L'incredibile storia di Leonardo Vinci
Prefazione di Giuseppe Fricelli
Edizioni Helicon
Collana Le Crete
pp. 372, 2021, Euro 18, brossura
Un Pulcinella vissuto nel Settecento, dondolandosi a perdigiorno sull’altalena del Tiepolo, ammicca ai presenti, racconta loro storie bellissime e affascina i passanti ricordando l’incredibile storia di Leonardo Vinci il calabrese. E lo fa spaziando tra
piazze e teatri, vagando fra torri e castelli, andando per valli sconfinate, fiumi limacciosi e torrenti vorticosi, percorrendo a piedi nudi lunghe spiagge battute dai Turchi ed estese campagne abbandonate, mentre il signore del luogo, in una Calabria arcaica dove lo ius primae noctis freme e fa paura, compie i suoi gesti efferati in una torre maledetta, la torre di Melissa, che ancora oggi si erge in cima a un dirupo e si affaccia a picco sul mare.
L'autrice
È medico cardiologo presso l’Azienda Ospedaliera di Catanzaro. Pianista classica, si diploma presso il Conservatorio “F. Cilea” di Reggio Calabria. Giornalista, collabora con il quotidiano «La Gazzetta del Sud», curando le pagine di spettacolo e cultura. Appassionata d’arte, tiene conferenze, concerti, ed è guida all’ascolto delle opere liriche come nel foyer nel teatro di Catanzaro, città in cui vive. Scrittrice del fortunato libro “L’anello stregato di Mozart Divertissement” Tullio Pironti Editore, vincitore di innumerevoli premi.
L'incipit
Come un nastro di seta lanciato verso l'alto, un nastro armonioso già si sollevava nell'aria, si dispiegava e, dopo essersi aperto sinuoso in un percorso ondulatorio e aver disegnato un'infinità di chiocciole e di arabeschi, rotolava verso il basso, si distendeva con grazia per via della leggerezza e si adagiava pacatamente per terra aspettando di innalzarsi di nuovo. Come la punta di un pennello dipingeva angeli e comete, astri, stelle, fiori e tutte le ricchezze del creato, solcando mari, sfidando onde, chiamando dolcezza e Amore, respingendo affanni e Morte. Sul basso continuo di un clavicembalo una voce, ebbene, restituiva nell'aria, delicatamente, suoni fascinosi, generando e rigenerando con la ricercata melodia estrema bellezza. Una voce sibillina, astrale. Di una grazia incommensurabile e sconfinata. Adatta a un colloquio con le cerchie più alte. Perfetta, mormoravano i presenti, per rivolgersi alle sfere celesti. E tutto ciò nell’esecuzione di un’aria che fin dalle prime battute aveva trascinato tutti nell’estasi. Farfallino, il castrato più ricercato del tempo, sempre un momento di grazia nel mezzo della drammaturgia musicale, cantava quella sera nei panni di Artaserse ed era come Orfeo che piegava al suono della sua lira gli animali e tutta la natura, avendo finanche persuaso con il suo canto le divinità dell’inferno.
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