Thea Rimini
PERSONAGGI RESISTENTI
L'immaginario letterario e
cinematografico della lotta antifascista
Treccani
collana Vsioni / 60
aprile 2025
pp. 176, euro 18
ISBN 9788812012473
Un’energica popolana nella Roma
occupata (Pina di Roma città aperta), un bambino entrato per gioco
in una brigata partigiana (Pin del Sentiero dei nidi di ragno), un
partigiano ventenne «brutto» ma con degli occhi «notevoli»
(Milton di Una questione privata), una ragazza ebrea che gioca a
tennis nel giardino di casa (Micòl del Giardino dei Finzi-Contini),
una sedicenne costretta a fare i conti con il disagio postbellico
degli ex combattenti (Mara di La ragazza di Bube). Alla vigilia
dell’80° anniversario della Resistenza, queste potenti invenzioni
narrative o cinematografiche continuano a rappresentare nel nostro
immaginario l’idea di lotta antifascista nei suoi risvolti di mito
e antimito, di collettivo e privato, nel suo proiettarsi verso il
futuro o nel suo ripiegarsi sul passato. Pina, Pin, Milton, Micòl e
Mara, i protagonisti resistenti di questo volume, sono un ineludibile
termine di confronto per chi ha voluto raccontare la Resistenza negli
anni Duemila. Se il discorso pubblico non sempre è riuscito a dare
un’immagine plurale della lotta partigiana, la letteratura, il
cinema e il fumetto hanno vinto la scommessa consegnandoci una
variegata costellazione di personaggi, ai quali sarà affidato il
difficile compito di continuare a raffigurare la guerra civile quando
non ci saranno più testimoni capaci di farne memoria.
Un estratto
Pina o la Resistenza corale
Un assembramento, uomini e donne si accalcano e urlano. Li
vediamo di schiena finché una di loro non si stacca dal gruppo e,
esausta, porta una mano alla fronte: è la sora Pina, la popolana
interpretata da Anna Magnani e protagonista di Roma città
aperta (1945) di Roberto Rossellini. Film leggendario
sull’occupazione nazista della capitale, Roma città
aperta inizia a essere girato nel gennaio del 1945, quando la
guerra era ancora in corso. Sono ben note le difficoltà
materiali incontrate da Rossellini nella realizzazione del film con
la pellicola che scarseggia, la corrente elettrica intermittente e
gli studi di Cinecittà occupati dagli sfollati; ma è altrettanto
noto come quelle costrizioni siano divenute le cifre espressive del
neorealismo1, movimento polifonico che ha segnato la fine della
guerra e il nostro dopoguerra e ci ha consegnato un patrimonio
emotivo comune, ineguagliato negli anni successivi.
La scena appena descritta si colloca poco dopo l’inizio del film e
racconta l’assalto al forno compiuto dagli abitanti per far fronte
alla penuria di viveri. È l’inverno del 1944 ed è iniziata
la liberazione dell’Italia da parte degli Alleati, ma non sono
ancora arrivati nella capitale, che rimane sotto il controllo dei
nazifascisti. Il popolo è stremato e nel rione popolare del
Prenestino si organizza la resistenza partigiana. Capo della
cellula del Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) è l’ingegnere
Giorgio Manfredi (Marcello Pagliero), comunista. Accanto a lui
lottano il tipografo Francesco (Francesco Grandjacquet) e l’operaia
Pina, prossimi alle nozze, e il prete don Pietro (Aldo Fabrizi),
lontano dalla chiesa istituzionale ma portavoce di un ideale di
umanesimo cristiano. Manfredi, Pina e don Pietro verranno uccisi
dai nazisti, ma il loro sacrificio, come vedremo, contribuirà a
costruire la nuova Italia.
Si diceva del gesto con cui scopriamo per la prima volta il
personaggio di Pina. Quella mano portata alla fronte restituisce
tutto il senso di spossatezza ed esaurimento della donna, ma il suo
non è certo un atteggiamento rinunciatario. Al brigadiere che
la soccorre alludendo alla sua condizione (poco dopo sapremo che è
incinta) – «Sora Pina, ma è una pazzia nel vostro stato» – lei
risponde con spirito battagliero: «Ma che devo mori’ de fame». E
subito dopo inveisce contro una donna che la strattona: «Ma va a
mori’ ammazzata».
Quella di Pina è un’indole ribelle che si accompagna però a
un’istintiva solidarietà: al brigadiere repubblichino che si offre
di portarle a casa la borsa pesante regalerà persino un paio di
pagnotte conquistate con fatica. In lei i sentimenti hanno il
sopravvento sulla fede e sulla ragione: confessa a don Pietro di
vergognarsi di andare all’altare già incinta, ma si giustifica
dicendo che a volte si fanno delle cose «senza pensarci», che lei
era innamorata e Francesco un uomo onesto.
Del passato di Pina sappiamo pochissimo: è vedova, ha un figlio
piccolo, Marcello, ma nulla viene detto sul padre del bambino o sulla
sua morte. Pina è un personaggio che vive nell’azione. Non
solo. La scelta di non soffermarsi sul passato di Pina risponde
a una precisa esigenza di poetica: Rossellini intende raccontare il
presente in presa diretta e annunciare il futuro, non tornare
indietro al tempo già trascorso.
L’adesione di Pina alla lotta partigiana è istintiva, prima che
ideologica o politica, e si accompagna ad ansie, dubbi, paure. Lo
provano due momenti: il dialogo per strada con don Pietro e l’ultimo,
intimo colloquio con Francesco sulle scale del loro
palazzo. Accompagnando il prete, Pina professa la fede in Dio e
rivendica la scelta di sposarsi in Chiesa benché sia
incinta. D’altronde, continua, è meglio che il matrimonio sia
celebrato da un prete come don Pietro piuttosto che da un ufficiale
fascista. Nondimeno interroga il sacerdote: «Ma chi ce le farà
dimentica’ tutte ’ste sofferenze, tutte ’ste ansie, ’ste
paure! Ma Cristo non ce vede?». All’inizio il parroco le
risponde da uomo di Chiesa: «Ma siamo sicuri di non averlo meritato
questo flagello? Siamo sicuri di aver sempre vissuto secondo le
leggi del Signore? […] Sì il Signore avrà pietà di noi, ma
abbiamo tanto da farci perdonare. E per questo bisogna pregare,
e molto perdonare».
Thea Rimini insegna Letteratura
italiana moderna e contemporanea all’Università di Liegi. È
autrice di diversi saggi su autori del secondo Novecento (Tabucchi,
Bassani, Malaparte, Calvino), sulla relazione tra letteratura e
cinema e sulla storia della traduzione tra Belgio e Italia, tra i
quali Album Tabucchi. L’immagine nelle opere di Antonio Tabucchi
(Sellerio, 2011), Arti transitabili. Letteratura e cinema (Cesati,
2020). Ha curato Tabucchi postumo. Da Per Isabel all’archivio
Tabucchi della Bibliothèque nationale de France (Peter Lang, 2017),
Giorgio Bassani, scrittore europeo (Peter Lang, 2018), Calvino,
Tabucchi, et le voyage de la traduction (pup, 2022); e, insieme a
Paolo Mauri, l’edizione delle opere di Tabucchi nella collana “I
Meridiani” Mondadori (2018).