traduzione di Giuseppe Manuel Brescia
minimumfax
maggio 2025
pp. 285, euro 18
ISBN 9788833896267
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maggio 2025
pp. 285, euro 18
ISBN 9788833896267
È il 1987. Nella stessa giornata Roy Cady scopre due cose: ha un male incurabile, e il boss di New Orléans per cui lavora lo vuole morto. Scappando accetta di portare con sé ’unica altra sopravvissuta all’agguato che avrebbe dovuto ucciderlo, Rocky, una prostituta adolescente con una sorellina di tre anni. I tre trovano rifugio in Texas, a Galveston, in un motel scalcinato in cui si raccolgono anime derelitte accomunate dalla perdita, da destini inesorabili, da solitudini sconfinate e da una vaga ma tenace speranza. Sembra quasi di essere al sicuro. Di essere a casa. Ma non possono restare lì nascosti per sempre: Roy resta un malato terminale e qualcuno è sulle sue tracce, e Rocky ha delle storie da raccontare, storie in grado di segnare la rovina di un uomo...
Nic Pizzolatto, già creatore e autore della serie di culto True Detective ci consegna un noir magistrale, la cui onestà e potenza hanno eguali solo nei maestri assoluti del genere: James Ellroy, Cormac McCarthy, Denis Johnson.
Con una prosa asciutta e malinconica e atmosfere febbricitanti dalla bellezza quasi insostenibile, Galveston è un viaggio nei cupi paesaggi acquitrinosi del Golfo del Messico, tra hotel decrepiti e bar malfamati infestati dagli spettri di tutte le vite trascorse, un mondo di ombre dove il passato è una chimera quanto il futuro – fantasticherie indistinte create per attutire i brutali assalti del presente – in cui però, come miraggi esalati dal calore della roccia in un deserto, scintillano fugaci bagliori di grazia.
Un estratto
Un medico mi fece delle foto ai polmoni. Erano pieni di raffiche di neve. Quando uscii dallo studio tutta la gente seduta nella sala d’attesa sembrava grata di non essere al mio posto. Certe cose gliele leggi in faccia, a una persona. Avevo già la sensazione che qualcosa non andasse, perché qualche giorno prima avevo inseguito un tizio su per due rampe di scale e mi era mancato il respiro, come se avessi un bilanciere appoggiato sul petto. Erano un paio di settimane che bevevo parecchio forte, ma sapevo che c’era qualcos’altro. Mi ero arrabbiato a tal punto, per quel dolore improvviso, che gli avevo rotto la mano, a quel tizio. Aveva finito per sputare i denti e si era lamentato con Stan, dicendo che secondo lui avevo esagerato. Ma è per quello che mi hanno sempre dato lavoro. Perché sono esagerato.
Dissi a Stan dei dolori al petto e lui mi mandò da un medico che gli doveva quaranta testoni. Appena fuori dallo studio del medico presi le sigarette dal giubbotto e feci per accartocciare il pacchetto tra le mani, poi però decisi che non era il momento di smettere. Ne accesi una lì sul marciapiede, ma non aveva un buon sapore e il fumo mi fece pensare a tante fibre di cotone che mi si intrecciavano nel petto. I bus e le macchine passavano lenti, la luce del giorno balenava sui vetri e sulle cromature. Da dietro i miei occhiali da sole era un po’ come se stessi in fondo al mare e i veicoli fossero pesci. Immaginai un posto molto più scuro, più freddo, e i pesci divennero ombre. Un clacson mi svegliò da quella fantasticheria. Avevo già un piede sulla strada. Chiamai un taxi con un cenno della mano. Stavo pensando a Loraine, una ragazza con cui ero stato, e a come una notte eravamo rimasti a parlare fino all’alba su una spiaggia di Galveston, in un punto da cui riuscivamo a vedere i paffuti pennacchi di fumo bianco delle raffinerie srotolarsi in lontananza come una strada verso il sole. Sarà stato dieci, undici anni prima. Era ancora troppo giovane per me, immagino. Persino prima di fare i raggi ero già di pessimo umore, furioso, perché la donna che consideravo la mia ragazza, Carmen, si era messa ad andare a letto col mio boss, Stan Ptitko. Avevo un appuntamento con lui al suo bar. Non che quel giorno avesse molto senso. Ma non è che smetti di essere chi sei solo perché hai una tormenta di scaglie di sapone nel petto. Non c’è modo di uscirne vivi, ma speri almeno di evitare una scadenza precisa. Non avevo intenzione di dire a Stan o ad Angelo o a Lou dei miei polmoni. Non volevo che se ne stessero lì al bar a oziare e a parlare di me quando non c’ero. Ridendosela.
Il finestrino del taxi era imbrattato di ditate, e oltre quello si avvicinavano i quartieri alti. Alcuni luoghi ti si spalancano davanti, ma non c’era niente che somigliasse a un accesso, a New Orleans. La città era un’incudine sommersa che sosteneva la sua stessa atmosfera. Il sole sfolgorava tra gli edifici e le querce e sentivo la luce sul mio volto e poi l’ombra, come una strobo. Pensavo al culo di Carmen, al modo in cui mi sorrideva guardandosi indietro con la coda dell’occhio. Pensavo ancora a Carmen e non aveva senso perché sapevo che era una troia, e che era completamente senza cuore. Stava con Angelo Medeiras quando era cominciata fra noi. Immagino di avergliela più o meno rubata. Ora stava con Stan. Anche Angelo lavorava per lui. Il mio orgoglio ferito si calmò un po’, immaginando che Carmen si facesse fottere da chissà chi altro, all’insaputa di Stan. Stavo cercando di pensare a chi potessi dire dei miei polmoni, perché volevo dirlo a qualcuno. Bisogna ammettere che è una notizia del cazzo da ricevere quando hai del lavoro di cui occuparti. Il bar di Stan portava il suo nome, era un edificio di mattoni con il tetto in lamiera, le finestre con le sbarre e una porta di metallo ammaccata. Seduti dentro c’erano Lou Theriot, Jay Meires e un paio di tizi che non conoscevo, due vecchi. Il barista si chiamava George. Aveva l’orecchio sinistro imbottito di garza bianca. Gli chiesi dove fosse Stan e lui mi indicò con un cenno del capo una rampa di scale che saliva lungo il muro fino all’ufficio. La porta era chiusa, così mi sedetti su uno sgabello e ordinai una birra. Poi mi ricordai che stavo morendo e cambiai idea, optando per un Johnnie Walker Blue. Lou e Jay stavano parlando di un problema con uno dei concessionari che gestivano le scommesse.(...)
Nic Pizzolatto (1975) originario di New Orleans, è romanziere, sceneggiatore e produttore. Ha insegnato fiction e letteratura presso l’Università del North Carolina, l’Università di Chicago, e la DePauw University. Nel 2012 ha creato la serie di culto True Detective, che ha ridefinito gli standard del poliziesco televisivo ed è stata la più seguita della storia della tv via cavo HBO al suo primo anno di messa in onda. Oltre al romanzo di esordio Galveston (2010), vincitore di numerosi premi letterari, è autore della raccolta di racconti Between Here and the Yellow Sea.
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