venerdì 9 maggio 2025

Auke Hulst - I BAMBINI DELLA TERRA SELVAGGIA - Carbonio

 
Auke Hulst
I BAMBINI DELLA TERRA SELVAGGIA
(titolo originale Kinderen van het Ruige Land, 2012)
traduzione di David Santoro
Carbonio editore
collana Cielo Stellato
maggio 2025
pp. 320, euro 21
ISBN

1983, nord dei Paesi Bassi, provincia rurale di Groninga: Kurt, Kai, Shirley Jane e Deedee Houdini crescono in una casa enorme – una versione fatiscente di Villa Villacolle di Pippi Calzelunghe – sotto lo sguardo muto del bosco.
Figli di genitori bohémien, i quattro fratelli vivono un’infanzia anticonformista e felice fatta di giochi, esplorazioni e scoperte, finché la morte improvvisa del padre – un uomo tormentato e difficile ma anche un padre stimolante e significativo – non squarcia la loro esistenza.
La madre, dal canto suo, è una donna capricciosa e imperscrutabile che, pur sorprendendo con gesti di disarmante empatia, pare spesso a disagio con la sua stessa maternità. Aspira a una vita nomade e libera da ogni dovere e si allontana da casa con ogni scusa – che sia sfuggire ai creditori o seguire il fidanzato di turno. A dispetto della solitudine, il disorientamento, la vergogna, i frequenti periodi di indigenza, i  fratelli Houdini non soccombono all’angoscia perché si sentono completamente liberi. In un bosco che sembra sottratto al tempo, al limitare di un paesaggio spettrale dominato da un giacimento di gas che si staglia come un pianeta sconosciuto, Kurt, Kai, Shirley Jane e Deedee continuano a giocare a nascondino e a calcio, a fare capanne di lamiere o di lenzuola annodate a rami, a costruire navi spaziali con i Lego, ad allevare gattini. Se non è scontato che riusciranno a trasformare un futuro che pare già scritto, intanto sopravvivono, complici e solidali, guidati da quella forma di resilienza sublime che è l’esercizio della fantasia.
La Terra selvaggia non è solo un luogo, ma una geografia interiore: una frontiera sottile in cui la perdita si trasforma in visione, uno spazio sospeso tra realtà e sogno, dove i ricordi si fanno presenza, e quel tempo che credevamo perduto continua a pulsare silenziosamente dentro di noi.
Quali ricadute ha in un cuore giovane non poter fare affidamento su chi lo ha messo al mondo e quanto salvano le risorse di un bambino? L’autore dà le sue risposte in un libro che è un poderoso e originale tributo all’infanzia e alla sua fine, scritto in un tono secco e al contempo ironico; una prosa immediata che resta in equilibrio tra mirabili andirivieni temporali.
Intrecciando memoria autobiografica e immaginazione, Auke Hulst racconta le vicissitudini di una famiglia fragile e disancorata dalla realtà e, insieme, l’ostinata capacità dell’amore di mettere radici anche in mezzo al caos.

«Un libro che merita di essere letto e riletto, capace di afferrarti dalla prima all’ultima parola, trascinandoti in un abbraccio che non ti lascia mai andare, nemmeno dopo l’ultima pagina.» - Cutting Edge

«Auke Hulst non si limita a distinguere fra il bianco e il nero, ed è proprio questo approccio fatto di sfumature a elevare la sua scrittura a un livello superiore. Hulst solleva, in modo sottile, innumerevoli domande esistenziali: dove finisce la colpa e dove inizia la fragilità umana?» - Dagblad van het Noorden


Un estratto
Sua madre era scomparsa. No, correggo: si era resa irreperibile. Desiderava essere morta e viva al tempo stesso e cercava di risolvere quel rompicapo fin da quando era giovane. Ora telefonava a Kai da un luogo senza nome, principalmente per chiedergli soldi. Lui aveva ventitré anni e non aveva un soldo, questo sua madre lo sapeva benissimo. Come giornalista alle prime armi non guadagnava quasi niente e doveva sfamare anche suo fratello e i gatti.
“Dove sei?” domandò lui, seduto in una stanza della casa malandata, circondato da computer e strumenti musicali di seconda mano: un registratore, un piano, chitarre, schermi e tastiere varie. L’anziano padrone di casa era fuori, intento a stuccare la cornice di una finestra. Picchiettò le dita sul berretto con la sua smorfia d’incertezza dipinta sul viso.
“Sto bene” rispose lei. “Sono ancora viva”.
“Sì, questo mi sembra abbastanza ovvio”.
“Te lo dirò dopo. Puoi dire al nonno e alla nonna che ho bisogno di soldi?”.
“Sei matta? Non hanno già pagato abbastanza?”.
“Quegli spilorci?”.
Lui sbuffò. “Hai proprio una bella faccia tosta”.
“Senti, Kai, devo riattaccare. Devo andare. Mi aspettano”.
“Chi? Dove sei?”.
Tuu-tuu fu la risposta.
Sì, sua madre aveva fatto in modo di sparire. Era una storia pazzesca, quasi impossibile da raccontare.
Kai se n’era andato di casa da anni, eppure sua madre continuava a influire sulla sua vita. Vicina o lontana, finché c’erano telefoni, postini e automobili, lei riusciva sempre a creare problemi. Questi prendevano forma di lettere (“Dato che sua madre si ostina a non compilare la dichiarazione dei redditi, siamo costretti a interrompere l’erogazione della sua borsa di studio”), di voci senza volto (“Mancano ancora cinquemila fiorini e i russi sono furiosi…”), di uomini che si lamentavano di conti non pagati, amori non corrisposti o una combinazione delle due cose. Kai si chiedeva come facessero a trovarlo ogni volta. Sua madre dava in giro il suo indirizzo e numero di telefono? Sembrava che potesse sfuggire a tutto questo solo dileguandosi, proprio come aveva fatto lei.
Kurt entrò nella stanza e si mise alla tastiera. Tiffi, la cagnetta di sua madre, gli trotterellò dietro, con un collare protettivo di plastica intorno alla testa e le unghie troppo lunghe che tamburellavano sulle assi di legno del pavimento. La terrier soffriva di infezioni cutanee, e Kurt e Kai la chiamavano con disprezzo ‘Tifosa’. Kurt suonò qualche battuta di una delle sue sinfonie incompiute. La sedia protestò sotto il suo peso non trascurabile. Kai aprì la bocca per dire qualcosa, ma Kurt lo interruppe: “Non lo voglio sapere”. Indossava dei pantaloni da jogging ed era spettinato. I suoi occhi apparivano piccoli e smorti senza occhiali.
“Ti hanno già pagato quelli della rivista?”.
“No”.
“Che razza di schifosi” sospirò, e sospirò ancora. Poi controllò la mail nella speranza di trovare un messaggio della ragazza del gruppo di discussione su Nik Kershaw.
Un mese prima, Kai aveva detto di no a sua madre. Non era stato facile, ma ce l’aveva fatta. Voleva andare in vacanza con Shirley Jane e Deedee, che vivevano ancora a casa con lei, anche se dati i tanti traslochi era un concetto piuttosto elastico. Non è che Kai poteva venire in autobus ogni giorno a dare da mangiare ai gatti e a Tiffi? (...)

Auke Hulst (1975), scrittore, critico, saggista e musicista pluripremiato, è tra le voci più originali e potenti della letteratura contemporanea olandese. Si è affermato con I bambini della Terra Selvaggia (2012), romanzo autobiografico che ha conquistato il pubblico dei Paesi Bassi ed è diventato subito un bestseller, arrivato oggi alla ventunesima ristampa. Il libro ha ottenuto diversi riconoscimenti tra cui, nel 2013, l’ambitissimo premio annuale del magazine “Cutting Edge”.

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