIBRATA - Pidgin Edizioni

Juliet Escoria

LA SQUILIBRATA
(Juliet the Maniac, 2019)
Traduzione di Stefano Pirone
Pidgin Edizioni
pp. 404, ottobre 2020, Euro 16, brossura


Il libro

Con l’insorgere di violente allucinazioni, Juliet, studentessa modello adolescente, scopre di soffrire di un disturbo bipolare. Si lascia così risucchiare da una spirale di droga e autolesionismo in cerca di sollievo, ma i lampi di avventura e spericolatezza in compagnia degli amici non sono sufficienti a disperdere l’oscurità che la avvolge. Sarà quindi costretta a intraprendere un percorso di guarigione che richiederà tutta la sua forza interiore e determinazione.

Raccontato con un linguaggio asciutto che riesce a essere allo stesso tempo meravigliosamente lirico, “La squilibrata” è un romanzo esaltante e coinvolgente con un occhio puntato all’eccitazione dello spirito libero adolescenziale e l’altro alla crudezza dell’autolesionismo e della malattia mentale.


L'autore

Nata in Australia, cresciuta in California e attualmente residente in West Virginia, Juliet Escoria è scrittrice di narrativa e poesia. Prima di "La squilibrata", suo primo romanzo, ha scritto la raccolta di racconti "Black Cloud", tradotta in spagnolo e tedesco, e la silloge poetica "Witch Hunt". Suoi racconti e articoli sono stati pubblicati, tra gli altri, su VICE, New York Tyrant, Lenny, Catapult, Prelude, Dazed e Hobart.


L'incipit

Nicole aveva comprato il coltello a serramanico quando era andata a Tijuana con la madre e il padre. L’avevano lasciata uscire da sola a patto che tornasse all’ora promessa. Fingeva di andare a fare compere di vestiti, ma invece girava per i locali notturni, dove le ragazze messicane non molto più grandi di lei le suonavano i fischi in faccia a tutto fiato, mentre della tequila da quattro soldi le scorreva giù per la gola. Faceva finta di andare a nuotare, ma invece comprava cose che non si potevano acquistare qui, pillole che ci facevano venire sonno ma non ci sballavano, e, naturalmente, il coltello a serramanico. Era identico a un finto coltellino a serramanico che avevo da piccola, che in realtà era un pettine. Stessa impugnatura nera e argentata, stesso pulsante di plastica, altrettanto fragile e dall’aspetto economico. Ma la lama era pesante, pallida e fredda come la Luna.

Conservava il coltello nella sua borsa dei trucchi, insieme ai rossetti vivaci che metteva in casa ma mai per uscire. Quella era un’attività che facevamo spesso a casa sua: truccarci. Tutto ciò che Nicole possedeva era costoso: ombretto MAC, fondotinta Clinique, cipria Dior, tutto acquistato da Nordstrom o Saks. Nicole era una professionista, mescolava polveri sulle sue palpebre e guance con pennelli dai manici dorati finché non sembrava una bambola. Mi tirava le sopracciglia in modo che fossero alte e sottili, disegnava una X sul mio arco di Cupido prima di passarvi sopra il rossetto con linee morbide, il tutto perfettamente simmetrico. Quando finiva, sembravo davvero Drew Barrymore o Clara Bow.

Non pensai a nulla quando tirò fuori il coltello a serramanico dalla borsa dei trucchi. Stavamo ascoltando i Sex Pistols nella sua nuova camera della sua nuova casa, grande e vuota perché avevano appena traslocato. La musica era a massimo volume, facendo così gracchiare gli altoparlanti del suo stereo gigantesco, e il mio cuore batteva rapido e incontrollabile. Fece scattare la lama, la tenne vicino alla mia gola e rise. I suoi occhi baluginavano e fece una faccia da assassina pazza e risi anch’io, agitata, sentendo come se, per un attimo, si fosse trasformata da mia migliore amica a estranea.

«Dio, quanto sono grassa,» disse, lasciandomi andare, mentre si guardava nel suo specchio a figura intera. Non era grassa. Le sue braccia erano sottili e le gambe slanciate, ma aveva appena una minuscola piega di grasso sulla sua pancia. «Vorrei poterlo tagliare via,» disse, con il coltello che pendeva sopra il suo ombelico. La sua voce si fece più fioca, come se parlasse solo tra sé. «Cazzo, mi fa odiare me stessa.»


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