Thea Rimini
PERSONAGGI RESISTENTI
L'immaginario letterario e cinematografico della lotta antifascista
Treccani
collana Visioni
aprile 2025
pp. 176, euro 18
ISBN 9788812012381
Un’energica popolana nella Roma occupata (Pina di Roma città aperta), un bambino entrato per gioco in una brigata partigiana (Pin del Sentiero dei nidi di ragno), un partigiano ventenne «brutto» ma con degli occhi «notevoli» (Milton di Una questione privata), una ragazza ebrea che gioca a tennis nel giardino di casa (Micòl del Giardino dei Finzi-Contini), una sedicenne costretta a fare i conti con il disagio postbellico degli ex combattenti (Mara di La ragazza di Bube). Alla vigilia dell’80° anniversario della Resistenza, queste potenti invenzioni narrative o cinematografiche continuano a rappresentare nel nostro immaginario l’idea di lotta antifascista nei suoi risvolti di mito e antimito, di collettivo e privato, nel suo proiettarsi verso il futuro o nel suo ripiegarsi sul passato. Pina, Pin, Milton, Micòl e Mara, i protagonisti resistenti di questo volume, sono un ineludibile termine di confronto per chi ha voluto raccontare la Resistenza negli anni Duemila. Se il discorso pubblico non sempre è riuscito a dare un’immagine plurale della lotta partigiana, la letteratura, il cinema e il fumetto hanno vinto la scommessa consegnandoci una variegata costellazione di personaggi, ai quali sarà affidato il difficile compito di continuare a raffigurare la guerra civile quando non ci saranno più testimoni capaci di farne memoria.
Dall'Introduzione
Gruppo di famiglia in un esterno
Una popolana energica e resistente nella Roma occupata, un bambino entrato per gioco in una brigata partigiana, un partigiano ventenne «brutto» ma con degli occhi «più che notevoli», una ragazza ebrea impegnata in un doppio di tennis nel giardino della sua villa, una sedicenne costretta a fare i conti con il disagio postbellico degli ex combattenti: sono Pina di Roma città aperta (1945), Pin del Sentiero dei nidi di ragno (1947), Milton di Una questione privata (1963), Micòl del Giardino dei Finzi-Contini (1962) e Mara della Ragazza di Bube (1960). Li vediamo avvicinarsi gli uni agli altri per scattare una foto collettiva, formano un gruppo di famiglia in un “esterno”, in cui l’esterno è la Storia, quella della guerra e del dopoguerra. Se le foto ingialliscono con il tempo, il loro ritratto non sbiadisce, e negli anni acquista persino nuova lucentezza.
Alla vigilia dell’ottantesimo anniversario della Resistenza, sono infatti queste potenti invenzioni narrative o cinematografiche che continuano a condensare nel nostro immaginario l’idea di lotta antifascista nei suoi risvolti di mito e antimito, di rivolta collettiva e privata, del suo proiettarsi verso il futuro o del suo ripiegarsi sul passato. Sono finzioni che, per così dire, hanno prodotto un effetto di realtà.
Se il mito, scrive Ortoleva, «è un racconto che fa da ponte tra il vissuto e il cosmo», in cui è quel «fa» a rivestire un ruolo cruciale, l’azione che ha svolto in noi che ce ne siamo appropriati, il mito della Resistenza non si sottrae alla regola. Nelle nostre menti si è impresso più il gesto di un personaggio (la corsa disperata di Pina per raggiungere il suo Francesco portato via su un camion dai nazisti, o quella di Milton sotto la pioggia per sfuggire alle raffiche di mitra) che una serie di date significative.
Fondato principalmente su tre componenti – guerra civile, patriottica, di classe – il mito della Resistenza è stato un mito “inquieto”, per riprendere il titolo del bel documentario 25 aprile: la memoria inquieta (1995), nato dalla collaborazione tra lo storico Giovanni De Luna e il regista Guido Chiesa. Si è passati dalla tensione unitaria dell’immediato dopoguerra, volta a costruire una nuova nazione (la Resistenza come secondo Risorgimento), all’appropriazione comunista dell’eredità resistenziale negli anni Cinquanta; dall’«imbalsamazione» degli anni Sessanta, in cui la Resistenza diventa «tricolore», al carattere rivoluzionario evidenziato dal movimento studentesco, fino al pericoloso e fuorviante avvicinamento della lotta armata antifascista a quella terroristica degli anni Settanta e Ottanta.
Gli anni Novanta e i primi anni Duemila sono caratterizzati da un preoccupante revisionismo, se pensiamo all’intervento di Luciano Violante sui «ragazzi di Salò» il giorno del suo insediamento alla presidenza della Camera (1996), o al successo del “ciclo dei vinti” di Giampaolo Pansa sulle violenze compiute dai partigiani durante e dopo la guerra. E oggi? Cosa significa, nel 2025, tornare a raccontare quei personaggi resistenti?
Armate e/o disarmate, le figure che modellano il mito inquieto della Resistenza si confrontano con lo stato d’eccezione della guerra e devono fare i conti con le nozioni di scelta, responsabilità, coscienza. Vivono l’impegno nella lotta con diverse sfumature: in Roma città aperta e nel Sentiero dei nidi di ragno prevale un’adesione fisiologica e non ideologica, si combatte per rispondere a un bisogno primario, si “sente” di stare dalla parte giusta: per Pina e per la brigata partigiana di Pin contrastare il nazifascismo è una questione di pelle, non di dottrina. Per il Milton di Una questione privata, partigiano badogliano nelle Langhe, il senso della lotta risiede invece nello sforzo titanico della volontà, nell’assumersi la propria responsabilità fino in fondo, nel mettersi alla ricerca di una verità privata (l’amata Fulvia l’ha veramente tradito con l’amico Giorgio?) «non già sullo sfondo della guerra civile in Italia, ma nel fitto di detta guerra».
Il giardino dei Finzi-Contini racconta una Resistenza prima dello spartiacque dell’8 settembre, quella della famiglia ebrea Finzi-Contini, che all’adesione al fascismo della maggioranza degli ebrei ferraresi oppone un risoluto isolamento, e che poi, con la promulgazione delle leggi razziali, utilizzerà l’ironia beffarda come arma contro l’oppressore. Per la loro figlia, Micòl, la lotta non è incanalata ideologicamente, è la resistenza istintiva dei giovani contro il clima asfissiante e liberticida della dittatura, è una resistenza non frontale, bensì obliqua, ma non per questo meno autentica. Con La ragazza di Bube lo scenario cambia, perché la vicenda si svolge nel dopoguerra, ma il romanzo può ugualmente essere inscritto nella letteratura resistenziale: la protagonista, Mara, oppone una forza morale al clima di disinganno dell’Italia postbellica che ha tradito chi, come il fidanzato Bube, ha fatto la lotta armata. La scelta di Mara di rimanere accanto a Bube nonostante la condanna a quattordici anni di reclusione è dettata non dal sentimento, bensì dall’«adempimento del suo dovere», un dovere morale che assume i contorni di una forza improvvisa che la ragazza avverte dentro di sé, una verità superiore che in tribunale nessuno è disposto ad ascoltare.
Nella costellazione semantica tracciata dai nostri personaggi resistenti c’è una policromia sociale – le classi popolari di Roma città aperta, del Sentiero dei nidi di ragno e della Ragazza di Bube, quelle borghesi e altoborghesi di Una questione privata e del Giardino dei Finzi-Contini – e generazionale: adulti, ragazzi, donne e bambini, tutti alle prese con una Storia più grande di loro. Anche lo scenario geografico è vario: la città (la Roma di Rossellini), le montagne (il paesaggio montuoso di Calvino e le Langhe di Fenoglio), la provincia (la Ferrara di Bassani), il paese (la Toscana rurale di Cassola). Il risultato è quello di una dinamica cartina di Italie resistenti.
Thea Rimini insegna Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Liegi. È autrice di diversi saggi su autori del secondo Novecento (Tabucchi, Bassani, Malaparte, Calvino), sulla relazione tra letteratura e cinema e sulla storia della traduzione tra Belgio e Italia, tra i quali Album Tabucchi. L’immagine nelle opere di Antonio Tabucchi (Sellerio, 2011), Arti transitabili. Letteratura e cinema (Cesati, 2020). Ha curato Tabucchi postumo. Da Per Isabel all'archivio Tabucchi della Bibliothèque nationale de France (Peter Lang, 2017), Giorgio Bassani, scrittore europeo (Peter Lang, 2018), Calvino, Tabucchi, et le voyage de la traduction (pup, 2022); e, insieme a Paolo Mauri, l’edizione delle opere di Tabucchi nella collana “I Meridiani” Mondadori (2018).
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