sabato 1 marzo 2025

Kate Zambreno - EROINE - Nottetempo

 
Kate Zambreno
EROINE
(titolo originale Heroines, Semiotext(e), MIT Press, 2012)
traduzione di Federica Principi
Nottetempo
febbraio 2025
pp. 336, euro 19,90
ISBN 9791254801710

Nel dicembre 2009 Kate Zambreno, allora scrittrice inedita, apre un blog che chiama Frances Farmer Is My Sister. Nasce da una recente ossessione per il modernismo letterario e da un’affinità per le “mogli pazze” dei grandi scrittori: trasferitasi di recente a Akron, Ohio, al seguito del marito, Zambreno, come quelle donne, si sente sempre più subordinata alla sua controparte maschile. Il blog diviene la sede ideale per tracciare malinconici ritratti di queste figure femminili – Vivienne Eliot e Jane Bowles, Jean Rhys e Zelda Fitzgerald, e altre ancora – in opposizione frontale alle loro patologizzanti biografie “ufficiali”. Scrittrici e artiste in proprio, si trovarono relegate al ruolo di muse dei partner scrittori per poi concludere le loro vite nel silenzio obbligato, cancellate, rinchiuse.
Quello che scaturisce on-line è un potente momento di confronto, una community di donne fuori dai cardini, e che ai cardini si ribellano. Una sorellanza, ciò che lega queste donne passate e presenti, ma anche un destino a cui Zambreno sente di voler sfuggire – per rivendicare il diritto a essere una donna scombinata. Ecco dunque che in Eroine trasforma quella polemica nata on-line in un’opera letteraria abbagliante e originale. Analizzando le teorie che prescrivono cosa dovrebbe essere la letteratura e chi è autorizzato a scriverla, smaschera un modello culturale che esilia costantemente l’esperienza femminile nel regno del “minore” e s’impegna, con questo stesso testo che racconta la sua personale esperienza, a creare un canone alternativo.
 
L'incipit
2005 
Siamo appena tornati a vivere a Chicago dopo un anno trascorso a Londra. Per gran parte dei giorni non riesco a starmene sola nel mio studiolo rosso, il mio eremo di Hermitage Avenue nel quartiere di Ukrainian Village, in trappola come un monaco trappista, come osservò sagace Djuna Barnes a proposito del suo isolamento monacale a Patchin Place nel Village, negli anni del dopo Parigi, dopo Thelma Wood e La foresta della notte. Sto cercando di imparare a essere una scrittrice seria e scrivere libri importanti, eppure tutto quel silenzio non lo sopporto. Tutta l’estate ad accompagnare John alla Newberry Library, zoppicare nei sandali nuovi, mettere a mollo i piedi feriti e sudati nel lavandino al pianterreno neanche fossi una senzatetto, cambiare le bende che al caldo si squagliano. Siedo a Washington Square Park e scrivo nel mio taccuino, incapace di resistere a lungo in una delle sale lettura della biblioteca, a prendere appunti. Il lavoro di John consiste nello starsene seduto in un cubicolo di vetro e osservare la gente per far sì che nessuno rubi qualche volume raro. Fuggo di sotto nella sala visitatori, osservo chi compra snack e bibite dalle macchinette. Sono perennemente incapace di tollerare contesti istituzionali. In genere nel silenzio mortale di tali ambienti provo un maggior senso di alienazione, tutto l’opposto del narratore della Nausea di Sartre, e al femminile. Flâneuse, passeggio per Gold Coast ed entro ed esco dai 2005 Siamo appena tornati a vivere a Chicago dopo un anno trascorso a Londra. Per gran parte dei giorni non riesco a starmene sola nel mio studiolo rosso, il mio eremo di Hermitage Avenue nel quartiere di Ukrainian Village, in trappola come un monaco trappista, come osservò sagace Djuna Barnes a proposito del suo isolamento monacale a Patchin Place nel Village, negli anni del dopo Parigi, dopo Thelma Wood e La foresta della notte. Sto cercando di imparare a essere una scrittrice seria e scrivere libri importanti, eppure tutto quel silenzio non lo sopporto. Tutta l’estate ad accompagnare John alla Newberry Library, zoppicare nei sandali nuovi, mettere a mollo i piedi feriti e sudati nel lavandino al pianterreno neanche fossi una senzatetto, cambiare le bende che al caldo si squagliano. Siedo a Washington Square Park e scrivo nel mio taccuino, incapace di resistere a lungo in una delle sale lettura della biblioteca, a prendere appunti. Il lavoro di John consiste nello starsene seduto in un cubicolo di vetro e osservare la gente per far sì che nessuno rubi qualche volume raro. Fuggo di sotto nella sala visitatori, osservo chi compra snack e bibite dalle macchinette. Sono perennemente incapace di tollerare contesti istituzionali. In genere nel silenzio mortale di tali ambienti provo un maggior senso di alienazione, tutto l’opposto del narratore della Nausea di Sartre, e al femminile. Flâneuse, passeggio per Gold Coast ed entro ed esco dai negozi, senza comprar nulla, magari un rossetto da Marshall Field’s, sentendo la brezza del condizionatore che si alterna al calore del mondo esterno. Sì, è così che è germogliata la mia infatuazione per le mogli pazze, mio eterno punto di riferimento: quando ho iniziato a leggere le vite di queste donne, spesso nient’altro che una nota a margine nel progetto della memoria modernista. Mi stanno accanto da che tento di scrivere – come spettrali mentori. Non avendo mai seguito corsi di scrittura creativa, fatto salvo un disastroso workshop alla triennale in Giornalismo, il tentativo di dare origine alla me scrittrice è stato solitario e privo di amici. Carente di una comunità, ne ho inventata una. “Ho stretto alleanze con le mie anime gemelle di carta”, scrive Hélène Cixous nel suo saggio La venuta alla scrittura. Queste donne hanno funto da comunità invisibile – come nel dramma di Susan Sontag, Alice a letto, sulla storia della geniale diarista e autrice epistolare Alice James (sorella-di-Granduomini, cioè Henry e William), solo che ora sono io la nevrastenica, e loro aleggiano tutte su di me. O come nell’installazione The Dinner Party, risalente agli anni Ottanta, in cui Judy Chicago apparecchia un posto a tavola per celebri eroine, reali e d’invenzione. La mia comunità invisibile – sì, anche loro furono rese invisibili.

Kate Zambreno (Chicago, 1977) è autrice di dieci libri. Suoi testi sono stati pubblicati, tra gli altri, su The New Yorker, The Paris Review e Granta. Nel 2021 è stata Guggenheim Fellow per la non-fiction. Insegna Scrittura alla Columbia University e al Sarah Lawrence College. I suoi saggi e romanzi sono tradotti in molte lingue, tra cui lo spagnolo, il francese, il tedesco, il giapponese e il turco. Eroine (pubblicato per la prima volta negli Stati Uniti nel 2012, e riedito nel 2024), ormai libro di culto, è considerato una delle opere di non-fiction più originali e influenti degli ultimi anni.

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