ODISSEA
a cura di Nicola Crocetti
Traduzione di Nicola Crocetti
Crocetti Editore
pp. 840, novembre 2020, Euro 35, brossura
Il libro
Iraklio, Creta, 1925. Nikos Kazantzakis si ritira in solitudine in una casetta in riva al mare, presso l’antica Cnosso. Riflette inquieto sulle nubi nere che si profilano all’orizzonte (l’ascesa dei totalitarismi) e sulla scrittura come dovere dell’intellettuale. Cerca la luce di una risposta, per offrire la redenzione a un mondo che si va dissolvendo. L’impresa è ardua, una lotta con le parole, “puledre selvagge”, perché l’anima possa “spiegare liberamente le ali”. All’improvviso, l’illuminazione: davanti ai suoi occhi si staglia la figura fiera del suo eroe, Ulisse astuto e insaziabile, assetato di conoscenza, desideroso di rimettersi in viaggio. Il mondo, le onde del mare si trasformano in tumultuosi decaeptasillabi, e il cerchio soleggiato del suo cervello li accoglie e ride come una spiaggia cretese. Nasce così l’Odissea, prosecuzione fantastica dell’epos omerico e sintesi di tremila anni di storia del pensiero. Sarà completata sull’isola di Ègina, di fronte al mare, dopo 13 anni e mezzo di lavoro e sette stesure autografe. Nella versione definitiva si compone di 33.333 versi suddivisi in 24 canti, lo stesso numero delle lettere nell’alfabeto greco e dei canti dei poemi omerici. Kazantzakis vi riversa tutte le sue esperienze intellettuali e spirituali, sviluppando una dottrina ascetica sincretistica, basata sui principi di diverse religioni e di grandi, utopistici ideali politici. Il vagabondaggio di Ulisse è soprattutto un viaggio alla ricerca della salvezza: la liberazione dalla speranza e dalla paura e, impresa suprema, dalla stessa libertà. Perché “il valore dell’uomo è soltanto uno: vivere e morire valorosamente senza accettare alcun compenso”.
L'autore
Nikos Kazantzakis nasce a Iraklio (Creta) nel 1883. Studia Giurisprudenza ad Atene e completa la sua formazione a Parigi, dove segue le lezioni di Henri Bergson e conosce la filosofia di Nietzsche, da cui rimane fortemente influenzato. La sua opera è sterminata: compila dizionari ed enciclopedie, scrive libri per ragazzi e di viaggio, romanzi, testi teatrali e filosofici, una storia della letteratura russa, poemetti e sceneggiature per il cinema. Traduce in neogreco Platone e i poemi omerici, ma anche Bergson, Nietzsche, Darwin, Eckermann, Goethe, Büchner, Maeterlinck, Machiavelli, la Commedia di Dante e i maggiori poeti spagnoli del Novecento. Viaggia incessantemente per tutta la vita e visita molti Paesi. Dopo la Seconda guerra mondiale ricopre una carica importante all’Unesco per un progetto di valorizzazione e traduzione delle maggiori opere della letteratura mondiale. Osteggiato e incompreso in patria e deluso dalla situazione politica greca, si stabilisce ad Antibes. Nel 1953 viene scomunicato dalla Chiesa ortodossa per il romanzo L’ultima tentazione. Nel 1956 riceve il prestigioso Premio per la pace e l’anno successivo perde per un solo voto il Premio Nobel per la letteratura, assegnato ad Albert Camus, che gli scrive: “Voi l’avreste meritato cento volte di più”. Poco dopo, pur malato di leucemia, s’imbarca per un viaggio in Cina e in Giappone. Al ritorno, contrae una grave infezione e si spegne a Friburgo il 26 ottobre 1957. Il funerale a Iraklio è seguito da una folla immensa: il suo corpo viene inumato sul bastione Martinengo. Aveva infatti espresso il desiderio di guardare per sempre il mare e i monti della sua Creta. Sulla tomba spoglia si legge l’epitaffio da lui dettato: “Non spero niente. Non temo niente. Sono libero”.
Il traduttore
Nicola Crocetti ha trionfato nella Classifica della Traduzione, per quarta edizione Premio de “La Lettura – il Corriere della Sera”, grazie alla sua versione del poema Odissea di Nikos Kazantzakis.
Due estratti
Elogio dell’infedeltà
La
patria mi stava stretta, sentivo oltre le sue rive
altre patrie
dagli occhi ridenti, altre anime carnose,
tristezze e gioie di
ogni sorta, fratelli e sorelle,
che sedute sulle rive aspettavano
il mio ritorno!
Che tu sia benedetta, vita, per non essere
rimasta
fedele a un solo matrimonio, come una donnicciola;
è
buono il pane del viaggio e l’esilio è miele,
per un istante
eri felice, godevi ogni tuo amore,
ma presto soffocavi, e a ogni
amante dicevi addio.
Anima, la tua patria è sempre stata il
viaggio!
La virtù più fertile al mondo, la santa
infedeltà,
segui fedele tra risa e pianti, e più in alto
sali!”
Canto XVI, 951-962
La Morte sogna la vita
La Morte
viene a coricarsi al fianco di Ulisse;
ha vagato tutta notte e ha
le palpebre pesanti,
vuole stendersi in riva al fiume con il
vecchio amico
all’ombra dell’agnocasto, dormire anche lei un
poco;
posa lievemente le mani ossute sul petto dell’Arciere,
e
così avvinta la valorosa coppia si addormenta.
Dorme la Morte, e
sogna che esistano uomini vivi,
che sulla terra s’innalzino
case, palazzi e regni,
che sorgano giardini fioriti, e che alla
loro ombra
passeggino donne nobili e cantino le schiave.
Sogna
che sorga il sole, e che la luna illumini,
che giri la ruota della
terra, e che ogni anno porti
erbe e fiori, frutti d’ogni sorta,
piogge dolci e neve;
che la ruota giri ancora, e che la terra si
rinnovi.
La Morte ride di nascosto, lo sa ch’è solo un
sogno,
vento multicolore, fantasia della mente stanca,
e
tollera imperturbabile che l’incubo la assilli.
Pian piano la
vita si fa sfrontata, la ruota prende slancio;
la terra avida apre
le viscere alla pioggia e al sole,
infinite uova si schiudono, il
mondo brulica di vermi;
si muovono folti eserciti, uomini,
uccelli, fiere,
e pensieri, si avventano per divorare la
Morte.
Una coppia di umani si rannicchia nelle sue nari,
accende
il fuoco e lo attizza per prepararsi il pranzo,
e sul suo labbro
appende la culla del neonato.
Ha un solletico sulle labbra,
formicolano le nari,
la Morte si scuote all’improvviso e
svanisce il sogno.
Nel sonno fulmineo ha avuto un incubo: la
vita.
Canto VI, 1265-1292
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